Cosmetici “nichel free”: ecco cosa vale davvero e come proteggerti

03 Ottobre 2025   11:55  

La scritta “Nickel Free” non basta: servono prove, metodi ISO, limiti dichiarati, conoscenza di allergie a nichel/cobalto e lettura critica di claim e INCI.

Il tema è sensibile: chi soffre di allergia al nichel sa che anche quantità minime possono provocare eruzioni e prurito. La prevalenza in Europa è elevata (fino a 1 persona su 5 in alcuni studi), con palpebre e bocca tra i distretti più esposti (trucco occhi, applicatori, balsami labbra). Ecco perché le promesse in etichetta vanno lette con criterio.

Cosa possiamo pretendere dalla legge? Il Reg. 1223/2009 sui cosmetici vieta nichel e sue sostanze come ingredienti (Allegato II), ma ammette tracce non intenzionali se inevitabili e sicure. Sui claim vigila il Reg. 655/2013: niente messaggi ingannevoli, servono evidenze e coerenza. Tradotto: “Nickel Tested/Controlled” è lecito se c’è un test con metodo valido; “Nickel Free” assoluto rischia di ingannare.

Qual è la famosa soglia “1 ppm”? Non è una soglia UE obbligatoria: è un criterio interno adottato da molte aziende e ripreso in dermatologia perché tollerato dalla maggioranza dei soggetti allergici. Ma esistono casi altamente sensibili che reagiscono anche sotto 1 ppm (riportate reazioni fino a 0,5 ppm in condizioni sfavorevoli, es. cute infiammata e occlusione). Per questo la parola d’ordine è personalizzare.

Come si fanno i controlli seri? Con la spettrometria di massa al plasma accoppiato (ICP-MS) secondo ISO 21392:2021, lo standard che misura tracce di metalli nei cosmetici finiti. Chiedi (o cerca online) la scheda tecnica: molti brand indicano metodo e LOD/LOQ; alcuni verificano anche materie prime e lotti.

Non è solo nichel. In soggetti reattivi compaiono spesso co-sensibilizzazioni a cobalto o cromo; scegliere linee testate su più metalli riduce il rischio cumulativo. Gli standard ISO 21392 coprono anche queste determinazioni.

Dove si annida il rischio? Oltre alla formula, considera strumenti e accessori: piegaciglia, pennelli, spugnette, ma anche gioielli e unghie con nichel possono trasferire il metallo sulla palpebra, provocando eczema. Evita transfer indiretti, cura igiene e sostituzione periodica degli applicatori.

Guida pratica all’acquisto consapevole (step-by-step):

  1. Cerca in etichetta: “Nickel Tested/Controlled” + metodo (ICP-MS) e, meglio, valore dichiarato (es. ≤1 ppm).

  2. Preferisci marchi che testano anche cobalto/cromo e pubblicano rapporti o dossier.

  3. Leggi l’INCI: formule essenziali, pochi profumi/coloranti non necessari. (I claim “free from” devono seguire le regole UE ed essere pertinenti).

  4. Valuta canali dermocosmetici/farmacia: più trasparenza su metodi e soglie; in caso di dubbio, chiedi la scheda. (Authority come FDA e ISO descrivono approcci per minimizzare le impurità).

Domande frequenti (e risposte nette):
• “Naturale = senza metalli?” No: anche materie prime naturali possono contenere tracce.
• “Con 1 ppm sono al sicuro?” Di solito sì, ma non per tutti: soggetti ipereattivi possono reagire sotto.
• “Il limite dei gioielli vale per i cosmetici?” No: quella è la restrizione sul rilascio (es. 0,5 μg/cm²/settimana), riferita a oggetti a contatto prolungato. I cosmetici seguono un quadro diverso.

Se la pelle reagisce comunque: interrompi il prodotto, applica emollienti e lenitivi, consulta il dermatologo per patch test e piano di evitamento. Nei casi difficili, orientati su formule anidre o con pigmenti selezionati e lotti con report disponibili. Per palpebre iper-reattive, limita stratificazioni di prodotti e controlla anche accessori e gioielli.

Perché tutto questo conta? L’allergia al nichel è comune e cronica; ridurre l’esposizione quotidiana – con etichette corrette, metodi seri e scelte informate – significa meno ricadute, più comfort e make-up che rispetta davvero la tua pelle.

Nota finale per i “pignoli utili”: alcuni paesi/organismi extra-UE pubblicano raccomandazioni o limiti guida per metalli in cosmetici e coloranti; contano poco per il mercato UE, ma mostrano la tendenza globale a misurare e ridurre le impurità. Se un marchio li cita, è spesso un plus di serietà tecnica.


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