Dopo nove mesi la città “gioiello”, L’Aquila, che l’Abruzzo intero, l’Italia ed il mondo dovrebbero ricostruire come patrimonio di tutta l’umanità, è lì abbandonata, straziata, blindata, atterrita dalla catastrofe del 6 aprile e dai successivi insulti prodotti dalle scosse, dall’incuria, dai devastanti agenti atmosferici
È giunta l’ora della lucida indignazione, della consapevole presa di coscienza da parte degli aquilani, nonostante le sconvolgenti sofferenze che hanno dovuto e devono affrontare, per scongiurare il peggio, ossia la morte della loro città e, con essa, della loro orgogliosa identità, costruita attraverso secoli di feconda storia civile.
È urgente avere chiaro il quadro della situazione, che viene falsata ogni giorno dai media e oscurata ad arte dalla politica dominante.
È evidente che tutto sia estremamente difficile, ma ciò non giustifica la mancanza di risposte chiare e sicure ai cittadini.
Come, quando e con quali risorse si pensa di ridare vita alla città ed alla sua popolazione?
Questi i nodi fondamentali da sciogliere prima che sia troppo tardi, prima che una coltre di indifferenza causata dalla fatica del vivere e dall’abitudine cali sui cittadini, già tanto provati.
Mancano in sostanza progetti seri, condivisi, partecipati, manca la prospettiva per una reale rinascita.
Noi aquilani sappiamo bene che il percorso sarà lungo e accidentato, ma lo vogliamo conoscere e costruire, per contribuire, passo dopo passo, a scalare la vetta, che non potrà mai essere raggiunta se si sbaglia o si confonde l’itinerario.
Non è più tempo di attese, di discussioni senza cognizione di causa, di confusioni, di chiacchiere, di divisioni, di rassegnazioni.
È tempo di conoscere con chiarezza quale sarà il nostro futuro, senza infingimenti parolai, strumentali, occulti nella loro nebulosità.
Soltanto così saremo veramente in grado di resistere alla grande sofferenza che ci pervade tutti in questo presente triste che sta cancellando, insieme al nostro passato, la nostra vita sociale, economica e culturale.