Gli esperti di Barca: unica attuale risorsa dell'Aquila sono i dipendenti pubblici

Cronaca di una intensa giornata politica nel capoluogo

28 Settembre 2012   11:12  

L'Aquila: cronaca di un'intesa giornata politica nella città dell'immota manet e del più grande cantiere d'Europa, beninteso ancora a venire.

Il consiglio comunale ha approvato la delibera con la quale si proroga per altri tre anni la possibilità, per i titolari di attività produttive, di ricollocarsi trasferendo le attività medesime in manufatti provvisori, secondo la normativa in vigore. E' stato poi votato un ordine del giorno, proposto dal consigliere Ettore Di Cesare (Appello per L’Aquila), che stabilisce la partecipazione di una delegazione di giunta e Consiglio alla prima udienza del processo che vede imputati tre giovani aquilani, cui viene contestato il reato di resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale nel corso della manifestazione del sette luglio 2011. La delegazione sarà anche presente al presidio che giovedì 4 ottobre alle ore 9 si terrà di fronte al Tribunale di Roma.

A margine dei lavori del consiglio volano intanto fino all'ultimo gli stracci tra Comune e presidente Chiodi, oramai ex-commissario alla ricostruzione. Tuona infatti l'assessore Piero Di Stefano: ''Chiodi a scadenza del suo mandato non ha colpevolmente trasferito ingenti somme già impegnate per la ricostruzione. Ed ora si rischia di vedere bloccati i cantieri delle case, i pochi lavori pubblici avviati, e assistere al fallimento delle piccole ditte aquilane con gravissime ripercussioni anche sull'occupazione''. Algida ma velenosa la replica di Antonio Morgante, già Responsabile della Segreteria del Commissario: '“ Il Comune si assuma le sue responsabilità, il Commissario non c'è più, e non vi sono più alibi, non è più tempo di capri espiatori.''

Dalle baruffe quasi quotidiane, ai grandi scenari dell'Aquila che sarà. L'economista Antonio Calafati e l' architetto e Mario Botta, stretti collaboratori del ministro Fabrizio Barca hanno reso noto i contenuti dello studio commissionato da governo ed Ocse: ''L’Aquila 2030, una strategia di sviluppo economico''. Contenuti a tratti impietosi: L'aquila non è una città turistica, e non lo è mai stata, non è una città industriale e commerciale. Neanche l'università ha mai avuto un peso determinante sul pil cittadino. Anche se è proprio l'università messa in rete con la ricerca è il settore su cui occorre puntare. Attualmente, rivelano gli esperti, l'unica vera risorsa economica è l'amministrazione, gli stipendi più o meno sicuri dei tantissimi dipendenti pubblici.

Niente voli pindarici e pie illusioni, si legge nel rapporto: L'Aquila deve ripartire da quello che è. Un monito realistico, senza dubbio, ma passeggiando in zona rossa, a tre anni e mezzo dal sisma,  non suona certo incoraggiante...

Filippo Tronca 

 

ABSTRACT DELLA RICERCA

“L’AquiLA 2030” unA strAtegiA di sviLuppo economico


Uno strumento per pensare  un ausilio ai processi decisionali
settembre 2012 

 INTRODUZIONE

Come molte altre città italiane, da più di un decennio L’Aquila segue una traiettoria di sviluppo economico molto debole, resa incerta dagli effetti locali dei profondi cambiamenti istituzionali ed economici della società italiana ed europea. Come molte altre città italiane, alla fine del decennio scorso, una volta esauriti i fattori che avevano generato la sua traiettoria di sviluppo nei decenni precedenti, L’Aquila era in una fase di stallo economico – e progettuale.

Come gran parte delle città italiane, ma diversamente da molte città europee, L’Aquila non ha dato molta importanza ai segni di indebolimento della sua struttura socio-economica, all’affievolimento delle sue capacità generative e attrattive.

Confidando nella stabilità economica che il suo rango di “città amministrativa” e “città universitaria” sembrava garantirle – e nella presenza di un polo industriale di dimensioni ridotte ma di elevata qualità tecnologica –, non ha anticipato e non si è predisposta ad affrontare i cambiamenti richiesti dal contesto di “competizione territoriale” alla scala regionale, nazionale ed europea che si è consolidato in Italia e in Europa nell’ultimo decennio. Il terremoto del 6 aprile 2009 ha colpito una città che si trovava in una fase di stagnazione economica – e senza una consolidata strategia di sviluppo economico. Oltre ad avere causato una caduta del livello di attività, le distruzioni del sisma hanno accentuato l’incertezza sul futuro economico della città.

Da una parte, nella fase post-terremoto, il focus della riflessione e dei processi decisionali si è spostato – e non poteva essere altrimenti – sulla “ricostruzione del sistema fisico”, facendo passare in secondo piano l’urgenza di rafforzare la sua base economica.

Dall’altra, come spesso accade quando una catastrofe naturale colpisce una città, il terremoto ha attivato o accelerato processi di trasformazione della struttura socio-economica che, nel caso di L’Aquila, sembrano ancor di più indebolire le sue capacità di innovazione e di investimento.

Mentre il processo di ricostruzione fisica si consolida, L’Aquila entra ora in una fase critica della sua recente storia economica e sociale.

La ricostruzione fisica prenderà il suo ritmo, come sempre è accaduto negli ultimi due secoli nelle città colpite da catastrofi naturali (le città sembrano avere una capacità di resilienza persino difficile da spiegare) e avrà un impatto positivo in termini di occupazione e reddito, attenuando per alcuni anni gli effetti della debolezza generativa e la scarsa attrattività della città.

Ma la ricostruzione fisica non risolverà di per sé nessuna delle debolezze che la struttura socio-economica di L’Aquila presenta – e che si sono formate nei decenni precedenti. Appena il processo di ricostruzione rallenterà, avviandosi verso il suo completamento, esse si manifesteranno in termini di stagnazione e declino economico.

Ma, a quel punto, alla fine di questo decennio, potrebbe essere troppo tardi per concepire e attuare interventi in grado di evitare una prolungata fase di decadenza economica della città. La ricostruzione fisica dovrebbe avvenire congiuntamente alla riconfigurazione del sistema socio-economico affinché L’Aquila sia in grado di continuare a generare reddito e benessere nel contesto di “competizione territoriale” che l’integrazione europea e l’internazionalizzazione stanno determinando.

L’Aquila dovrebbe fare quello che molte altre città europee stanno già facendo: riconfigurare la propria struttura socio-economica, obiettivo che la città si sarebbe dovuta porre indipendentemente dal sisma del 2009 – e che si era effettivamente posta avviando il processo di formulazione di un “piano strategico”

1 . L’esplorazione del potenziale di sviluppo di L’Aquila – la diagnosi e le possibili linee di intervento – è condotta, in questo rapporto, da tre prospettive.

Innanzitutto – e analogamente allo studio in corso di redazione OCSE-Università di Groningen “L’Aquila 2030” 2 –, si utilizzano il lessico e la sintassi che si sono consolidati in Europa nell’ultimo decennio nel discorso sulle città: si parla di L’Aquila nello stesso modo in cui in Europa si parlerebbe di una qualunque città, sullo sfondo di ciò che oggi chiamiamo il “modello europeo di città”.

In secondo luogo, in questo rapporto si riflette sulla città in una prospettiva di lungo periodo – anche in questo caso in linea con lo studio OCSE-Università di Groningen sopra citato. Il focus dell’analisi è sull’evoluzione della città nel tempo, perché le trasformazioni strutturali hanno bisogno di tempo per prendere forma, e le politiche di regolazione delle traiettorie di sviluppo, come l’esperienza e la logica suggeriscono, per essere efficaci devono avere una stabilità che va oltre il ciclo politico, perché i loro effetti si dispiegano nel lungo periodo.

Infine, questo rapporto prova a far emergere, oltre il “velo di retorica” che nel discorso pubblico spesso nasconde lo stato delle città italiane – e il loro reale potenziale di sviluppo –, la specificità della struttura socio-economica di L’Aquila di oggi – e le sue tendenze evolutive – evidenziando i vincoli e le possibilità che ad essa si associano. Nella pianificazione strategica si deve immaginare per una città un futuro che sia ancorato al suo presente; che sia, cioè, il punto di arrivo di una traiettoria evolutiva che si è in grado di descrivere nei suoi stadi successivi, che prende forma in un tempo storico determinato, a partire dalle “condizioni iniziali” della città. Una strategia di sviluppo è un progetto di regolazione realistico. Per definire una strategia di sviluppo economico per L’Aquila si devono compiere quattro attività fondamentali

In primo luogo, si devono specificare le “condizioni iniziali” della città – lo stato delle cose: comprendere le attuali caratteristiche dell’economia e della società locale (e i suoi disequilibri). Ma, poiché le città sono sistemi in continuo mutamento, assumere una prospettiva strategica significa chiedersi, in secondo luogo, quale traiet toria di sviluppo L’Aquila potrebbe seguire nel prossimo decennio ed oltre nell’ipotesi “senza intervento”; nell’ipotesi, cioè, che non saranno effettuati interventi di regolazione (politiche pubbliche).

