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NAZIROCK
Un film documentario di Claudio Lazzaro
(Durata:75 min. Supporto: Digibeta o DVD)
L’estrema destra vista dall’interno:
la sua musica, i capi, le alleanze, i rituali,
lo sdoganamento politico che sta aprendo ai nazifascisti italiani le porte
del potere istituzionale.
La destra radicale in Italia può raggiungere il mezzo milione di voti e diventare determinante, in un quadro politico in cui ne bastano 25.000 a decidere chi governerà il Paese. Per questo viene sdoganata.
NAZIROCK racconta questo passaggio politico, usando come filo conduttore le band che infarciscono di testi fascisti la loro musica skin, oi, white power e punkadestra.
Il film apre con le immagini
dei “due milioni” convocati
a Roma dall’opposizione al governo Prodi, il 2 dicembre 2006, ma
soprattutto racconta la Nashville dell’estrema destra: una grande
manifestazione, organizzata da Forza Nuova, il movimento guidato da Roberto
Fiore (condannato a nove anni per banda armata), che si è svolta
a Viterbo, nel Lazio, con la partecipazione dei principali gruppi rock
assieme a militanti e a leaders provenienti da Spagna, Germania, Francia,
Grecia, Libano e Romania.
Alla manifestazione di Forza Nuova si vendono decalcomanie filonaziste,
stemmi con la faccia di Hitler da applicare alle felpe, testi negazionisti
che non temono di sfoggiare in copertina titoli come “Auschwitz:
fine di una leggenda”.
Dal palco ascoltiamo politici e intellettuali provenienti dalla Germania,
dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Romania, discettare di “cataclisma
multirazziale” e “Uomo Nuovo di fronte alla Decadenza”.
Assistiamo fino a notte fonda, nel grande hangar che di giorno ospita i
dibattiti, allo spettacolo dei concerti rock: una folla a braccio teso
nel saluto nazifascista, giovani che srotolano un grande striscione, accuratamente
stampato. Il testo, in caratteri cubitali: “PIU’ NAZISMO PER
TUTTI”.
Tra i relatori, a Viterbo, forse il più applaudito è Luigi
Ciavardini, condannato a 30 anni per la strage di Bologna, che dieci giorni
dopo il suo intervento al Campo d’Azione viene arrestato per rapina.
Appassionato anche l’intervento di Andrea Insabato, condannato a
12 anni, poi ridotti a 6, per l’attentato dinamitardo alla sede del
Manifesto. Mentre gli Hobbit intonano un inno allucinato alla violenza
negli stadi “Frana/la curva frana/sulla polizia italiana” che
anticipa, e sembra invocare, gli scontri sanguinosi di Catania e la morte
dell’ispettore Filippo Raciti
Ma ancora più interessanti e rivelatrici sono le interviste ai giovani
che partecipano al meeting politico, facce da proletari, ragazzi che non
hanno occhi cattivi, ma che potrebbero fare cose molto cattive, guidati
da chi sa strumentalizzare la loro voglia di giustizia e la loro ignoranza
a volte abissale. Li ascoltiamo senza commentare, li guardiamo, nel montaggio
alternato coi brani nazirock, inframezzati ai materiali di repertorio che
ricordano gli orrori e le distruzioni provocati da un’ideologia portatrice
di morte e vergogna.
Un incubo che lascia spiazzati, perché la domanda è sempre
la stessa: “Possibile che la storia non riesca a insegnare nulla?”
Piccoli film che non dovrebbero
esserci -
di Claudio Lazzaro
dal libro "Ho il cuore nero"
Nazirock lo vedo come il secondo
episodio di una trilogia. Anche se il terzo film non lo farò mai.
In questo documentario, il secondo, racconto dall’interno la destra radicale,
soprattutto i giovani, ma anche i cattivi maestri, quelli che stanno entrando
nelle stanze del potere o ci sono già entrati, quelli che mostrano due
facce, una istituzionale e una eversiva, quelli che lavorano in collegamento
con l’estrema destra nazifascista europea.
Uso come filo conduttore la musica rock perché voglio parlare soprattutto
ai ragazzi. In questo viaggio ne ho incontrati tanti che non sanno nulla. Non
hanno occhi cattivi, ma sono pronti a fare - a “rifare” - cose molto
cattive. Perché non conoscono la storia. Oppure credono di conoscerla,
ma è solo un falso, spacciato nel caos mediatico di internet.
Ci sono una trentina di band in Italia, alcune di buon livello, che macinano
un rock infarcito di xenofobia, razzismo, incitazioni alla violenza, richiami
nostalgici ai tempi della svastica e del saluto romano. Attenzione: dove esiste
espressione artistica, anche se rudimentale, esiste identità. Nazirock
vuole mostrare le origini di questa identità.
