Cartella Pazza, cosa fare per bloccarla

20 Luglio 2017   09:46  

Se si pensa di aver ricevuto una cartella di pagamento il cui addebito è infondato è possibile contestarlo all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, che ha richiesto il pagamento, chiedendone l’annullamento totale o parziale. Ovviamente, se "l’ufficio riscontra l’illegittimità dell’atto, è tenuto ad annullarlo in base alle norme sull’autotutela e a effettuare lo sgravio delle somme iscritte a ruolo (cioè la cancellazione del debito)", si legge sul sito.

E' importante tenere presente che il debitore deve presentare la dichiarazione con la quale contesta la pretesa entro 60 giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa. In questo modo ogni procedura esecutiva finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate sarà sospesa.

Ovviamente la richiesta deve essere motivata, si deve cioè documentare che gli atti emessi dall’ente creditore sono stati interessati da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso (intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo), da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore, da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore, da una sospensione giudiziale oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in questione, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore.

Sarà l’Agenzia delle Entrate stessa a comunicare il provvedimento di annullamento all’Agente della riscossione che interrompe le procedure di incasso del credito. Se il contribuente ha già pagato, ha diritto al rimborso della somma indebitamente corrisposta. Se invece l’ufficio conferma l’addebito dopo aver valutato le contestazioni rappresentate dal contribuente, quest’ultimo può rivolgersi alla Commissione tributaria provinciale per chiederne l’annullamento.

crediti contestati sono annullati di diritto decorsi 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’Agente della riscossione, nel caso l’ente creditore non invii al debitore la comunicazione - che conferma la pretesa debitoria o dichiara inidonea la documentazione prodotta - e ove manchino i successivi flussi informativi all’Agente della riscossione. L'annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli sopra, ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito.

Ferma restando la responsabilità penale, il contribuente che produce documentazione falsa è punito con la sanzione amministrativa che va dal 100 al 200% delle somme dovute, con un importo minimo di 258 euro.


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