Crisi economica: aumentano i disoccupati del 14%. I Co.co.co. un esercito di sottopagati

01 Marzo 2012   10:52  

Il numero dei disoccupati a gennaio scorso, secondo le stime provvisorie Istat, e' stato pari a 2 milioni 312 mila, in aumento del 2,8% rispetto a dicembre (64 mila unita'). Su base annua si registra una crescita del 14,1% (286 mila unita'). L'allargamento dell'area della disoccupazione riguarda sia gli uomini sia le donne. 

La disoccupazione maschile cresce del 2,6% rispetto al mese precedente e del 18,7% su base annua; il numero di donne disoccupate aumenta del 3,2% rispetto a dicembre 2011 e dell'8,9% in termini tendenziali. 

L'inattivita' diminuisce dello 0,4% in confronto al mese precedente, coinvolgendo sia la componente maschile (-0,7%), sia quella femminile (-0,3%). Rispetto a dodici mesi prima gli inattivi diminuiscono del 2,1%. In particolare, si riduce sia la componente maschile (-2,3%) sia quella femminile (-2%). 

CO.CO.CO I PIU' SFRUTTATI

Ricerca Isfol  esercito dei co.co.pro, che rappresenta la metà dell'universo dei parasubordinati. La paga media annua è sotto i 10mila euro. Quasi sempre si tratta di lavoro subordinato mascherato. Cgil: fissare tetto economico minimodi rassegna.it Risultati interessanti, anche se per certi versi facilmente prevedibili.

Chi ha avuto un'esperienza di lavoro "a progetto" sa infatti benissimo che il reddito a fine anno difficilmente può raggiungere i 10mila euro. Con la sua ricerca, però, l'Isfol disvela le dimensioni del fenomeno dei collaboratori a progetto (co.co.pro.), che in Italia sono 676mila e hanno un reddito medio di 9.855 euro l'anno. 

Questo esercito di collaboratori - dice l'istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale che base la sua indagine su dati Inps - rappresenta quasi la metà (46,9%) di tutti i lavoratori parasubordinati, che nel 2010 ammontano a 1 milione 422mila. Il 35,1% dei co.co.pro. ha un'età inferiore ai trent'anni e il 28,7% tra i 30 e i 39 anni. L'84,2% dei co.co. pro. è caratterizzato da un regime contributivo esclusivo e non ha quindi un'altra occupazione: si tratta di 569mila lavoratori, il cui reddito medio scende a 8.500 euro. 

Poi però ci sono gli altri parasubordinati, quasi 500mila contribuenti alla gestione Inps, che sono amministratori e sindaci di società, con età media sensibilmente più elevata rispetto ai co.co.pro e con un reddito medio significativamente superiore, pari a oltre 31.000 euro annui. Va infine aggiunto un ulteriore gruppo di contribuenti meno omogeneo (collaborazioni occasionali, dottorati di ricerca, borse di studio, collaborazioni presso la P.a., ecc.), composto da 270mila lavoratori, con un reddito medio annuo pari a poco più di 11.000 euro. Ma la distinzione più netta, a livello di reddito, è ancora una volta quella di genere. Dai dati risulta infatti che, complessivamente, gli uomini rappresentano circa il 58% del totale, con un reddito medio quasi doppio rispetto a quello delle donne. 

L'Isfol analizza poi l'evoluzione del fenomeno. Nel periodo 2005-2010, il numero dei parasubordinati ha subito un andamento leggermente ciclico. Negli anni di crescita economica, 2006 e 2007, si sono raggiunti i valori massimi, mentre si è registrata una lieve diminuzione nel biennio 2009-10. La variazione media annua del reddito nel periodo 2005-2010 è pari a +3,4%. Per quel che riguarda specificatamente i co.co.pro., tale valore si ferma a +2,3%. Ma quanto sono subordinati questi lavoratori parasubordinati?.

L'Istituto evidenzia che oltre il 70% dei collaboratori è tenuto a garantire la presenza presso la sede di lavoro, il 67% ha concordato un orario giornaliero con il datore di lavoro e il 71% utilizza nello svolgimento della prestazione mezzi e strumenti del datore di lavoro. Inoltre, più del 70% dei collaboratori dichiara che la forma di contratto non deriva da una sua scelta, ma da una richiesta del datore di lavoro.

Tali dati, naturalmente, segnalano la concreta possibilità che questi contratti nascondano in realtà forme di lavoro in qualche misura subordinato. Lo ribadisce con forza la Cgil: "Si tratta nella quasi totalità dei casi di lavoro dipendente mascherato da falso lavoro autonomo per pagare meno contributi e un salario più basso”, spiega il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni. A ulteriore conferma della lettura di questi dati, osserva il sindacalista, “potremmo indicare la coincidenza con le nostre rilevazioni (il rapporto annuale Nidil e Cgil) sul fatto che si deve garantire l'attività prevalentemente nelle sedi di lavoro delle imprese, che è concordato un orario di lavoro giornaliero, che si utilizzano mezzi e strumenti aziendali. Cos'altro serve a definire un lavoro subordinato?”.

Fammoni sottolinea inoltre come il ministro Fornero abbia chiesto al tavolo di riforma del mercato del lavoro “di indicare forme di lavoro elusive, in cui si manifesta la cosiddetta cattiva flessibilità. Dall'Isfol, istituto pubblico, ecco un esempio evidente sul quale occorre intervenire alla radice: equiparando i contributi, garantendo contestualmente le stesse tutele e dando certezza di un salario corrispondente al lavoro che si svolge”.

 Inoltre, prosegue il sindacalista, “se si vuole debellare il fenomeno alla radice occorre escludere l'utilizzo di questa forma di lavoro per mansioni esecutive o ancor meglio fissare un tetto economico annuo al di sotto del quale le collaborazioni non sono consentite. I due terzi di questi collaboratori sono giovani, cioè quella parte del mondo del lavoro su cui il governo dice di volere una estensione dei diritti. 
Anche noi lo vogliamo. La migliore occasione per dimostrarlo sono interventi concreti da decidere al tavolo per la riforma del mercato del lavoro. Si misurerà così la coerenza reale di tutti fra il dire e il fare”, conclude Fammoni.


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore