Il Piano di ricostruzione e i progetti strategici privati con i soldi pubblici

02 Febbraio 2012   13:30  

Un'attenta e stimolante analisi di del sindacalista aquilano Luigi Fiammata del Piano di ricostruzione, e in particolare sul ruolo poco chiaro dell'urbanistica contrattata e degli interventi strategici privati con soldi pubblici.

''Ho letto i Documenti del Piano di Ricostruzione dei Centri Storici di l’Aquila e Frazioni, pubblicati sul sito internet del Comune de L’Aquila. Non sono un tecnico esperto della materia, e quindi nelle cose che scrivo posso sbagliare. Anzi, spero di sbagliare. Perchè se sbaglio, vuol dire che il lavoro svolto è un passo avanti importante per la Città.   La Legge 77/2009, art. 14 comma 5 bis, dispone che i Sindaci dei Comuni colpiti dal terremoto del 6/4/2009, d’intesa con il Presidente della Regione, e con il Presidente della Provincia, devono predisporre piani di ricostruzione dei Centri Storici. 

Per “Centro Storico”, secondo la vigente normativa, si intende una zona “territorialmente omogenea”, e così classificata dal Comune  con i suoi Atti di Perimetrazione.   Due questioni  vanno qui sottolineate.   La prima, riguarda il tempo in cui avviene questa presentazione: in questi giorni, dopo circa 33 mesi dal sisma e 31 dalla definitiva pubblicazione della Legge in Gazzetta Ufficiale. Su questo punto il dibattito e le polemiche sono state tante. Ognuno, è libero di prestare fede alla ricostruzione più convincente dei fatti. Ma  è un fatto che questa disposizione di Legge è adempiuta dopo oltre due anni e mezzo .

Ferma restando la complessità del lavoro da svolgere, e la necessità che questo lavoro sia svolto nell’interesse esclusivo della Città nel suo complesso. La seconda riguarda una questione che può apparire formale, ma che invece è di sostanza. E’ il Sindaco che deve produrre questo Atto, dice la Legge. La scelta operata, invece, è quella che sia il Consiglio Comunale ad adottare il Piano di Ricostruzione e i Documenti connessi, e sul sito internet del Comune vi è una  proposta di Deliberazione che sarà discussa dal Consiglio Comunale.

Occorre chiedersi il perché di questa scelta.   L’art. 6 del Decreto 3/2010 del Commissario per la Ricostruzione, presidente della Regione Abruzzo, definisce la procedura per l’approvazione del Piano di Ricostruzione. Secondo tale Decreto, è il Sindaco a dover compiere una serie di atti: perimetrazione delle aree, proposta di ambiti da assoggettare al Piano di Ricostruzione, richiesta ai proprietari, singoli o associati di presentazione di proposte di intervento sui propri immobili, verifica di ammissibilità di queste proposte etc.

Il Sindaco, infine, acquisisce eventuali osservazioni, su di esse decide, e trasmette il Piano al Consiglio Comunale che lo approva. Nella proposta di Deliberazione al Consiglio Comunale, non è il Sindaco, ad aver compiuto gli Atti richiamati nel Decreto 3/2010, ma il Comune.

Dice, sempre la proposta di Delibera, che il Comune ha effettuato una verifica preliminare delle proposte di intervento e che attraverso disposizioni sindacali, emanate tra dicembre 2010 e agosto 2011,  ne ha determinato le più idonee modalità attuative conformi al Piano Regolatore Generale. Se non comprendo male, quindi, il Comune, attraverso questo atto, già delibera che ogni proposta presentata è conforme al Piano Regolatore Generale.

E, naturalmente, mi auguro che sia così. Però, dice sempre la proposta di Delibera, alcuni interventi sono  di più ampia portata urbanistica, e fanno riferimento a cosiddetti Programmi Integrati, Programmi di Recupero Urbano, o Piani di Recupero, normati dalla Legge Regionale 18/1983 in materia urbanistica, e tali interventi, una volta redatti, saranno approvati in variante al Piano Regolatore Generale.