Perché lo considero un secondo episodio? Perché sviluppa temi che
avevo già affrontato in Camicie Verdi, due anni, fa quando avevo lasciato
il Corriere della Sera per mettermi a fare documentari.
Camicie Verdi raccontava la pancia eversiva della Lega Nord. Il messaggio era
semplice. Chiedete la secessione? Fate pure. Ma razzismo e incitazione alla violenza
quelli no. Ci sono confini, paletti, in democrazia, che non si possono abbattere
e superare.
Gli stessi che difende Nazirock. Volete lottare a destra della destra? Ci mancherebbe.
Siamo in democrazia. Ma l’incitamento all’odio razziale e alla violenza
contro le istituzioni, l’antisemitismo, la negazione strumentale e velenosa
della storia, ecco, questo neppure una democrazia se lo può permettere,
se vuole sopravvivere
I paletti che avrebbe dovuto difendere il terzo episodio della trilogia sono
quelli piantati da Montesquieu nel 1748 e che ancora oggi definiscono i confini
di un governo democratico.
“Ogni uomo che ha potere è portato ad abusarne finchè non
incontra dei limiti”, avverte il filosofo enciclopedista. Questo rende
necessaria una rigorosa divisione e autonomia dei poteri, esecutivo, legislativo
e giudiziario. Ma oggi il principale protagonista della politica italiana ha
usato e forse tornerà a usare il legislativo per impedire al giudiziario
di dare fastidio all’esecutivo. E nel contempo si tiene stretto il controllo
quasi totale di un quarto potere, quello dell’informazione, che ai tempi
di Montesquieu non esisteva e oggi, in linea di tendenza, finirà col pesare
più della somma degli altri tre.
Insomma il terzo film avrebbe dovuto occuparsi di Silvio Berlusconi. Ma non credo
che lo metterò in cantiere: autorevoli consulenti mi hanno spiegato che
la potenza di fuoco dei suoi studi legali, se facessi il film che ho in testa
di fare, mi raderebbe al suolo e mi spedirebbe dormire nei cartoni.
Nazirock comunque gli dedica un siparietto. Lo vediamo trionfante a Roma, il
2 dicembre del 2006, alla manifestazione dei 2 milioni in Piazza San Giovanni,
e accanto a lui, sul palco degli oratori, Luca Romagnoli, il leader della Fiamma
Tricolore, quello che interrogato sulle camere a gas risponde testualmente “Non
ho nessun mezzo per poter affermare o negare”. Proprio lui, il negazionista
erede di Pino Rauti, stava lì sul palco affettuosamente accolto dall’uomo
più potente d’Italia. E c’era Alessandra Mussolini. E Gianfranco
Fini, che spiegava alle masse, scandendo per bene le parole, quale fosse stato “il
capolavoro, l’autentico capolavoro politico” di Silvio Berlusconi:
non solo sdoganare la destra rappresentata da Alleanza Nazionale – riassumo – ma
accogliere, dare una casa, anche al filone di destra che si ritrova in altre
formazioni. Come appunto la Fiamma Tricolore e tra poco, perché no, il
cartello delle destre promosso fino al 2006 da Alessandra Mussolini, compreso
Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, condannato a nove anni per banda armata.
E queste cose, queste persone, queste parole, non hanno suscitato scandalo, non
sono diventate oggetto di commenti allarmati. C’erano centinai di telecamere
a filmare tutto, centinaia di giornalisti coi loro tacquini. Tutto normale, tranquillo.
Questo spiega la difficoltà di fare informazione oggi nel nostro Paese.
Spiega l’importanza di piccoli film, montati in casa, realizzati con troupe
spesso costituite da una sola persona. Film che non dovrebbero esserci, secondo
il sistema dominante e istituzionale della comunicazione.
Nazirock racconta un raduno, un “campo d’azione” di Forza Nuova,
mostra i ragazzi della destra estrema. Ma i due territori, questo e quello di
Camicie Verdi, sono collegati. Quando nel primo documentario intervisto Mario
Borghezio in ospedale, appena sfuggito al linciaggio degli autonomi, e gli chiedo
quali politici lo abbiano chiamato. Lui, mogio, risponde: “Soltanto due,
Roberto Fiore e Alessandra Mussolini”.
Proprio girando Camicie Verdi, nel profondo Nord, mi sono imbattuto nei gruppi
rock nazifascisti. Ho scoperto il musicista e attivista Piero Puschiavo, fondatore
del Veneto Fronte Skinheads, che a sua volta riconosce come padre spirituale
l’inglese Ian Stuart Donaldson, nato a Blackpool nel 1950, morto nel 1993
in un incidente stradale. Di Adolf Hitler, Ian Stuart diceva: “Ammiro tutto
ciò che ha fatto, tranne una cosa. Perdere”.
