Grandi eventi e Protezione civile: il colpo di mano estivo

di Alberto Puliafito

16 Agosto 2010   10:42  

Dopo che l'’inchiesta sui grandi eventi ha fatto emergere l'’esistenza di quella che è stata chiamata, da più parti, la “cricca” (abbondantemente raccontata in Protezione civile Spa), mentre più voci si levano per chiedere che la Protezione Civile torni ai suoi compiti originari, mentre la Corte dei conti esprime i suoi pareri su Pompei, ecco che arriva la direttiva di Silvio Berlusconi in merito. Grandi eventi. Cosa sono, i grandi eventi? Le sagre della salsiccia sono grandi eventi? E le ostensioni delle salme dei santi? E i funerali del papa, i mondiali di nuoto? I mondiali di ciclismo? Il G8? Ma soprattutto, come nasce la politica dei Grandi Eventi?

Quella del 2001 fu una delle intuizioni più interessanti di Silvio Berlusconi: attribuire al Dipartimento, riportato sotto il diretto controllo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, proprio la gestione dei cosiddetti Grandi Eventi. Una competenza che viene attribuita alla Protezione civile e che – come mi dice Giuseppe Zamberletti, ispiratore del Dipartimento negli anni ‘80-’90 – rischia di distrarre la struttura dai suoi quattro compiti: la previsione, la prevenzione, la gestione delle ’emergenza, il ripristino. Il tutto, per situazioni calamitose reali.

Ma con Berlusconi e Bertolaso, ecco che il Dipartimento comincia a interessarsi di tutt’altro. Del resto, Bertolaso, dopo aver gestito il Giubileo del 2000 sotto Rutelli, di eventi se ne intende. E così, ecco il Dipartimento che opera ai Giochi del Mediterraneo, ai Mondiali di Nuoto di Roma – dove si costruisce in deroga ai vincoli idrogeologici, per esempio, il Salaria Sport Village – il G8 dell’Aquila e via dicendo.

La nuova direttiva di Berlusconi prosegue in questa logica. Si parla, per cominciare, della legge istitutiva del Dipartimento e della prassi.

''La prassi che si e’ affermata negli ultimi anni nell’'attuazione della legge n. 225 del 1992 ha reso necessaria l’'applicazione della normativa emergenziale a contesti che, pur non essendo propriamente ascrivibili a fenomeni calamitosi, spesso improvvisi ed imprevedibili anche in relazione alle conseguenze che ne possono derivare, si connotano pur tuttavia per un elevato grado di offensivita’ degli interessi primari della collettività [...]''

Una prassi, banalmente, perseguita e resa tale dagli stessi uomini che l’'hanno ideata. Poi si affonda sugli enti locali:

''Si tratta cioè di situazioni nelle quali l’inadeguatezza degli enti ordinariamente competenti a superare il contesto problematico che si manifesta e’ suscettibile di provocarne un aggravamento per impedire il quale si rende percio’ improcrastinabile l’intervento dello Stato in via sussidiaria.''

E ancora:

''l'’emersione nel livello di attenzione nazionale di problematiche inizialmente radicate a livello locale che, per la loro dinamica, non possono essere adeguatamente fronteggiate nell’ambito delle attribuzioni assegnate agli enti competenti in via ordinaria.''

Infine, si rimarca un concetto molto caro a questo Governo: la necessità di liberarsi di lacci e lacciuoli. Il paragonare eventi di varia natura a emergenze. L'’istituzionalizzazione, insomma, dello stato di emergenza come unico modo per esercitare il governo:

'' gli stati di emergenza nazionale di protezione civile ed i «grandi eventi», pur se aventi ad oggetto situazioni fattuali oggettivamente diverse e non riconducibili tipo logicamente l’una all’altra, trovano tuttavia un denominatore comune nell'’accertata esigenza di porre mano a strategie di intervento finalizzate al conseguimento, mediante il ricorso a mezzi e poteri straordinari, di obiettivi di preminente interesse pubblico non altrimenti raggiungibili, sulla base degli ordinari assetti normativi e procedurali, entro i ristretti orizzonti temporali imposti da circostanze esterne.''

La direttiva poi stabilisce alcune procedure da seguire. Ma se da un lato ribadisce la necessità di ridurre gli stati di emergenza dichiarati nel Paese e di evitare le proroghe, dall’'altro, di fatto, appare l'ennesimo colpo di mano estivo, come lo chiama la Consulta Nazionale di Protezione Civile – in materia di protezione civile. Si dichiara un intento, ma si ribadisce la necessità di gestire situazioni mai precisate in maniera chiara, sfruttando i poteri del dipartimento: deroga alle normative vigenti, ordinanza.

Perché, non dimentichiamocelo, l'’ordinanza di Protezione Civile ha valore di legge. E sfugge al controllo del Parlamento. E persino a quello preventivo della Corte dei Conti.

Alberto Puliafito
ShockJournalism.info

 


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