“Non basta inserire un semplice articolo in un Regolamento di Polizia Urbana per trasformare un comportamento, come la prostituzione, in un reato o in un illecito amministrativo e vietarne l’esercizio, visto che i Regolamenti non sono sovraordinati rispetto alle leggi dello Stato. Come ha piuttosto indicato espressamente la Corte Costituzionale nel recente pronunciamento sulle ordinanze nate dopo l’emanazione del ‘pacchetto-sicurezza’, è necessario un esplicito intervento del Parlamento per introdurre particolari divieti, come nel caso della prostituzione”. Lo ha precisato il Comandante della Polizia municipale di Pescara Carlo Maggitti intervenendo sul ‘caso’ sollevato da un quotidiano locale in merito all’ordinanza anti-prostituzione.
“Non è corretto il richiamo al Regolamento di Polizia Urbana quale presupposto per emanare un’ordinanza sindacale che abbia ad oggetto il divieto di tenere determinati comportamenti, come la prostituzione o lo sfruttamento della stessa – ha puntualizzato il Comandante Maggitti -, poiché la stessa sentenza della Corte Costituzionale pubblicata quattro giorni fa, che nelle motivazioni ritiene improponibile un’ordinanza sindacale di tale fatta, ossia che sanzioni tali comportamenti, basata esclusivamente sul decreto ministeriale denominato ‘pacchetto-sicurezza’, ritiene sia necessario a tal fine una legge ed esclusivamente un provvedimento normativo che parta dal Parlamento. E la stessa Corte giustifica tale interpretazione con riferimento all’articolo 23 della Costituzione italiana. In buona sostanza – ha proseguito il comandante Maggitti – la ratio di tale pronunciamento risiede nella considerazione che il disvalore sociale di determinati comportamenti, come la prostituzione o lo sfruttamento della stessa, debba essere determinato esclusivamente da una scelta del Parlamento riversata in norme di carattere penale che sanzionino detti comportamenti e ciò per il noto principio di legalità formale che regge il nostro ordinamento penale”.