E' morto Gaetano Bafile, la voce degli abruzzesi nel mondo

Un giornalista che camminava sulla dinamite

29 Dicembre 2008   10:58  

E' morto, all'età di 84 anni Gaetano Bafile, grande giornalista aquilano, emigrato in Venezuela e fondatore del quotidiano “La Voce d’Italia” di Caracas, autore di memorabili inchieste, padre della deputata Marisa Bafile, "il giornalista che camminava sulla dinamite" protagonista  delle pagine  di Gabriel Garcia Marquez.

Forte la commozione e il dolore da parte di tanti amici e compagni di vita, al di qua e al di là dell'Atlantico. A cominciare dall'avvocato aquilano Attilio Cecchini, che fu di Bafile compagno nella resistenza e poi cofondatore della Voce d'Italia. “Ho perso un fratello – ha affermato ieri - con il quale ho trascorso per lo meno un ventennio di vita” .

Gaetano Bafile era nato all’Aquila nel 1924, figlio di Aurelio, un costruttore che da giovane era emigrato in Francia, e Maria Antonietta, anche lei emigrata a Marsiglia.

Il destino del viaggio gli scorreva forse nel sangue, ma Gaetano in Venezuela, nel 1949, non sbarcò con la valigia di cartone, bensì come corrispondente del Messaggero. Un viaggio premio il suo, per i servizi realizzati sul sud che rinasceva dalle macerie della guerra. Ancor prima era stato partigiano, a L'Aquila, sotto il comando del colonnello Manlio Santilli. E rischiò anche l'impiccagione.

Poi a segnare la sua vita la decisione di fondare insieme Cecchini La Voce d'Italia, "la cui redazione -  ricorda Goffredo Palmerini, componente del Cram - fu una casa aperta a tutta la comunità italiana, un luogo d’incontro e di discussione di problemi”.

Il giornale, che arrivò presto ad una tiratura di 30mila copie, veniva distribuito principalmente sulle banchine del porto, agli italiani che sbarcavano provenienti dall'Italia, e questo fu decisivo a creare un legame di solidarietà che avrebbe tenuto uniti la comunità peninsulare. Quel foglio insomma cambiò il corso di molti destini.

Scrive lo stesso Gaetano Bafile: “Giá sul nascere, quando gli incipienti sogni dei pionieri erano ancora lontani dalla realtà odierna, la Voce si affacciava alla vita con concetti intesi a rompere gli oscuri e lamentosi cliché entro cui si trascinavano le miserie dell’emigrazione. Era, l’impegno della Voce, quello di riscattare i valori che – mortificati dalla ignoranza, l’incomprensione e i bassi interessi – si trascinavano per il mondo i condannati da bisogni essenziali e impellenti a disertare dalla patria incapace di appagarli”.

E del giornale Bafile fece anche uno strumento di difesa degli italiani, negli anni degli abusi polizieschi sotto la dittatura di Peter Jimenez. Come il caso della scomparsa nel nulla, nel 1955 a Caracas, di sette siciliani.

Bafile condusse una spericolata inchiesta, sfidando a viso aperto il regime e gli sgherri sanguinari della Seguridad Nacional, al fine di salvare l’onore infangato dei nostri connazionali, accusati ingiustamente di crimini inesistenti da un regime corrotto.

Al terribile episodio Gaetano Bafile dedicò poi il libro documento “Inchiesta a Caracas”, pubblicato nel 1989 dall’editore Sellerio di Palermo, con prefazione di Gabriel Garcia Marquez, che  a Bafile dedico pagine nel racconto “Un giornalista felice e sconosciuto."

