Decreto legge Bersani-Visco: gli italiani residenti all´estero p

25 Settembre 2006   16:03  
L’approvazione da parte della Camera dei Deputati, lo scorso 4 luglio, del Decreto Legge n. 223, meglio noto come Bersani-Visco, che contempla anche una serie di interventi in materia di entrate fiscali, implica anche una modifica di rilievo all’attuale normativa fiscale che riguarda i cittadini italiani residenti all’estero. Il decreto, infatti, prevede che d’ora in poi solo chi risiede in Italia possa usufruire della cosiddetta "no-tax area", disposizione introdotta nel 2003, in base alla quale non si paga alcuna imposta sui redditi fino a un tetto di 3000 euro". Ad affermarlo è l’Inas, secondo cui la novità rischia di avere pesanti conseguenze negative per tanti connazionali all’estero, i quali finora avevano diritto a beneficiare anch’essi della franchigia, e dunque non pagavano tasse per piccoli redditi, come pensioni italiane o rendite catastali derivanti da immobili acquistati o mantenuti nella terra di origine a scopo abitativo, ad esempio con l’obiettivo di trascorrervi la vecchiaia. L’esclusione dei non residenti dalla franchigia significa che, d’ora in poi, essi avrebbero l’obbligo di compilare la dichiarazione dei redditi e di versare al fisco italiano un’aliquota di almeno il 23% sulle rendite da immobili, oppure di vedersi trattenere la stessa percentuale su una pensione che, per lo più, è già di per sé molto modesta (al di sotto del trattamento minimo). Ciò a meno che non sia in vigore tra il Paese di residenza e l’Italia uno specifico accordo contro la doppia imposizione fiscale, cosa che però non esiste con tutti i Paesi, specialmente con quelli extraeuropei; e comunque, sta di fatto che anche i cittadini sottoposti a tale regime di convenzione internazionale sarebbero costretti ad accollarsi ogni anno un nuovo obbligo, quello cioè di presentare alle amministrazioni competenti la documentazione necessaria ad evitare la doppia imposizione. "Quello che colpisce in questa situazione, al di là delle prevedibili difficoltà gestionali, – osserva il Presidente dell’Inas Cisl Giancarlo Panero - che ricadrebbero di certo anche sui patronati, i quali sarebbero chiamati a fornire ai connazionali tutte le informazioni su questi nuovi adempimenti, è la netta discriminazione che si viene a porre in questo modo tra cittadini italiani residenti e non residenti". "E ciò proprio nel momento in cui, con la partecipazione al voto politico, si riconosce finalmente che gli emigrati non sono italiani di serie B, - prosegue - e si ragiona sul modo migliore di mettere in rete le loro energie produttive con quelle "interne" della società, dell’economia, della cultura italiana per dare più slancio a entrambe sullo scenario globale. Siamo perciò, come Inas, molto critici riguardo a questa scelta e, viceversa, pienamente d’accordo con le iniziative assunte dai parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero per richiedere un monitoraggio attento della norma, con l’obiettivo di sanare questa situazione ingiusta e vessatoria ai danni degli italiani all’estero e ottenere il ripristino della franchigia fiscale anche per loro". "Così come da sempre ci adoperiamo per tutelare i soggetti sociali più deboli, come appunto gli emigrati - conclude Panero - anche stavolta metteremo in campo tutto l’impegno possibile per sensibilizzare le persone interessate e i soggetti istituzionali chiamati a prendere le decisioni su questa materia". "Non si tratta solo di non rendere ancora più difficile la vita - aggiunge il Responsabile del Dipartimento Emigrazione/Immigrazione dell’Inas Gianluca Lodetti - a quei connazionali, e purtroppo ce ne sono, che versano in condizioni economiche disagiate e che avrebbero al contrario bisogno di un concreto sostegno da parte della madre patria. È una questione di equità. Una reale integrazione tra le ‘due Italie’ passa in primo luogo da questo". Patrizia Santangelo

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