Piero Puschiavo oggi è membro del Comitato centrale del Movimento Sociale
Fiamma Tricolore. Non l’ho riconosciuto sul palco con Romagnoli, alla manifestazione
dei due milioni, ma un posto gli spettava.
Da quella manifestazione, un anno dopo, c’è stato un rimescolamento
di carte. Fini sembra puntare al centro, mentre Berlusconi si tiene Storace e
la destra estrema. Di solito è svelto a capire. Il disgusto nei confronti
della classe politica, intesa come casta, che lui stesso ha contribuito a provocare,
si sta diffondendo in forma qualunquista: “Sono tutti uguali”. Uno
schifo che rischia di minare la fiducia nel sistema democratico e spianare la
strada all’uomo forte, cioè al più forte venditore su piazza,
a quello che ha più televisioni per piazzare il prodotto.
L’ottimistica profezia di Indro Montanelli, che l’esperienza di un
governo Berlusconi sarebbe bastata a vaccinare gli italiani, non si è realizzata.
E ci sono altre autorevoli previsioni, in ogni caso, che vedono la destra crescere
in tutto il mondo. Fenomeni inevitabili, come l’immigrazione e la globalizzazione,
tirano da quella parte.
I ragazzi che vediamo salutare a braccio teso nel film hanno le facce dei nuovi
proletari, sono quelli che potrebbero fare gli idraulici, “ma c’è un
polacco che chiede la metà”, quelli che abitano dove l’immigrazione
ha cambiato faccia ai quartieri, che non hanno ricevuto gli strumenti culturali
per surfare l’onda del cambiamento globale e trarne vantaggio. A loro i
cambiamenti rapidi e inarrestabili dell’economia globalizzata fanno paura,
perché ne sono vittime. E a qualcuno devono dare la colpa. Ma spesso confondono
i bersagli. C’è l’industria della paura che li aiuta a sbagliare:
una destra politica, i Fiore, i Borghezio, i Romagnoli, che prospera su rancori
e pregiudizi, fomentandoli.
E non sono soltanto i nuovi poveri a subire il contagio. La paura s’insinua
nelle fasce dominanti. Manca la sicurezza. “Gli stranieri fanno figli,
noi no. Diventeremo minoranza, dovremo rinunciare alla nostra cultura, saremo
spazzati via nel giro di poche generazioni”. Sono questi gli argomenti
su cui punta la destra radicale. Elevare muri, costruire recinti, ripristinare
e rinforzare le barriere di classe, queste le risposte difensive che vengono
proposte.
Una pressione che ai temi della politica affianca quelli presi a prestito dalla
sociobiologia.
A questa pressione la sinistra dovrebbe trovare risposte libere da condizionamenti
ideologici, risposte pratiche ai problemi concreti delle persone. Soprattutto
dovrebbe trovare un linguaggio nuovo, capire che il mondo è cambiato e
che non tornerà indietro, che per difendere i valori della solidarietà,
il diritto al lavoro, il rispetto delle libertà individuali, le pari opportunità senza
distinzioni di classe, insomma per difendere il bagaglio storico della sinistra
democratica, bisogna scaricare come zavorra alcune certezze antiche.
Oggi è perfino difficile a volte distinguere, nella prassi, un comportamento
politico di destra da uno di sinistra. Si vede molta destra a sinistra e può capitare
di scorgere a destra un barlume di quel che cercavi a sinistra. Mancando riferimenti
condivisi non è facile respingere le appropriazioni indebite.
Momenti confusi ci sono sempre stati. Quando il 68 esplode e la contestazione
studentesca si scatena, il 28 febbraio, a Roma, in piazza contro “il sistema” non
c’è solo la sinistra, gli Oreste Scalzone, i Giuliano Ferrara (sedicenne).
Ci sono, dalla stessa parte, anche i “fascisti”. Poi ognuno per la
sua strada. Ma forse non era così diversa la voglia di giustizia.
Dico che bisogna accantonare le differenze? Assolutamente no. Le premesse, la
visione del mondo, i riferimenti culturali, sono molto lontani. Ma quando parlo
coi ragazzi attirati nel “campo d’azione” da Forza Nuova, sono
proprio sicuro che loro abbiano capito queste differenze? La ragazzina che ha
cominciato a fare politica allo stadio, “perché i politici pensano
solo ai loro interessi”, ma anche uno come Martin Avaro, federale di Forza
Nuova per Roma Est, che canta “cuore nero” con la faccia da proletario,
siamo sicuri che abbiano voglia di riconoscersi nelle teorie elitarie di Julius
Evola o negli algidi superomismi di Franco Giorgio Freda? Veramente si pensano,
si vedono, come le nuove aristocrazie, come le gerarchie destinate a costruire
l’Ordine Nuovo? O sono semplicemente ragazzi impauriti che chiedono giustizia?