Naturalmente, nel definire gli “scenari senza intervento” si deve considerare la situazione post-terremoto come condizione iniziale. Come terzo passo si deve identificare il modello di città al quale tendere e, quindi, la traiettoria che si intende seguire.

Il modello di città non deve essere identificato e scelto dalla comunità locale senza tenere conto delle condizioni iniziali e delle possibilità di regolazione di cui essa dispone. Non si tratta semplicemente di indicare “come vogliamo che sia L’Aquila nel 2030”.

Si tratta di identificare ciò che è possibile realizzare – le opzioni – e, poi, scegliere fra queste quella che si preferisce. Per L’Aquila – così come per molte altre città – le opzioni disponibili sono limitate, e prendere atto della limitatezza delle opzioni è un atto di importanza critica nella pianificazione strategica.

Quando si definisce una strategia di sviluppo economico non ci si limita semplicemente a redigere un documento di analisi. La sua parte caratterizzante – e ciò costituisce la quarta attività fondamentale nella definizione di una strategia di sviluppo economico di una città – è l’identificazione di un “progetto di regolazione”: la sequenza di interventi che dovrebbero modificare il sentiero evolutivo della città lungo un determinato arco temporale. Una ulteriore caratteristica cruciale della pianificazione strategica è che essa dovrebbe essere solo marginalmente influenzata dai cambiamenti di prospettiva legati al “ciclo politico”.

La comunità locale – la civitas – dovrebbe convergere su una visione della città, su obiettivi di carattere strutturale che restano condivisi nel tempo. L’arco temporale della strategia di sviluppo economico delle città è, in genere di 20 anni, ma in termini operativi si articola in sotto-periodi.

Pur mantenendo, come è in uso nel discorso pubblico sulle città in Europa, l’orizzonte temporale del 2030 (“L’Aquila 2030”), nella definizione di una strategia di sviluppo economico di L’Aquila si può proporre la scansione temporale.

Vi sono azioni che possono essere avviate subito e progetti di rilievo economico che possono essere realizzati nell’arco dei prossimi due-tre anni. La strategia di sviluppo economico di una città dovrebbe essere articolata in tre ambiti di intervento: a) struttura socio-economica della città; b) struttura fisico-spaziale della città; c) struttura politico-amministrativa della città.

Struttura socio-economica della città Da una prospettiva economica, ciò che distingue L’Aquila – ciò che la distingue da altre città – è la sua struttura socio-economica attuale. I motori economici di questo sistema urbano sono specifici – come si vedrà nel Cap. 3 – e molto diversi da quelli di altre città italiane (benché vi siano città con strutture simili a quella di L’Aquila).

Da una prospettiva economica, comprendere la specificità di una città in un dato momento della sua evoluzione – che sono le“condizioni iniziali” – è molto importante per comprendere quale sarà la sua traiettoria di sviluppo futuro “senza intervento”. Osservata oggi, la struttura socio-economica di L’Aquila presenta caratteristiche specifiche anche come conseguenza delle dinamiche post-terremoto: una caduta del livello di attività; un aumento dei costi per effettuare le transazioni; una riduzione (anche molto forte) della qualità e quantità dei beni pubblici e dei beni collettivi e una riduzione delle esternalità positive.

Nel contesto della definizione di una strategia di sviluppo economico di L’Aquila non sono tuttavia questi gli effetti economici di maggiore rilievo del sisma, perché si ridurranno e scompariranno al procedere della ricostruzione. (Alcuni di questi effetti dovrebbero essere neutralizzati molto rapidamente, anche con interventi transitori.) Più rilevanti sono le dinamiche evolutive che il terremoto potrebbe attivare e che non si sono ancora manifestate.

Dinamiche che potrebbero essere irreversibili se non controbilanciate da opportuni interventi di regolazione – ad esempio, il mutamenti nelle strategie di sviluppo di alcuni attori locali (grandi imprese, università) o nei piani di vita di individui e famiglie o l’attivazione di forti flussi di immigrazione.

Da una prospettiva di lungo periodo, tuttavia, gli effetti economici negativi del terremoto costituiscono soltanto un aspetto – e neppure il più rilevante – della questione della traiettoria di sviluppo futura della città. Come già richiamato, infatti, L’Aquila presentava debolezze strutturali e si trovava lungo una traiettoria evolutiva debole e incerta già prima del terremoto del 2009.

