Chiodi, i mille incarichi, i picchi nei sondaggi e un futuro incerto

18 Gennaio 2011   13:35  

Se è vero che quello, seppur autorevole, de Il Sole 24 Ore, come tutti i sondaggi, lascia il tempo che trova, e se è altrettanto vero che molti - soprattutto a sinistra - confondono la popolarità con il consenso, incappando poi in clamorose quanto (per loro) inaspettate sconfitte elettorali, è anche vero che le cose, per Gianni Chiodi, all'ultimo posto di quella prestigiosa classifica, non vanno affatto liscie.

Era l'uomo di Berlusconi, lui assieme al collega sardo Cappellacci. Insieme, furono scelti direttamente dal comandante in capo. Loro che, per motivi diversi, dovevano affrontare elezioni fuori stagione, ma entrambi con la strada spianata per manifesta e, nel caso dell'Abruzzo, persino "certificata" inferiorità dell'avversario.

E forse Chiodi lo è ancora, l'uomo di Silvio. Anche se il riferimento spirituale degli italiani (dal nome del nascente partito di Berlusconi, "Italia"!), che sembra ormai in caduta libera, travolto da scandali morali ("questo riguarda le coscienze", scrive Severgnini sul Corriere), prima che giudiziari, non sappiamo più quanto possa garantire un futuro politico stabile al nostro "bello" (come lo definì lo stesso Berlusconi presentandolo agli elettori e motivandone la scelta!) Gianni.

Ma sembrano passati secoli dalla foto che lo ritrae quel 14 dicembre 2008, quando festeggiava la vittoria.

Chiunque frequenti ambienti politici anche di terz'ordine sa che 50, una sessantina al massimo sono i posti che il premier tiene per sè, indicando i prescelti ad entrare in Parlamento, per gli altri (oggi il gruppo Pdl alla Camera è di 235 onorevoli) campo libero è lasciato a Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello. Ecco anche come si spiega l'accoglienza riservata ai due rispetto ad ogni altro, da tutti i politici nostrani ad ogni loro visita in terra d'Abruzzo.
Gianni Chiodi doveva essere, secondo i piani, fra la quota di deputati indicati (nominati) direttamente da Berlusconi in posizione, naturalmente, eleggibile. All'agognato scranno romano sarebbe dovuto arrivare dopo una luminosa legislatura alla Regione.
Che avrebbe dovuto vederlo protagonista del cambiamento, della meritocrazia, delle riforme e dei sacrifici e chi più ne ha più ne metta, insomma, di una nuova stagione virtuosa. "Parole che qui dentro non avevamo mai sentito" esclamò un decano dei giornalisti aquilani alla conferenza stampa di insediamento del nuovo governatore. Era il 3 gennaio 2009.

Inesorabilmente ultimo nelle classifiche, bersagliato dalle parti sociali, senza risultati di rilievo sul campo amministrativo, il Berlusconi nostrano sembra l'alter ego di quello di Arcore, in una parabola clamorosamente e improvvisamente discendente.

Senza due assessori da ormai sei mesi, continua a mantenere per se le deleghe alla Sanità, che potrebbe avere un senso in una Regione commissariata, ma anche quelle alla Protezione civile e all'Ambiente, non proprio di secondo piano in una regione sull'orlo dell'emergenza rifiuti. Altro fronte dove in ormai più di due anni non si è fatto nulla.
E poi, tutte le deleghe che il presidente mantiene per sè dal giorno dell'elezione, come dire, l'ordinaria amministrazione: Politiche regionali di cooperazione interistituzionale; affari della Giunta Regionale; Attività internazionali; Legislativo; Coordinamento e supporto, Affari generali e Bura; Attività di collegamento con Ue a Bruxelles; Delegazione di Roma; Coordinamento di attività di promozione all'estero; Programmazione e sviluppo; Politiche nazionali per lo sviluppo; Pianificazione Territoriale, Programmi complessi nazionali e regionali delle Aree urbane; Politica energetica, Qualità dell'area e SINA; Tutela, valorizzazione del paesaggio e valutazione ambientale; Conservazione della natura e Ape; Assistenza legale,consulenza e attività amministrative per l'ambiente e il territorio; Sussidiarietà; Stampa; Avvocatura regionale; Statistica; Segretariato Generale della Presidenza.

La giunta della discontinuità, quella che doveva far riprendere l'Abruzzo dallo "choc Del Turco", non è stata da meno in campo giudiziario, anche se Chiodi ha brillantemente schivato ogni coinvolgimento personale in tutte le inchieste aperte, si è visto due assessori decapitati da accuse pesanti, oltre ad una serie di procedimenti che riguardano esponenti di rilievo del centrodestra, e anche con una certa influenza sulla giunta.

Così, mentre Chiodi si propone come il nuovo, attribuendo anche la responsabilità del deficit sanitario alle precedenti giunte di centrosinistra ma anche di centrodestra, non può esimersi da seguire le linee dettate da alcuni dei protagonisti di quella stagione politica che coincide con il governo Pace. Protagonisti di ieri, ma oggi ancora in auge, eccome!

E poi, i commissariamenti, alla Sanità e alla ricostruzione.

Insomma, basterà il telefono e le tecnologie contemporanee per consentire di mantenere tutte queste deleghe, e nel frattempo far fronte a tutti i problemi dell'Abruzzo? O si crederà davvero che basti l'ennesimo tavolo, o patto che dir si voglia, come quello presentato ieri? Ovvero un accordo che ha "l'obiettivo di condividere scelte strategiche e priorità, nonchà gli interventi conseguenti, con la finalità di assumere un reciproco impegno a cooperare e agire sinergicamente, secondo le modalità individuate nel Patto stesso e ciascuno secondo il proprio ruolo e autonomia delle proprie competenze e prerogative".
Insomma, le solite belle parole e tante buone intenzione, ma neanche qualche spicciolo.


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