Dunque, non tutti gli interventi sin qui proposti sono conformi al Piano Regolatore Generale vigente, ma richiederanno una approvazione “in variante”, che però con la proposta di Delibera del Consiglio Comunale, si rende sostanzialmente automatica.  Il tutto quindi, se non capisco male, dovrebbe avvenire in coerenza con gli strumenti urbanistici esistenti, ma in variante agli stessi, secondo una procedura di concertazione con i soggetti pubblici e privati presentatori delle proposte.   La proposta di Delibera, quindi, descrive per capitoli, il Piano di Ricostruzione del Centro Storico de L’Aquila, e dei Centri Storici delle sue Frazioni.

E’ un Documento estremamente ricco e complesso, nel quale sono contenuti molti documenti programmatori, come ad esempio il Piano della Mobilità, redatto nel 2008, il Piano Comunale di protezione civile ed emergenza, la carta delle intensità macrosismiche del Territorio, e la micro zonazione sismica, il sistema delle reti dei sottoservizi, il Piano Stralcio per la difesa dalle alluvioni, Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico, la stima dei costi di tutti gli interventi, sia quelli conformi al Piano Regolatore vigente, che quelli da approvare in variante. E molti altri documenti.

Il Piano per la Ricostruzione contiene anche un Piano Stralcio di Progetti Strategici, costituito da Schede Progetti unitari di iniziativa privata, e Schede Progetti unitari di Iniziativa pubblica, anch’esso da approvare da parte del Consiglio Comunale.     In sostanza, il Consiglio Comunale è chiamato ad approvare un articolato e denso Piano, contenente sia linee di indirizzo strategico, che Documenti aventi una funzione propria e specifica, che concreti progetti di intervento edilizio, sia coerenti con il Piano Regolatore Generale, che invece in variante ad esso.

Io, che sono un ignorante in materia, mi chiedo se questo schema di procedura, che assume in sé questioni di carattere generale, scelte nobili ed importanti di fondo, sia compatibile con l’approvazione di specifici progetti di intervento, che cambiano, nel concreto, la destinazione d’uso di aree e di edifici, secondo scelte concertate con lo schema di una edilizia contrattata, riproposto come filosofia di fondo  nel Decreto 3/2010 del Commissario Delegato per la Ricostruzione Presidente della Regione Abruzzo, e fatto proprio dal Comune de L’Aquila, che tanti danni sul piano urbanistico ha prodotto in passato a L’Aquila e in tutt’Italia.

L’edilizia contrattata è  un sistema di intervento che parte da una proposta dettata da interessi privati, utilizzando vari schemi legislativi ( programmi integrati, piani di recupero etc… ), cui la parte pubblica aderisce discutendone aspetti marginali sul piano urbanistico e ricavandone limitatissimi benefici comuni per la Città.

In questo caso, la questione a me sembra aggravata dal fatto che l’intervento privato, in realtà si svolge prevalentemente, o forse esclusivamente, attraverso il contributo pubblico dovuto per la riparazione dei danni causati dal sisma. L’intento di cambiare in meglio aree importanti della città, magari caratterizzate in passato da brutture edilizie, o da edifici insicuri sul piano antisismico, rischia di diventare una grande occasione d’affari, piegando le procedure e le regole ad interessi privati.

Forse, per non correre questo rischio, sarebbe opportuno scindere i contenuti del Piano di Ricostruzione dalla discussione su interventi specifici.

Soprattutto quando poi, per realizzare gli interventi in variante al Piano Regolatore Generale diventa necessario introdurre innovazioni normative, contenute nel Piano di Ricostruzione, da approvare anch’esse da parte del Consiglio Comunale: l’impressione che si costruisca un intero edificio normativo, magari di per sé ottimo, al solo fine di consentire alcuni interventi in variante del Piano Regolatore Generale, diventa fortissima.  

