Caso Lioce: nessuna finalità terroristica. La busta è di un&

13 Giugno 2007   22:46  
"Ne do….asco ne" "Religios". Frasi monche, all´apparenza indecifrabili. Parole spezzettate ed incomprensibli trovate nelle pieghe di una busta bianca. Frammenti "misteriosi" sui quali gli investigatori ed i magistrati, aquilani e genovesi, erano al lavoro da due mesi e che avevano fatto ipotizzare un collegamento tra le molteplici minacce contro monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Roma e presidente della Cei e Nadia Desdemona Lioce, la brigatista reclusa nel supercarcere dell´Aquila condannata a tre ergastoli per l´assassinio dei giuristi Biagi e D´Antona e del sovrintendente Polfer Emanuele Petri. La Lioce presunta autrice di quelle scritte. L´allarme era scattato in aprile con il sequestro, deciso dalla procura dell´Aquila, della busta dopo una perquisizione fatta dalla polizia penitenziaria. Ad insospettire gli investigatori erano stati quei pezzi di frasi impressi sulla parte superiore della busta,la parte che si ripiega per la chiusura. Si pensava ad un codice segreto, ad un messaggio criptato con cui la Lioce dava ordini all´esterno, dava ordini ai terroristi. La brigatista, dunque, era stata iscritta sul registro degli indagati ed era indagata dalla procura dell´Aquila per l´ipotesi di reato di associazione con finalità di terrorismo. Nella serata di ieri una telefonata fatta ai difensori della Lioce, Caterina Calia e Carla Serra, ha fugato ogni dubbio ed ha fatto chiarezza sulla vicenda: la busta per lettera trovata nella cella del carcere dell´Aquila sarebbe riconducibile a un´associazione religiosa di Firenze. Un volontario in servizio nel penitenziario di Sollicciano, lo stesso penitenziario dove era chiusa Nadia Desdemona Lioce, ha infatti spiegato ai legali che quella busta ed altro materiale cartaceo di riciclaggio, era stato fornito anni fa a tutti i detenuti, fra cui anche la Lioce, perchè potessero scrivere lettere. Il volontario, dopo aver appreso la notizia dai tg nazionali, si è subito messo in contatto con la difesa della Lioce per chiarire che la frase testuale, riportata sulla busta, farebbe riferimento all´intestazione dell´ente: "Associazione Don Vasco Nencioni per la ricerca religiosa". L´incredibile corrispondenza tra le sillabe trovate sulla busta, resti di parole cancellate, e le vicende che hanno avvolto Bagnasco ha spinto la polizia penitenziaria dell´Aquila a sequestrare quel documento. "Già ieri sera - spiegano i legali della Lioce - il volontario che distribuì le buste nel carcere di Sollicciano, si è messo in contatto con noi spiegandoci la vicenda. E´ incredibile che l´intestazione dell´associazione "Don Vasco", con parole cancellate, sia diventata un indizio contro la nostra assistita. In realtà sarebbe stato sufficiente confrontare la busta e chiedere spiegazioni alla Lioce la quale, come si evince dal documento depositato al riesame, ha chiarito che ´politicamente´ le Brigate Rosse con le minacce a monsignor Bagnasco e più in generale con Bagnasco stesso, non hanno nulla a che fare. Insomma sarebbe stata sufficiente maggiore cautela per evitare, altresì, uno spreco di soldi dei contribuenti". I due avvocati, in proposito, denunciano "un clima di strumentalizzazione e di provocazione" che sarebbe in atto in carcere nei confronti della loro assistita. La busta che sarà recapitata ai difensori, potrà così essere confrontata con quella custodita in una cassaforte della procura dell´Aquila, già durante l´incidente probatorio la prossima settimana. I due legali si agurano che, con l´incidente probatorio "si faccia finalmente chiarezza su una vicenda veramente assurda". Patrizia Santangelo

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