Caro san Celestino ti scrivo

di Giuseppe Molinari

25 Agosto 2010   16:40  

''Carissimo S. Celestino,

ti ho scritto altre lettere in passato. Alcune accorate (come dopo il terremoto), altre più tranquille.
Questa volta provo ad essere un po' "impertinente" con te.
In fondo sei il nostro Santo, un Santo a cui l'Aquila tiene tantissimo. E gli Aquilani ti riservano sempre tanto amore e tanta venerazione.
Si avvicina anche quest'anno la Perdonanza. E l'Arcivescovo cosa può fare se non richiamare tutti alle fondamentali esigenze del perdono e della riconciliazione?
Ma mi sta venendo un dubbio. La gente, soprattutto all'Aquila, in questi momenti ha tanti problemi ( seri, immensi, che a volte appaiono senza soluzione). E questa gente così massacrata ha tutti i problemi del terremoto e del post-terremoto che se ne fa di un ennesimo invito a perdonare e a riconciliarsi?
E' una domanda che mi faccio io, Vescovo, ma con la pretesa di interpretare le molte domande che si agitano nel cuore di ogni Aquilano.
Appunto: che ce ne facciamo del perdono e della riconciliazione, mentre la nostra città rimane distrutta, senza abitanti, senza vita, senza lavoro, senza commercio, senza cultura e, quel che più è grave, senza speranza?
Pensandoci meglio, però, di fronte a queste domande "eretiche" ( o, comunque, abbastanza "impertinenti") qualche risposta comincia ad affiorare nella mia anima. E mi auguro che sia così per tutti. Mi chiedo: ma, in fondo, siamo proprio così sicuri che il perdono e la riconciliazione non c'entrino affatto con la nostra tragedia presente.
Perdonare significa aver riconosciuto di aver bisogno noi, per primi, del perdono di Dio.
E' un grande atto di umiltà e di verità. E da questa verità sgorga quasi spontanea, da parte nostra, l'esigenza di perdonare i nostri fratelli, di riconciliarci con loro. La parola di Gesù ci inchioda: "Siate misericordiosi se volete trovare misericordia".
Riconoscerci bisognosi di perdono significa anche riconoscere che non siamo i migliori del mondo.
Quando ci crediamo i migliori, i più santi e i più bravi, inconsciamente diventiamo duri verso gli altri: li giudichiamo e li condanniamo, irrimediabilmente.
E di più: non mettiamo mai in discussione noi stessi. Noi ci sentiamo innocenti di fronte a tutti i delitti e le storture che si verificano in questa nostra società. I colpevoli sono sempre e solo gli altri.
E da questo atteggiamento ipocrita ed arrogante, nasce l'aggressività, la violenza contro gli altri.
Riconoscersi bisognosi di riconciliazione e diventare capaci e di perdonare gli altri, significa che abbiamo cominciato a maturare dentro di noi la convinzione che non è l'odio e la violenza che risolvono i problemi della nostra società.
Ma solo l'amore.
E così diventiamo i veri protagonisti della pace.
S. Celestino, aiutaci a sentirci bisognosi di riconciliazione e di perdono. Diventeremo così costruttori di pace e protagonisti della civiltà dell'amore.
Aiuta soprattutto in questi giorni, difficili ma belli, la nostra città a lavorare insieme, a sperare insieme, per poter ricostruire insieme le nostre case e le nostre anime.
Tu hai ricostruito le anime e hai indicato a tutti l'oceano infinito della misericordia di Dio.
Solo dopo che le anime si saranno rinnovate e i cuori si saranno liberati dall'indifferenza, dall'incredulità e dall'odio, saremo pronti per la grande avventura.
Quella che proprio Tu, o S. Celestino, ci hai insegnata: amare Dio e amare il prossimo, con un cuore puro e semplice, come quello di un bambino. Com'era il tuo cuore, o caro S. Celestino, nostro Amico e nostro Protettore, nostro esempio e nostra speranza.''

Giuseppe Molinari
Arcivescovo Metropolita de L'Aquila

 


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