Scrive Marquez:

  " Nell'angusto e disordinato ufficio che in quel tempo serviva da redazione, direzione ed amministrazione a "La Voce d'Italia", uno dei giornali in lingua italiana che escono a Caracas, il direttore Attilio M. Cecchini, un giornalista che sembra piuttosto, grazie al suo fisico, un rubacuori del cinema italiano, prese a cura personalmente la misteriosa scomparsa dei suoi sette compatrioti. Dopo una riunione non ufficiale col suo capo di redazione, Gaetano Bafile, decise di indagare a fondo per conto del giornale e senza ricorrere alla polizia, finché non avesse scoperto la verità. Con l'ostinato e minuzioso metodo del giornalista italiano, che è capace di montare un tremendo scandalo partendo da un cadavere modesto come quello di Wilma Montesi, ma che in ogni caso riesce ad arrivare sempre prima dei detectives al nodo del problema, Bafile dedicò parecchie settimane a seguire, passo passo, le ultime piste percorse a Caracas dai sette compatrioti scomparsi. Ma nel 1955, con la città controllata dai 5.000 occhi di Pedro Estrada, le conclusioni a cui giunse il giornalista erano un biglietto senza ritorno verso la morte. Un funzionario di polizia, che si accorse dei progressi di Bafile nelle indagini, lo prevenne cordialmente: "Non cammini sulla dinamite".  

Nel corso della sua carriera Gaetano Bafile ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui, primo cittadino italiano, l’Orden del Libertador, la più alta onorificenza concessa dal governo venezuelano.  Nel 2004 è stato insignito del il Premio per gli italiani nel mondo. La città dell’Aquila gli ha conferito la cittadinanza onoraria.

   

Al  nostro microfono il ricordo del giornalista del Messaggero Angelo de Nicola, e di Gianfranco Di Giacomantonio, editore di abruzzo24ore.tv. A seguire un intervista realizzata nel 2007 da abruzzo24ore.tv in occasione del conferimento dei premio "Fedeltà al lavoro. 

 

FT


INTERVISTA DI ANGELO DE NICOLA  AD ATTILIO CECCHINI, AMICO E COLLEGA DI  GAETANO BAFILE

IL SITO DELLA VOCE D'ITALIA



Dal Corriere della Sera dell' 11 aprile 1994

BAFILE, IL GIORNALISTA CHE SFIDO' IL REGIME E DIVENTO' UN EROE DI GARCIA MARQUEZ

di Chierici Maurizio

 

"Quando arrivo' la telefonata stavo scostando la macchina da scrivere: lavoro finito. Cominciava la mia sera di allegria. Ma fui sommerso da un torrente di parole in uno spagnolo che rivelava l' origine siciliana: "Mandate subito un giornalista davanti all' edificio Roma...".

Non fu possibile sapere altro". Gaetano Bafile era venuto a fare il giornalista in Venezuela quasi per caso: viaggio premio de Il Messaggero per i servizi dall' Italia che rinasceva nel Sud.

Sbarca nel 1949, quando il petrolio fa crescere i grattacieli di Caracas. Lavoro per tutti, tasse per nessuno. Bafile non parte piu' . E subito si accorge di una cosa: manca un giornale per gli emigranti. Nasce La voce d' Italia.

L' edificio Roma dove Bafile sta correndo, e' una delle Piccole Italie con ristoranti che si chiamano "Sole d' Abruzzo", negozi, caffe' e strade nelle quali si mescolano i dialetti mediterranei al castigliano degli studenti di medicina. Attorno, gru e bulldozer sgretolano la capitale della vecchia colonia. Sta nascendo la citta' del futuro. L' urgenza della telefonata non si rivela cosi' tempestiva.

Calogero Bacino, 31 anni, ciabattino di Lucca Sicula, un affabulatore attorno al quale si raccoglie il quartiere per ascoltare le novita' del Paese lontano; Calogero e' uscito il giorno prima, le quattro del pomeriggio, maniche di camicia e ciabatte. Lo accompagnava un signore col quale aveva parlato a lungo nella bottega, era entrato con una lettera per Rosario Valenti. La mandava un certo Giuseppe Ferrantelli. "Non conosco ne' l' uno, ne' l' altro", ha risposto Bacino che diffidava degli sconosciuti.

