Domenico Susi nel quinto anniversario della morte

18 Dicembre 2009   13:13  

Le presenze del passato sono per tanta parte ciò di cui viviamo e quanto non è più davanti ai nostri occhi torna ancora vivo, se è entrato a far parte della nostra esperienza di vita.

 

Ricordare una persona scomparsa vuol dire richiamare nella mente quanto di positivo ha lasciato, cercando di evitare di dare ascolto ai sentimenti che, molto spesso, spingono alla retorica e trasformano il ricordo in una enfatica celebrazione.

Un onesto realismo deve farci comprendere di una persona quella espressione di positiva umanità che è degna di essere ricordata.

Domenico Susi dedicò la sua vita alla politica; diciassettenne si iscrisse al partito socialista, a ventiquattro anni fu eletto sindaco di Introdacqua, suo paese natale.

Fu poi consigliere regionale, uno dei padri della Costituente della regione Abruzzo. Ininterrotta ed intensa fu sempre la sua attività, prodigata poi quando, dopo essere stato eletto nel 79 deputato alla Camera, ricoprì in seguito per il lungo periodo di nove anni la carica di Sottosegretario di Stato alle Finanze, nei governi Craxi, Goria, De Mita e Andreotti. Di questa sua esperienza è rimasto il suo libro Fisco e Dintorni, in cui affermava principi e modi per un miglioramento della giustizia fiscale.

Quaranta anni di servizio politico impediscono di fare un elenco delle numerose iniziative ed opere realizzate; tra queste, ad esempio, la costruzione della caserma della Finanza di Coppito, tante volte nominata durante questi ultimi mesi, dopo la tragedia del terremoto.

Ma nemmeno basta ricordare soltanto la sua carriera di uomo pubblico, né i fatti a cui il suo nome è legato, ed è maggiormente illuminante risalire a quella visione della vita e a quegli ideali a cui si è ispirato; rimasti vivi ed operanti anche quando gli avvenimenti che hanno condotto alla scomparsa dei tradizionali partiti, lo hanno portato a ritirarsi nel privato. Negli anni ormai lontani in cui aveva inizio un drammatico sconvolgimento politico, non ancora concluso, affermava che il suo compito era quello di “contribuire a fare in modo che il rapporto tra vecchio e nuovo sia, non in contrapposizione, come sembra essere di moda in questi giorni, ma dialettico, in linea con la tradizione socialista e con quella cristiana e liberale”.

Seguì questo compito sino alla fine della sua vita, e perciò è doveroso aggiungere anche quei ricordi che conserva chi ha avuto con lui una consuetudine, divenuta nel tempo amicizia, sino alla sua fine improvvisa.

Dopo un breve periodo di incertezza, nonostante i diffusi pregiudizi e le polemiche nei confronti di Silone, ne accettò il positivo e illuminante messaggio, nel quale il socialismo veniva affermato come una concezione della vita civile non legato alle vicende dei partiti e che non poteva esaurirsi in particolari formule politiche.

Dedicò quindi la sua intera attività alla Fondazione Silone, da lui stesso creata, facendone una scelta di vita, convinto della necessità di restituire alla politica la sua struttura anche etica e culturale, quale fondamento della convivenza umana.

Gli ultimi quindici anni della sua esistenza trascorsero, in modo escusivo, nell’eseguire il compito che si era proposto, persino contribuendo economicamente di persona.

Durante questo periodo, fece dare alle stampe oltre quaranta volumi, collaborando alla redazione di alcuni, tutti espressione di una comune unità di intenti. Insieme a saggi e studi di scrittori italiani e stranieri sull’attività letteraria e politica di Silone, diede vita ad una collana di libri per le scuole, che distribuì direttamente e gratuitamente in varie regioni,traendone occasione per esporre ai giovani il pensiero e le opere di Silone.

Più di cento convegni lo videro presente e attivamente partecipe, molti dei quali organizzati dalla Fondazione stessa. Istituì il “Premio Internazionale Ignazio Silone” celebrato ogni anno a Sulmona, con lo scopo di offrire un pubblico riconoscimento a coloro in ogni settore della cultura e in ogni parte del mondo avessero in modo particolare affermato i valori della libertà e della persona.

Nel Manifesto dei valori della Fondazione, pubblicato in un libro contenente anche una vasta bibliografia delle opere di Silone e della critica internazionale, sono contenuti i concetti a cui Susi si è ispirato e che oggi dovrebbero tornare alla luce, considerato lo stato di difficoltà in cui oggi si trova la nostra società.

Domenico Susi è stato un “compagno”, secondo il significato che il termine aveva una volta, che ha donato la vita alla società di cui si sentiva parte, consapevole che l’attività politica è la sola dimensione nella quale gli uomini possono dare un senso e una giustificazione alla loro opera.

18 dicembre 2009

 

Dott. Domenico Taglieri

Vicepresidente Fondazione Ignazio Silone

 


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