Il cambiamento del contesto competitivo dei principali sistemi urbani dell’Abruzzo, e quindi anche di L’Aquila, indotto dalla internazionalizzazione dell’economia e della società italiana ed europea, avrebbe comunque imposto profondi mutamenti della base economica della città in termini di composizione, organizzazione, tecnologie, capitale umano e così via. Per definire una strategia di sviluppo economico di L’Aquila si deve quindi guardare oltre gli effetti del sisma e identificare le carenze strutturali che caratterizzavano l’economia della città sullo sfondo del contesto competitivo che si sta consolidando in Italia e Europa e nel quale la città dovrà necessariamente operare nei prossimi due decenni.

Governare gli effetti economici della ricostruzione fisica della città nel prossimo decennio separandoli dalle politiche di sviluppo di lungo periodo, e dagli interventi di adeguamento strutturale, costituisce un compito non facile ma molto importante per il futuro della città. Struttura fisico-spaziale della città L’intensità del “dis-equilibrio” che caratterizza la struttura fisico-spaziale della città – e, di conseguenza, l’investimento necessario per la sua riduzione/ eliminazione – è il carattere distintivo di L’Aquila.

Tale dis-equilibrio è certamente una conseguenza del terremoto e deve essere declinato in termini della ricostruzione fisica della città – peraltro, una ricostruzione vincolata, in una sua parte importante (il centro storico), dall’obiettivo locale e nazionale della conservazione degli elementi identitari che essa incorpora.

Due aspetti devono essere evidenziati. Innanzitutto, che l’intensità della riconfigurazione fisico-spaziale che si deve affrontare a L’Aquila è “relativa”: senza risalire alla ricostruzione post-bellica delle città italiane ed europee, è sufficiente richiamare l’esperienza delle città dell’Europa centro-orientale iniziata negli anni Novanta (dopo l’ampliamento dell’Unione Europea) per trovare innumerevoli esempi di processi di riconfigurazione fisico-spaziale molto vicini alla vera e propria ricostruzione fisica della città.

In secondo luogo, il fatto che, indipendentemente dalle distruzioni del terremoto, la struttura fisico-spaziale di L’Aquila avrebbe dovuto essere comunque sottoposta a cambiamenti profondi per adeguarsi agli standard europei. Ad esempio, per raggiungere adeguati standard in termini di efficienza energetica, mobilità sostenibile, connettività tra i luoghi, accessibilità interna ai sotto-sistemi insediativi, qualità degli spazi pubblici sarebbero stati comunque necessari estesi interventi di riqualificazione urbana.

La struttura fisico-spaziale di una città ha conseguenze economiche dirette e rilevanti: sui costi economici e ambientali della mobilità, sulla distribuzione dei costi sociali, sulla formazione della rendita e così via. Benché la regolazione dello sviluppo spaziale di una città abbia bisogno di uno strumento specifico – piano regolatore, piano strutturale, un insieme di masterplan –, essa deve essere integrata in una strategia di sviluppo economico. Struttura politico-amministrativa della città Il cambiamento dell’attuale struttura politico-amministrativa di L’Aquila, necessario perché la costruzione e attuazione di una strategia di sviluppo economico richiedono nuove e specifiche competenze, si presenta come un problema complesso.

Da una parte, il fatto che il Comune e l’area funzionale di L’Aquila (o sistema urbano di L’Aquila) – composta da 10 comuni secondo l’ipotesi indicata nel par. 2.2 – abbiano dimensioni ridotte e il numero delle amministrazioni coinvolte sia limitato inducono a ritenere che non sia difficile definire un sistema di cooperazione intercomunale.

Tra l’altro, la grande differenza di peso economico e politico tra il centroide e i comuni limitrofi mette il Comune di L’Aquila in condizioni di esercitare la propria leadership, assumendosi la responsabilità di promuovere lo sviluppo nei territori della sua area funzionale. Tuttavia, la complessità emerge in considerazione dello stato di eccezionalità della fase post-terremoto, la quale perdurerà a lungo.

Da evidenziare, innanzitutto, che la ricostruzione si fonda, in primo luogo, su risorse nazionali e sovra-nazionali, il che apre la questione dell’accordo sull’uso delle risorse tra livello politico-amministrativo locale e sovra-locale (provinciale, regionale, nazionale, europeo).

A questo proposito, la questione può essere posta in termini della seguente domanda: i livelli di governo sovra-locali devono fornire solo risorse finanziarie oppure devono partecipare al processo di costruzione della strategia di sviluppo economico della città? In secondo luogo, si tratta di prendere atto che la conoscenza e le competenze necessarie per la pianificazione strategica non possono essere cercate esclusivamente all’interno del sistema locale di L’Aquila e che il processo di formulazione e attuazione della strategia di sviluppo economico – nei suoi due aspetti della ri-configurazione fisico-spaziale ed economico-sociale – non può essere gestito soltanto dal Comune di L’Aquila o da una coalizione che comprende i comuni contigui.''

 


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