Diffamazione a mezzo stampa:UNCI no a baratto che colpisce libertà di sapere

22 Ottobre 2012   19:42  

 La soppressione del carcere per la diffamazione a mezzo stampa (e non per i reati di opinione, per i quali non e' previsto) e' una assoluta priorita' democratica - come del resto affermano tutte le istituzioni europee e mondiali - ma non puo' essere accettata alle condizioni liberticide che stanno maturando in Parlamento".
E' quanto sostiene l'Unione nazionale cronisti italiani secondo cui "il testo di legge che si sta delineando colpisce in modo determinante la liberta' dei cittadini di sapere cosa accade veramente nel Paese e il dovere dei giornalisti di informarli in modo corretto, compiuto e tempestivo" "La punibilita' del reato - prosegue l'Unci in una nota - deve rimanere nell'ambito pecuniario, pero' a condizioni di equita' ed equilibrio tra i diritti del diffamato e i doveri del giornalista incorso nell'errore".
L'Unci sostiene che "il perno di una soluzione equa del problema della diffamazione, che in alcuni casi danneggia pesantemente persone innocenti, deve ruotare sulla rettifica, richiesta e pubblicata, che dovra' essere richiesta obbligatoriamente prima di intraprendere le vie legali, penali e anche civili; deve essere pubblicata - se veritiera - alle condizioni fissate dalla legge sulla stampa (stessa posizione e caratteri tipografici della notizia imprecisa/falsa); la richiesta e la pubblicazione tempestiva devono essere condizioni di improcedibilita' per le azioni legali, prevedendo un risarcimento del danno non coperto dalla rettifica stessa".
L'Unci e' fermamente contraria all'ipotesi della responsabilita' penale dell'azienda editrice (dlgs 231/2001) per i fatti di diffamazione commessi dai giornalisti. "Questa folle idea - del tutto estranea allo spirito di quella legge, pensata per contrastare i grandi reati finanziari, ambientali, di corruzione internazionale e sicurezza sul lavoro - creerebbe l'istituzione di una 'commissione di autocensura' interna, governata dagli amministratori delegati o da strutture parallele e in grado di determinare, giorno per giorno, tutte le scelte editoriali dei giornali, a pena di procedimenti disciplinari e licenziamenti". 


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