Cialente, senza nuova seggiovia potrebbe non aprirsi stagione sciistica

Oltre agli uccelli deve pensare alle persone

26 Giugno 2015   16:23  

Sono molto preoccupato per la vicenda della sostituzione della seggiovia delle Fontari perché ho la consapevolezza che, in assenza della sua realizzazione, da completare entro l’autunno, non sarà possibile aprire la stagione sciistica.

Sono però altrettanto preoccupato e amareggiato per le problematiche politiche che la vicenda sta delineando.

Abbiamo di fronte il quadro di un ente Parco che, per responsabilità legate alla direzione politica e tecnica e alle politiche delle Regioni coinvolte, dopo oltre 11 anni, è ancora fermo a norme di salvaguardia paralizzanti, non avendo approvato il piano territoriale.

Siamo, inoltre, in presenza di una dicotomia tra presidente e comitato direttivo, che pone il problema di una interpretazione moderna e in sintonia con gli indirizzi emersi dal congresso mondiale,  che si è tenuto in Australia, sul ruolo dei Parchi, e l’assoluta chiusura degli organismi tecnici dell’ente.

Questo stallo evidenzia uno scontro politico, ideologico e culturale legato a visioni differenti.

I Parchi come riserve assolute, dove l’arrivo di un numero maggiore di turisti rappresenta un pericolo da scongiurare, come affermano ambientalisti e tecnici del Parco, oppure un ente capace di realizzare una sintesi tra tutela e valore ambientale da una parte e la sopravvivenza economica delle comunità dall’altra?

Pensare di creare le necessarie infrastrutture affinché anche il Parco Gran Sasso possa avvicinarsi a quel 20 per cento di frequentatori di parchi che si recano sulle Dolomiti bellunesi, al 15 per cento del Parco delle 5 terre, al 10 per cento del Gran Paradiso, al 7 per cento del Parco nazionale d’Abruzzo, o rimanere inchiodati al 2,5 per cento del nostro?

In altre parole il parco antropizzato, modello europeo, o il parco “riserva” modello anglosassone? Questo dibattito noi ambientalisti convinti lo abbiamo risolto 20 anni fa. Riaprirlo sarebbe un inutile ritorno al passato.

Lo scontro, peraltro, è acuito dal fatto che vi sono 40 milioni di euro, di cui 30 già in cassa, che rischiamo di perdere.

Mi sembra di non vedere in tutti la consapevolezza delle gravissime conseguenze che possono derivare da una sottovalutazione di questo potenziale scontro da parte delle istituzioni politiche responsabili di questa situazione.

Sono preoccupato perché sto registrando, nel comprensorio aquilano e, soprattutto, in città, un sentimento antiparco, che sta sfociando in proposte di referendum per uscire oppure, come nel caso del nostro Consiglio comunale, in proposte di risoluzioni in tal senso.

Questo provocherebbe una regressione culturale, politica e di strategia economica di decenni.

I decisori politici, in primis Governo nazionale, Ministero dell’Ambiente e Regione, devono dunque saper affiancare gli enti locali, con responsabilità, assicurando un futuro sereno ai Parchi, ma anche alle popolazioni.

Guai se si dovesse arrivare alla semplificazione di scegliere se è più importante salvare la famiglia del fringuello alpino, che vive vicino all’Osservatorio astronomico, oppure la famiglia Faccia di Assergi (chiedo scusa all’amico Luigi se lo assumo come simbolo di tutte le famiglie del comprensorio dei due versanti del Parco)! Sarebbe una colpa storica.

Ho letto che il presidente della Regione ha incontrato il ministro Galletti, parlando anche del Parco Gran Sasso, e, in particolare, della nomina del nuovo presidente.

Conoscendo D’Alfonso, sono certo che abbia espresso queste preoccupazioni e che abbia spiegato come la nomina del nuovo presidente debba avvenire anche ascoltando chi si è assunto, a partire dal Comune dell’Aquila, il difficilissimo compito di mediare questa problematica politica.

Guai se si pensasse di fare come in passato, operando scelte non chiare nel delineare l’identikit del presidente. Vorrebbe dire gettare benzina sul fuoco, oltre che mortificare le popolazioni che vivono nell’area Parco.

L’accortezza e l’attenzione nell’attuare i passaggi politici nei momenti più difficili e delicati sono doveri deontologici per tutti i rappresentanti delle istituzioni. Se si dovessero perdere fondi per scelte sbagliate, nessuno ce lo perdonerebbe.

 


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