I precari fanno le valigie...

22 Dicembre 2008   10:29  

Quattro precari su dieci si dicono pronti a cambiare città (il 40,6%, dato aggregato: il 20,3% l`ha «già preso in considerazione o già fatto», un altro 20,3% lo «prenderà in considerazione a breve») e ad «accettare condizioni di lavoro più sfavorevoli» (il 37,3%: il 23,7% ci ha già pensato o l`ha già fatto e il 13,6% lo farà). Tre su dieci non escludono (subito o a breve) di trasferirsi all`estero (il 33,9%: 18,6% più 15,3%). Sei su dieci sono disponibili a lavorare di più (il 61,1%: 45,8% più 15,3%) e uno su due a cambiare tipo di lavoro (il 49,2%: 35,6% più 13,6%).

Sono i risultati del sondaggio «Le strategie degli italiani per fronteggiare la crisi», condotto dall`Ispo di Renato Mannheimer per Corriere Economia 1`l l e il 12 dicembre scorso.

L`indagine, in due parti, valuta l`impatto della crisi su lavoro e consumi (vedi metodo a pagina 5). Vediamo qui l`effetto-crisi sul lavoro (nelle pagine a seguire quello sui consumi).


Metà degli italiani crede che la crisi durerà molto. Un intervistato su due (il 47,9% del campione complessivo di 803 persone) ritiene che ne avremo per più di due anni. E quasi tutti (il 74%) ne hanno, chi più chi meno, già risentito.

Ma è riducendo il quesito ai soli occupati (352 casi) e scindendo gli «outsider» dagli «insider» che emerge la differenza:

quasi un terzo dei precari (31,6%) dice di avere subito «notevolmente» gli effetti della crisi, contro il 19,1% dei non precari.

Allo stesso modo, la disponibilità alla flessibilità dei lavoratori «garantiti» è più bassa rispetto ai precari. Soltanto il 12% degli «insider» si dice pronto ad andare all`estero (il 3,8% l`ha «già, fatto o preso in considerazione», l`8,2% lo «prenderà in considerazione a breve»): in termini percentuali, è un terzo rispetto agli «outsider»; e soltanto il 22% ha valutato o valuterà di andare in un`altra città: la metà rispetto ai «non garantiti».

«I bamboccioni non ci sono più - commenta Paola Merulla del`Ispo, che ha condotto l`indagine -. Andare all`estero invece che spedire i curriculum è un cambio di prospettiva». Ma è flessibilità vera? Per Camusso no. «E evidente che questa crisi colpisce tutto il mondo del precariato - dice -: si sente a rischio e invisibile, teme di doversi acconciare a qualunque soluzione per difendersi». È critico anche il sociologo Aris Accornero: «Credo sia una disponibilità apparente, che deve fare i conti con il fatto che per qualche tempo ci sarà poco lavoro anche in altre città e all`estero». Lo stesso Fumagalli evita trionfalismi, invitando, anzi, l`industria all`«etica»:

«Emerge una preoccupazione forte sull`eccessivo precariato, che deve far riflettere le aziende. I lavoratori si mettono in gioco, non hanno paura di lavorare di più e in questo c`è anche una risposta al dibattito sulla riduzione dell`orario di lavoro. Per le imprese, è un richiamo al senso di responsabilità

 


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