Ergastolo ostativo, la Grand Chambre, Corte europea diritti cittadini, boccia il ricorso dell'Italia

09 Ottobre 2019   10:41  

La Grand Chambre della Corte Europea dei Diritti Umani, che non è legata all'Ue ma al Consiglio d'Europa, ha respinto ieri, tra gli altri, il ricorso presentato dall'Italia contro la sentenza del 13 giugno 2019 sul cosiddetto ergastolo ostativo, cioè il carcere a vita che non prevede benefici né sconti di pena, applicato in Italia per reati gravissimi come l'associazione mafiosa o il terrorismo, in assenza di collaborazione con la giustizia da parte del condannato.

Lo ha comunicato la Corte, con quella sentenza, che riguardava il caso di Marcello Viola, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che la condanna al carcere a vita "irriducibile" inflitta al ricorrente viola l'articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti umani.

Il ricorrente all'alta Corte è Marcello Viola, fino al giugno scorso era detenuto nel carcere di Sulmona, nell'Aquilano, dove sconta condanne per reati tra i quali associazione mafiosa, omicidio, sequestro di persona, detenzione illegale di armi da fuoco. Tra il 2000 e il 2006 è stato sottoposto al regime carcerario speciale 41 bis; il 14 marzo 2006 il Tribunale di Sorveglianza ha accolto un ricorso di Viola e ha posto fine al 41 bis. Viola ha poi chiesto di poter lasciare il carcere con un permesso per due volte; in entrambi i casi la richiesta è stata respinta, perché il condannato non aveva collaborato con la giustizia, né era stato accertato che avesse rescisso i legami con l'associazione criminale.
 
Nel 2015 il detenuto ha fatto ricorso, invano, poiché la concessione di permessi è condizionata alla collaborazione con la giustizia e all'interruzione permanente dei legami con la mafia; anche la Corte di Cassazione, il 22 marzo 2016, ha respinto le richieste di Viola.
 
Il condannato ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, che fa capo al Consiglio d'Europa, organizzazione internazionale che conta 47 Stati membri (da non confondersi con il Consiglio Ue e con il Consiglio Europeo, istituzioni dell'Ue), e non all'Unione Europea, sostenendo che l'ergastolo "irriducibile" viola l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, che proibisce i trattamenti inumani e degradanti, e l'articolo 8, che prevede il rispetto per la vita privata e familiare.

Per il detenuto, il regime carcerario cui è sottoposto è "incompatibile" con l'obiettivo della riabilitazione e della reintegrazione sociale del reo. Il ricorso alla Corte è stato depositato il 12 dicembre 2016.

Nella sentenza del 13 giugno scorso, contro la quale l'Italia ha fatto ricorso, ricorso che oggi è stato respinto, la Corte riconosceva che la legge italiana offre la scelta al condannato se collaborare o meno con le autorità giudiziarie (nel caso in cui il condannato collabori, l'ergastolo ostativo non si applica più, quindi un modo per modificarlo c'è).

I giudici, tuttavia, nutrono "dubbi circa la natura libera di quella scelta e sul fatto se sia appropriato equiparare la mancanza di collaborazione con la pericolosità sociale del detenuto". Infatti, scrive ancora la Corte citando una parte terza, "la principale ragione per cui i detenuti rifiutano di collaborare è il timore di mettere in pericolo le vite proprie o quelle dei loro familiari".


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