Il Parrozzo abruzzese, il dolce di D'Annunzio

La leggenda e la storia

18 Dicembre 2013   11:59  

Il Parrozzo nasce ed affonda le sue origini nella società agricola. Era un antico pane delle mense contadine che, i pastori abruzzesi ricavavano dalla meno pregiata farina di mais, veniva poi cotto nel forno a legna. Nacque come dolce natalizio negli anni Venti per iniziativa del pescarese Luigi D’Amico titolare di un caffè del centro che ebbe l’idea di renderlo dolce e di produrlo nel suo laboratorio, rielaborando la ricetta senza stravolgerne le caratteristiche originali, infatti s’ispirò all’antico pane delle mense contadine utilizzando anche uno stampo a forma di cupola che ricordasse appunto le pagnotte contadine.

Il Parrozzo fu ideato e preparato per la prima volta nel 1919 da Luigi D’Amico amico di D’Annunzio, il quale volle dare forma d’arte ad una trasposizione dolciaria di un’antica ricetta abruzzese fatta col latte delle greggi profumato di timo e di menta insieme alle mandorle della montagna: un pane rustico detto “Pan rozzo” : pagnotta semisferica che veniva preparata dai contadini con il granoturco e destinata ad essere conservata per molti giorni. D’Amico , ispirato dalle forme e dai colori di questo pane e facendo rimanere la forma inalterata, aveva riprodotto il giallo del granturco con quello delle uova e aveva adoperato una copertura di finissimo cioccolato per imitare lo scuro delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna. La prima persona alla quale Luigi D’Amico fece assaggiare il Parrozzo fu Gabriele d'Annunzio glielo inviò a Gardone, il 27 settembre unitamente ad una lettera

“Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e alla mia giovinezza”. Il dolce trovò ampio consenso da parte del poeta che, dopo averlo assaggiato, scrisse a D’Amico questo sonetto dialettale in sua lode.

“È tante ‘bbone stu parrozze nov e che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce . Benedette D’Amiche e San Ciattè …”

Sulla scatola, a memento a ricordare le nobili origini del Parrozzo letterario, compaiono i versi scritti dal poeta pescarese: “Dice Dante che là da Tagliacozzo,/ ove senz’arme visse il vecchio Alardo,/ Curradino avrie vinto quel leccardo/ se abbuto avesse usbergo di Parrozzo”. Correva l’anno 1927.

Elisabetta Mancinelli


 


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