Chieti, cambio di panchina e resurrezone di Guidone: un caso?
Dopo un inizio di settimana difficile, culminato con l'esonero di Pino Di Meo ed il ritorno in panchina di Tiziano De Patre, il Chieti era chiamato a fare a tutti i costi risultato in casa dell'Ischia Isolaverde, ed è riuscito nell'impresa imponendosi con un perentorio ed ineccepibile 0-3.
Una squadra, quella neroverde, apparsa tutt'altra compagine rispetto a quella intimorita e scarica vista contro la Vigor Lamezia, ma che al tempo stesso sembra già molto diversa da quella vista sotto la gestione Di Meo.
Per rendersi conto del cambiamento basta considerare il cinismo e l'opportunismo dimostrato dal reparto avanzato nel concretizzare le opportunità capitate, dopo essere stato l'autentico tallone d'Achille dei teatini l'intero girone d'andata.
Sugli scudi, ovviamente, l'uomo partita Marco Guidone, apparso colui che, più di tutti, sembra aver tratto evidenti benefici dal cambio di modulo operato da De Patre, che per la "prima" del suo ritorno ha optato per un classico 4-4-2.
L'attaccante milanese è parso, soprattutto, un giocatore completamente diverso da quello ammirato sinora, colmo di buonissima volontà ma poco efficace in fase finalizzativa, oltre che privo di quelle caratteristiche da punta in grado di sobbarcarsi tuto il peso del reparto. Evidentemente, l'essere affiancato più da vicino da un'altra punta (Lorenzo Cinque, ndr) ed il non doversi sobbarcare troppo lavoro sporco (cui il giocatore, comunque, non si è mai negato) ne hanno determinato una prestazione a lungo attesa, e culminata con una doppietta dopo ben 10 gare senza gioie.
Decisamente migliori rispetto alle ultime uscite anche Riccardo Berardino, autore del terzo gol, e Piero Robertiello, tornato a sfornare una prestazione convincente dopo i due infortuni di Foggia e Castel Rigone, culminata con la respinta di un rigore sullo 0-1.
La cura De Patre sembra dunque aver già sortito i primi effetti: la settimana prossima, in casa contro l'Aprilia dell'ex Silvio Paolucci, se ne avrà una prima controprova.
Lorenzo Ciccarelli
