D'Artagnan e il primo maggio. Pensieri di un precario del cratere

01 Maggio 2011   08:33  

A tutta pagina c'è il torvo D'Artagnan braccato dalle Jene, coatto pasoliniano che sbarca il lunario raccattando le monetine lanciate dai turisti dentro alla fontana di Trevi, sotto l'occhiuto controllo dei pizzardoni. Sono 35 anni anni che campa con gli spiccioli della fontana. ''Beato lui che è arrivato all'età della pensione'' osserva un precario del cratere al bar in una sonnacchiosa mattina del primo maggio.

In realtà anche il nostro si sta godendo una pensioncina, quella da terremotato, 500 euro al mese di autonoma sistemazione, quasi quanto lo stipendio che prendeva prima il sei aprile. Non può dirlo, ma in cuor suo spera che durerà. E cioè che la sua casa dov'era in affitto rimanga un rudere il più tempo possibile, quella casa incastonata in un ridente paese semi-spopolato dove bastava una futile ragione per essere odiato, mentre non vi erano mai ragioni sufficienti per essere amato.

Il palinsesto della finestra del bar che affaccia sul terminal è assai affollato. Oggi è il primo maggio. Si dirigono ai pullman uno stuolo di sindacalisti con le bandiere arrotolate in spalla. Per loro è un giorno di lavoro, devono andare alla manifestazione. Per carità, ottimo contratto, tempo indeterminato, assunti per cooptazione spesso senza nessuna precedente esperienza lavorativa, da un'azienda a prova di fallimento e ristrutturazione. Solo qualche preoccupazione per la progressiva riduzione della clientela. Ma il primo maggio si lavora, c'è la manifestazione.

A seguire parroci vocianti con l'abito talare delle grandi occasioni. Anche loro hanno sulle spalle stendardi. Anche il loro per carità è un bel lavoro : possibilità di carriera, pensione garantita, rendita di beatitudine dopo la dipartita dal mondo. Ma anche a loro, non c'è santo in paradiso, gli tocca di lavorare il primo maggio. Perchè quest'anno il primo maggio è capitato di domenica, l'unico giorno in cui di solito lavorano, e soprattutto perchè a Roma si celebra la beatificazione di papa Karol Wojtyla. La prova che anche la classe operaia può andare in paradiso, basta cambiare mestiere ed emigrare in un altro paese.

A seguire un venditore di gadget, giorno di lavoro anche per lui. Sale su un autobus per Roma. Nella sua valigia santini di San Karol e santini di san precario, a seconda delle piazze.

Infine giovani, tanti giovani con lo zaino, con i loro sogni, il loro entusiasmo e la loro rabbia un po' confusa. Bamboccioni, come furono definiti da vecchi che strillano nei talk show con la bava bianca alla bocca. Giovani disoccupati, uno su tre. Senza futuro e senza pensione quando anche loro saranno vecchi. Studiate, studiate, il segreto è nella laurea, nella formazione, nei master, negli stage, gli avevano detto. Poi contrordine: ma che studiate a fare, i laureati sono troppi, mica potete fare tutti il professore e il giornalista, tornate ai lavori manuali, pelandroni, non fatevi fregare il lavoro dagli extra-comunitari!

Ma chi glielo diceva poi?

Una gaudente casta di italiani evasori fiscali tutti chiacchiere, salamelecchi e bunga-bunga? Chi glielo diceva? Giuliano Amato, quello della necessità di fare sacrifici, e che prende una pensione di 1.047 euro. Al giorno, però. Il feroce miliardario Brunetta, nemico dei fannulloni? Chi glielo diceva, Lamberto Dini, quello che ha tagliato le pensioni di reversibilità e sbarca il lunario con 25mila euro al mese? Il mite e moderato Romano Prodi, 30mila euro di pensione al mese? O il suo altrettanto vecchio successore Silvio Berlusconi alla presidenza di questo disastrato paese, che guadagna 41 milioni di euro l'anno? E per farci cosa? O l'Umberto Bossi furente contro Roma ladrona e con la moglie che dall'età di 39 anni prende una pensioncina da 766,37 euro al mese? Chi lo dice, le fameliche cricche dei vecchi manager, pubblici e privati, sempre gli stessi a giro, e che quando finalmente vengono sostituiti, salutano e se vanno con liquidazioni principesche dopo aver mandato in bancarotta le aziende e lasciato sul lastrico migliaia di operai e risparmiatori?

Il precario del cratere, immerso in questi cupi pensieri, continua ad osservare la gente che sale sul pullman e va nella capitale.

Non gli interessa il concerto del primo maggio e dei lavoratori. Lui è un invisibile e un baby pensionato a termine.

Non gli interessa la beatificazione di Karol, lui è abituato a non avere santi in paradiso.

Meglio starsene in panciolle al bar, a godersi la noia e il silenzio della sua città ridotta in macerie, in un paese in putrefazione morale, consumando l'ingegno e i desideri a spiccioli, in attesa che il D'Artagnan di turno venga a rubarseli.

Filippo Tronca


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