Forse conveniva chiudere bottega!

Riceviamo e pubblichiamo

18 Gennaio 2010   11:53  

Riceviamo la lettera di Gianni, un commerciante aquilano che ha riaperto immediatamente dopo il sisma la sua attività commerciale tra mille problemi e ancora più spese.

Gentile direttore,

sono Gianni, un commerciante aquilano che per amor del suo lavoro ha investito quei pochi risparmi che negli anni aveva "messo da parte" per riniziare la sua attività già dai primi di maggio.

Mai errore fu più grande!

Da allora sono nati i guai:

1) trovare un buco dove riaprire è stata la cosa più semplice, ho ordinato subito un container e provveduto ad installarlo in un terreno di mia proprietà nell'immediata periferia cittadina;

2) spostare tutta la merce dal negozio al container e riadattare tutti gli espositori, gli spazi alla nuova realtà;

3) pubblicizzare la riapertura, la nuova sede;

4) continuare a lavorare anche se il fatturato era ridicolo.

Perchè l'ho fatto?

Perchè ripartire significava la mia vita e quella della mia città, perchè tutti i politicanti locali ce lo continuavano a ripetere, perchè senza far nulla non so stare, perchè i miei commessi non volevo "mandarli via" o metterli in cassa integrazione in attesa di licenziarli appena questa finiva.

Che obiettivi mi ero prefissato?

Riniziare a lavorare per me ed i miei lavoratori era il modo migliore di tornare alla vita, di riacquistare una normalità, di fare qualcosa di utile.

Inoltre si parlava di rimborsi sul fatturato, di contributi speciali per chi, come me, aveva investito di tasca sua per far "girare" l'economia cittadina anche rimettendoci soldi propri, soldi che servivano per la famiglia, soldi guadagnati in anni di duro lavoro.

Riaprire è stato, e lo sapevo, anti-economico, scomodo, il mio commercialista mi ha caldamente sconsigliato, "il tuo settore non è la ristorazione o l'edilizia, la tua posizione non è in un grande centro commerciale (e chi se lo poteva permettere), chiudi, mettiti a carico della Protezione Civile e aspetta così il mancato guadagno ugualmente".

Non ho voluto ascoltarlo e sono andato avanti.

Epilogo

Oggi ho letto il BURA (Bollettino ufficiale Regione Abruzzo ndr.), ansioso per conoscere che incentivi regionali ci fossero per me che ero andato in perdita per tutto il tempo.

L'ansia è rimasta, ma per quello che ho letto.

Aveva ragione il commercialista, a me non tocca nulla, io ho fatturato (ridicolo non ci faccio neanche le spese), io non ho chiuso.

Quindi chi come me non ha fatto le migliaia di euro con panini e bibite o lavori edili, ma ha tenuto duro, combattuto contro tutti i problemi che si presentavano in un territorio come questo, che ha investito (in perdita) i propri risparmi non avrà nulla.

Al contrario chi è stato a spese della Protezione Civile (cioè a spese del contribuente) che non ha voluto riaprire (c'è anche chi non ha potuto e a loro va la mia solidarietà) adesso riceverà rimborsi a quattro o cinque zeri.

Ecco cos'è ancora L'Aquila, neanche il terremoto l'ha smossa, come al solito chi cerca di fare viene sempre fermato da chi non può o non vuol fare.

In ultimo un appello al Presidente Chiodi, che riveda la politica assistenzialista dei finaziamenti, che si privilegi chi ha riaperto e si penalizzi chi poteva ma non ha riaperto per meri interessi d'azienda, infischiandosene che poi la città avrebbe "stentato a ripartire".

Non so fino a quando potrò tenere duro, come al soltio la mia caparbietà e voglia di fare mi ha penalizzato nella mia città, forse altrove...

 

Lettera firmata

 


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