Le differenze ci sono e vanno spiegate, ma bisogna trovare il linguaggio per
farlo. Bisogna sentire questo dovere. Che invece non si sente.
Il ragazzo che vediamo all’inizio di Nazirock, quello con il tatuaggio
del Duce sul polpaccio, non ha gli occhi cattivi. Ma non sa nulla. “Gli
ebrei deportati a Roma? Non lo sapevo. L’olocausto? Si, ma non erano sei
milioni. Quanti? Uno, al massimo. Chi te l’ha detto? Un sito. Quale? Non
ricordo”.
Se dice e pensa queste cose, di chi è la colpa? Della scuola, della famiglia,
della televisione?
Forse anche di una sinistra che non trova il modo di parlare con lui. Non lo
dico io. Lo diceva Pier Paolo Pasolini (Corriere della Sera, 24 giugno 1974): “Con
i fascisti, parlo soprattutto di quelli giovani, ci siamo comportati razzisticamente:
abbiamo cioè frettolosamente e spietatamente voluto credere che essi fossero
predestinati razzisticamente ad essere fascisti…Nessuno di noi ha mai
parlato con loro o a loro. Li abbiamo subito accettati come rappresentanti inevitabili
del Male”.
Claudio Lazzaro
NAZIROCK- SCHEDA DEL FILM | |
Titolo | NAZIROCK - Come sdoganare la svastica ed i saluti romani |
Regia | Claudio Lazzaro |
Introduzione | C'è una musica nuova che sale dal cuore nero della destra radicale. La suonano i giovani che tifano per Hitler e Mussolini. Anche nella politica italiana c'è una musica nuova: adesso basta un pugno divoti per sdoganare la destra del terrorismo e delle stragi.. |
Produzione | Nobu Productions |
Montaggio | Cecilia Zanuso |
Musiche | Enrico Fink e Antonio Iasevoli |
Fotografia e riprese | Elena Somarè |
Operatore | Antonio Montellanico |
Immagine di copertina | Francesco Gemelli da una foto di Elena Somarè |
Formato video | DVD 4/3 - 1:1,33 - Doppio strato |
Sottotitoli | Inglese - Contenuti Speciali |
Durata | 74 minuti |
Audio | Italiano Dolby Digital 2.0 |
Distribuzione | Feltrinelli Real Cinema |
In vendita presso | Librerie Feltrinelli Internet Bookshop Italia, |
NAZIROCK - Cast tecnico
Claudio Lazzaro | Testi, regia, produzione |
Cecilia Zanuso | Montaggio |
Antonio Montellanico | Operatore |
Elena Somarè | Fotografia e riprese |
Marco Cassini | Assistente operatore |
Francesco Caudullo | Riprese della manifestazione di Catania |
Enrico Fink | E' l'autore della musica che accompagna la sequenza finale "Il ritorno alla fede del cantante jazz" Edizioni Materiali Sonori |
Antonio Iasevoli | Ha composto la musica per due sequenze: "Terrorismo e strategia della tensione" e "Auschvitz: fine di una leggenda" |
Corrado Formigli | E' sua l'intervista a Luca Romagnoli per Controcorrente Sky Tg24 |
Valerio Riboni | Assistente al montaggio |
Michele Russo | Secondo assistente al montaggio |
Patrizia Alletto | Finalizzazione |
Direct2brain | Effetti digitali |
Sam | Sonorizzazione |
Fabio Pagotto, Bruce Morrison | Montaggio presa diretta |
Paolo Segat | Missaggio |
Cinecittà Digital | Postproduzione |
Rino Carlucci | Digital colourist |
Simone Fontana, Stefano Camberini | Online editors |
Archivio audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico | Ha fornito i materiali su terrorismo e strategia della tensione |
Istituto Luce | Ha fornito i materiali sul Nazifascismo |
grazie a: |
|
Stefano De Sando | |
Corrado Formigli | |
David Gallo | |
Eddy Gullotta | |
Giacometta Limentani | |
Marco Loreti | |
Marco Marcacci | |
Gianni Monciotti | |
ErnestoNassi | |
Mimmo Pacifici | |
Carmen Plotino | |
Massimo Rendina | |
Massimo Rendina | |
Alice Roffinengo | |
Michele Santoro | |
Claudia Scandale | |
Mario Schina | |
TG1 | |
Raffaella Transerici | |
Cristiana Turchetti | |
Giuliano Zupi |