Nell' uscire il ciabattino si e' voltato verso gli amici. Occhiata che voleva dire: torno subito. Non era tornato. Una ragazza vagabonda racconta qualcosa a Bafile. Sottovoce, quasi spaventata. C' e' chi ha visto Bacino spinto su una camionetta partita in gran fretta.

Sul desco abbandonato svolazza un calendario fissato sulla data del giorno precedente: sabato, 13 aprile 1954. "Ma e' una notizia?", pensa Bafile tornando al giornale. Poco lontano dalla tipografia di Ultimas Noticias si allargano le baracche di un quartiere di siciliani: La Trilla.

Bafile chiede a un uomo della favela: "Come faccio a sapere dov' e' finito Calogero Bacino?". L' uomo riceve la domanda come una sciagura: "Perche' lo chiedi proprio a me?". Quando si ha cosi' paura pensa Bafile . La ragione e' sempre la stessa. C' e' di mezzo la Seguridad Nacional, polizia segreta sistemata in un palazzo tozzo e grigio. Chi entra quasi mai puo' raccontare cosa c' e' dietro.

Aguzzini senza faccia riescono a far dire qualsiasi cosa a chi sparisce nelle celle. Sparire per non tornare quasi mai. Sono le regole dettate dal capo della polizia, Pedro Estrada, e dal suo braccio destro, un nero isterico e feroce: Miguel Silvio Sanz.

Loro garantiscono la sicurezza al regime militare del generale Marcos Perez Jimenez, presidente dal ' 48, dopo un colpo di Stato. I curiosi, tipo Bafile, non sono ben visti dalla Seguridad: ha scritto sulla tortura e si e' battuto per liberare dall' ombra di un delitto che non aveva commesso (del quale la Seguridad lo incolpava) lo scenografo italiano Angelo Zagone. "Bravo, ti credi Maigret?" e' il rimprovero di un poliziotto che l' ha convocato nel terribile palazzo. Alle sue spalle un fucile, il machete, il ritratto della Vergine del Coronado e la scritta "Dio, Patria e Ideale Nazionale". Per cercare il suo siciliano, Bafile va all' ambasciata. "Un altro?", l' impiegato sembra affranto. "Ormai sono sette. Spariti da febbraio a oggi. Tutti siciliani, parenti o amici o compagni di lavoro". Oltre a Bacino e' finito in niente Giuseppe Ferrantelli, 24 anni; Bernardo Piazza, 23; Rosario La Porta, 27. A denunciare la scomparsa di La Porta, e' arrivato al consolato, il 12 aprile, Rosario Valenti, anche lui di Burgio, stesso angolo di Sicilia. Poi Valenti svanisce assieme allo zio Melchiorre Polizzi che fa il sarto ed ha 38 anni. "Cosa sta succedendo?".

Bafile e' sbalordito. "Il console ne ha parlato con l' ambasciatore. Difficile sapere, dopo quanto e' successo al nostro avvocato Franco D' Appolito ...". Adesso Bafile sa di avere in mano una notizia. L' avvocato e' andato a cercare i siciliani nelle carceri comuni. Porte chiuse in faccia. Va alla Seguridad: aspetta in anticamera per ore l' arrivo di Sanz, il nero dalla mano rubusta. "Non ho tempo da perdere", risponde fra i gorilla. "L' ambasciatore d' Italia e' preoccupato...". Non lo lascia finire. "Sappia il suo ambasciatore . grida puntandogli il sigaro fra gli occhi . che nessuno puo' immischiarsi nelle nostre faccende". "Sono scomparsi dei cittadini italiani, avremmo diritto a una spiegazione ". "Spiegazione?", Sanz e' furibondo. "Arrestatelo...", ordina ai gorilla. Dopo qualche ora interviene l' ambasciata e l' avvocato torna libero. Sanz lo incontra per le scale mentre lascia il palazzo. "Fuori dai coglioni", urla, prendendolo a calci.

Quando Bafile si riaffaccia a La voce d' Italia, il direttore Mario Cecchini deve dirgli qualcosa: al bar Roma lo aspetta l' avvocato Alfredo Floridia, italo venezuelano. Aveva importato la Vespa in Venezuela, ed era finito in disgrazia per le complicazioni di un divorzio. Storie di figli rapiti. Floridia conosce un agente introdotto alla Seguridad: per 10 mila bolivares puo' tirare fuori Bacino. "I parenti del calzolaio raccolgano i soldi...", ma quando i soldi ci sono, l' agente si tira in dietro: "Troppo pericoloso".

A La voce d' Italia un mattino spunta un altro siciliano: Filippo Manzullo, anche lui di Burgio. E' disfatto dalle botte. Esce da una cella della Seguridad. "Per il momento sono libero...". Ha visto il calzolaio, piagato, irriconoscibile. "E' la' ; non sa perche' ". Ma il dramma sembra sciogliersi: Bacino riappare all' improvviso, camicia, e ciabatte, proprio com' era uscito. Cerca il libretto di risparmio sul quale ha accumulato 310 mila bolivares, anni di sudore in Argentina e Venezuela. L' agente che lo accompagna glielo strappa di mano. Si rivolge ai due nipoti del ciabattino, Giovanni Saccaro e Sante Palmieri: "Prendete la valigia e montate sulla camionetta". Poi ordina all' autista: "Alla Guaira", il porto di Caracas, 40 chilometri sotto la citta' . Un amico che assiste alla scena, prende la macchina e corre sulla banchina, almeno per salutarli prima della partenza. Arriva e aspetta. Zio e nipoti non arrivano mai. Bafile, paziente e un po' impaurito, ricomincia da queste novita' . Torna in carcere. Conosce un salesiano che assiste i prigionieri: Giuseppe Pinaffo. Col padre gira i corridoi, incontra italiani dal viso segnato. "Ti hanno sistemato". "Quasi come i siciliani...". "Bacino?". "I nipoti. Segregati in una cella sotterranea. Dai ragazzi volevano una dichiarazione firmata: "Nostro zio si e' suicidato".

Bafile si rifa' vivo con la ragazza vagabonda, quella che aveva subito parlato del calzolaio rapito. Adesso e' spaventata: "Vai alla pensione Libanese dove abitavano i piu' giovani. Non posso dire di piu' ". La stessa paura angoscia la padrona della pensione quando Bafile chiede dove siano finiti certi ospiti: Ferrantelli, Valenti, La Porta, Piazza. "Li hanno arrestati", un filo di voce. Appena il giornalista torna in strada, una ragazza gli si aggrappa al braccio: "Sono la fidanzata di Rosario Valenti. Li avevamo avvisati che la Seguridad li teneva d' occhio, ma Ferrantelli si era messo a ridere tirando fuori un pacco di soldi, "Con le nostre amicizie non abbiamo paura di niente". Invece li hanno portati via". "Tutti?". "Rosario no. Era fuori con me. Si e' salvato". Poi si lascia sfuggire qualcosa che sorprende Bafile: "Un complotto contro il governo: i poliziotti dicevano cosi' ". Valenti si e' nascosto da uno zio che fa il sarto, Melchiorre Polizzi. Resta li' finche' un giorno dal carcere esce il famoso biglietto di Ferrantelli portato per sbaglio al povero calzolaio: "Rosario, parla con la Signora che sa come farci liberare. Non perdere tempo". E Rosario telefona alla Signora. Questa Signora gestisce l' agenzia Capri che facilita pratiche per viaggi e rinnovo documenti. Una bellezza che sta sfiorendo: viene dall' Abruzzo, ha appena lasciato un marito ufficiale di polizia. Vive con un portoghese spia della Seguridad.

I siciliani la conoscono bene. Mezz' ora dopo la Signora bussa alla porta di Valenti. "Dammi i soldi per il biglietto e il passaporto. Devi scappare. Ci penso io". Passano due giorni, la Signora si fa viva: "Tutto pronto. Andiamo assieme al ministero". Valenti esce di corsa, ed esce per sempre. Quando lo zio lo va a cercare all' agenzia, la Signora sembra allarmata: "Lei mi compromette. Se ne vada. L' ufficio e' sorvegliato". Proprio come gli altri, Polizzi sparisce nel nulla. Mentre Bafile mette assieme gli elementi di un giallo senza spiegazione, riceve la visita di uno strano giovanotto. Siciliano. Gli consegna una busta e una pistola: "D' ora in avanti ne avra' bisogno". Altra lettera che esce dal carcere: la scrive l' avvocato Alfredo Floridia. Continuano le disavventure del divorzio. "E' la chiave del giallo. Una spiegazione incredibile: chiude i dubbi, ma apre un altro incubo": Gaetano Bafile lo ricorda 40 anni dopo.

Jime' nez e' un dittatore ossessionato dai complotti. Gli uomini della Seguridad riescono a farlo felice solo quando gli portano la confessione di golpisti mancati. Allora promozioni, regali. Ma non e' facile alimentare questa macchina in un Paese controllato come un carcere. Allora inventano trappole. In una delle trappole finiscono i siciliani. La trappola e' l' agenzia della Signora. Il portoghese, suo compagno, comincia ad abbindolarli: esalta i vantaggi di avere in tasca il tesserino della Seguridad. Un giorno lancia l' amo. C' e' un colonnello della polizia che vorrebbe conoscere Ferrantelli e Vincenzo Piazza. Si incontrano: "Si tratta di una missione speciale. Servono uomini giovani e coraggiosi. Il compenso, una fortuna: 400 mila bolivares. Prima vi allenate al poligono della polizia. Quando siete pronti, saprete". Ferrantelli recluta Rosario Valenti e gli altri. Ma torna dal colonnello: pretende subito un mensile di 1.500 bolivares. Non sa che la Signora e il portoghese hanno intascato 1.200 bolivares per ogni siciliano "venduto". Poi le cose precipitano: muore il padre e Ferrantelli chiede il permesso di tornare in Sicilia per il funerale. Il piano viene accelerato. I poveri emigranti devono firmare un documento che li impegna in un' impresa senza nome. Non leggono e siglano le carte: una specie di confessione. Scatta l' arresto. "Salvateli . implora Floridia dal carcere . stanno per farli sparire".

Per salvarli Bafile scrive un articolo. Adesso la sua vita e' davvero in pericolo. All' ambasciata italiana sono furibondi. Si sta per inaugurare la fiera "Italia produce". Per onorare Sua Eccellenza Jimenez, sbarca da Roma il ministro Bernardo Mattarella con una valigia piena di decorazioni. Silvana Pampanini fa impazzire Caracas sulla Chevrolet grigio azzurra che la moglie del dittatore le ha prestato. Bafile e' sempre piu' solo, assieme a Mario Cecchini, direttore de La voce. Un funzionario dell' ambasciata al quale chiede una protesta ufficiale per salvare i siciliani, allarga la mano verso i fascicoli stesi sul tavolo: "Ci sono commesse che valgono centinaia di milioni di dollari: dighe, ponti, strade, navi militari. Una ricchezza per il nostro Paese. Ritiene giusto provocare un incidente che faccia saltare questo ben di Dio?". Si affaccia l' ambasciatore, Julio Giusti del Giardino: "Come uomo sono d' accordo con lei. Come ambasciatore ho le mani legate". Mesi d' angoscia. Nel registro della Seguridad, per Bafile e' previsto un "incidente". Si salva per caso. Poi la rivolta contro la dittatura. Il 22 gennaio 1957, Jime' nez scappa a Santo Domingo. Il Venezuela torna libero; Bafile torna a cercare. Nel carcere di Los Dos Caminos, la moglie di un guardiano racconta come sono morti i siciliani. Un po' avvelenati, gli altri fucilati. I corpi chiusi in sacchi di tela, spinti nella corrente dell' Orinoco.


 

 



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