Israele conclude le operazioni navali, attivisti diretti al carcere Ketziot; Tajani aggiorna: quaranta italiani fermati, espulsioni collettive e rientri organizzati con voli europei, la prossima.
Il trasferimento verso Ashdod è iniziato. Dopo l’intercettazione in mare della Global Sumud Flotilla, le autorità israeliane hanno avviato le procedure di sbarco e identificazione degli attivisti, in vista dell’espulsione. A confermarlo è il ministro degli Esteri Antonio Tajani, secondo cui il numero degli italiani fermati è salito a 40: tutti “in buone condizioni”, assistiti dalle sedi consolari e destinati al rimpatrio a breve, con scalo in capitali europee individuate d’intesa con Tel Aviv.
Secondo il quadro operativo tracciato dai media locali, reparti della Shayetet 13 hanno abbordato circa 40 imbarcazioni sulle 47 del convoglio, conducendo a terra diverse centinaia di persone. Il ministero degli Esteri israeliano parla di passeggeri “sani e in buona salute” e anticipa procedure di allontanamento verso l’Europa. Alcuni gruppi restano ancora in navigazione ma vengono monitorati dalla Marina per impedirne l’accesso alla zona di blocco navale.
Dal fronte degli organizzatori arrivano accuse pesanti: la Global Sumud Flotilla denuncia intercettazioni illegali in acque internazionali, il “rapimento” di centinaia di volontari e il trasferimento su una grande unità militare identificata come MSC Johannesburg. Gli avvocati di Adalah, che rappresentano una parte dei partecipanti, riferiscono di aggiornamenti minimi e attendono l’arrivo dei fermati ad Ashdod per seguirne il percorso legale, che includerebbe un passaggio in un tribunale speciale per i rifiuti di espulsione.
La versione ufficiale di Israele definisce la missione una “provocazione” fallita: nessuna imbarcazione sarebbe riuscita a infrangere il blocco o a entrare nella zona di combattimento al largo di Gaza. “I passeggeri sono diretti in sicurezza in Israele, da dove saranno deportati”, si legge nei messaggi diffusi sui canali social del dicastero. Tra i fermati compaiono anche esponenti politici europei e l’attivista Greta Thunberg, poi mostrata in buone condizioni.
La rotta della Flotilla ha intanto alimentato mobilitazioni a catena. Dalla località turca di Arsuz sono salpate 45 piccole barche “di supporto” con attivisti e bandiere turche e palestinesi, mentre in Italia sindacati e associazioni hanno annunciato cortei e una giornata di sciopero in segno di solidarietà. Le piazze si sono già accese in diverse città; il governo italiano segue i rientri e ribadisce la priorità della sicurezza dei connazionali.
Sul terreno giuridico si apre il capitolo detenzione–espulsione. In base alla prassi ricostruita da Reuters con fonti legali, i partecipanti vengono identificati al porto, quindi trattenuti e sottoposti a provvedimenti collettivi di allontanamento; chi rifiuta può finire davanti a un giudice amministrativo per l’ordine di respingimento. Nelle ultime ore, fonti diplomatiche indicano finestre logistiche già tra venerdì e i giorni successivi, compatibilmente con la gestione dei voli charter.
Restano zone d’ombra. Attivisti e media panarabi hanno parlato di due barche — la Fair Lady e la Marinette — ancora in rotta, e della nave Mikeno che avrebbe lambito le acque di Gaza prima di perdere i contatti. L’Idf smentisce ingressi nelle acque sotto controllo israeliano e conferma l’intercettazione in mare aperto. Un mosaico di versioni che sarà chiarito solo con l’arrivo di tutti i fermati a terra.
Sullo sfondo, la politica europea si muove con cautela. Il premier spagnolo Pedro Sánchez esprime solidarietà e chiede il rientro sicuro degli attivisti, mentre Turchia e altri Paesi annunciano iniziative diplomatiche dopo la detenzione dei propri cittadini. Nel frattempo, Francia e Italia confermano di aver seguito parte della traversata con proprie unità, invitando tuttavia gli equipaggi a desistere per ragioni di sicurezza.
Il punto fermo, adesso, è l’approdo a Ashdod. Da lì scatteranno i convogli verso il Negev e il grande complesso di Ketziot, dove gli attivisti verranno presi in carico dal personale penitenziario in attesa delle procedure di espulsione o dell’eventuale ricorso. Tra rimpalli di responsabilità e retoriche contrapposte, la crisi resta incandescente: tra diritto internazionale, blocco navale e tutela consolare, il caso Flotilla è destinato a dominare ancora il dibattito pubblico.