La proposta di Delibera al Consiglio Comunale prosegue, poi, spiegando che il Piano di Ricostruzione in sé, non è una variante al Piano Regolatore Generale, poiché riguarda Linee di Indirizzo Strategico, sia per gli interventi conformi al Piano Regolatore Generale, che per quelli da realizzare in variante allo stesso Piano Regolatore Generale, di cui però si chiede già l’approvazione delle schede progetto.

E pertanto non sarebbe un piano di natura urbanistica e non conterrebbe modifiche o varianti alla vigente disciplina urbanistica, contenendo però in sé, il Piano di Ricostruzione da approvare, concrete proposte di innovazione normativa.

E pertanto ad esso non si applicherebbe ad esempio la Valutazione Ambientale Strategica, né risulterebbe necessario ( come la Legge altrimenti prescriverebbe ) procedere all’accertamento della consistenza di proprietà immobiliari dei Consiglieri comunali e/o loro ascendenti e discendenti diretti nell’ambito delle zone interessate dal Piano di Ricostruzione.  

Si tratta, mi pare, di un testo che presta il fianco a troppi rischi: il rischio di una normativa contraddittoria e forzata; il rischio che possa essere una normativa costruita specificamente per giustificare alcune proposte di intervento urbanistico ed edilizio troppo spostate su interessi privati e non pubblici.  

In particolare poi, la proposta di Delibera del Consiglio Comunale, pone all’approvazione del Consiglio lo Stralcio di Progetti Strategici. Un Documento redatto dall’Assessorato alla Ricostruzione e Pianificazione, costruito con il contributo, tra gli altri, di ISPREDIL spa, cioè dell’Istituto per la Promozione Edilizia promosso dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili, il che a mio modesto parere pone qualche preoccupazione in ordine ad un possibile conflitto di interessi. Perché non si è chiesto anche il contributo di Associazioni come Italia Nostra o il WWF o altri ad esempio ?

Tale Documento contiene le Schede di progetti unitari di iniziativa privata, che non si comprende perché il Consiglio Comunale debba considerare “strategici” per la città, e le Schede di progetti strategici di iniziativa pubblica. Forse sarebbe opportuno discutere e approvare subito quei progetti che già il Documento definisce strategici e che sono di iniziativa pubblica, e approfondire la discussione in un secondo tempo per quelli che invece sono di iniziativa privata.

O, al limite, lasciare la porta aperta ad altri successivi progetti che il Consiglio Comunale può valutare come strategici nell’interesse esclusivo della città.   E’ da rilevare, tuttavia, nel merito, che anche tra i progetti strategici di iniziativa pubblica, si pongono numerose questioni di opportunità. Soprattutto quando tali progetti sono definiti pubblici, ma  sono in realtà frutto di partnership pubblico/privato, cioè già essi esempio della cosiddetta edilizia contrattata.

Ad esempio il Consiglio Comunale è chiamato ad approvare una scheda progetto di intervento sull’ex Ospedale di Collemaggio, i cui soggetti promotori, in project-financing, sono la ASL ( il cui compito, tra gli altri secondo la normativa della Regione Abruzzo è quello di alienare i propri beni per ripianare il debito sanitario ) e non meglio identificati Fondi Immobiliari.

Analogamente accade per il cosiddetto Polo del Welfare, da realizzare in partnership tra Enti Previdenziali e Fondi Immobiliari, così anche per la sede unica degli Uffici Comunali che vede ancora una volta coinvolti in una iniziativa di partnership pubblico/privato con un project-financing il Comune con Fondi Immobiliari.  

Tutto questo insieme a progetti di intervento di assoluto interesse per la comunità ( sistema dei parchi urbani, polo culturale, progetto mura, spazi pubblici e altri ), il cui punto debole forse è rappresentato dalle risorse: si chiedono risorse infatti derivanti dalla Legge 77/2009 sulla ricostruzione de L’Aquila, in fase di start up ( progettazione ), ma la  gestione successiva dei progetti realizzati in termini di manutenzione e implementazione forse richiede maggiore approfondimento per la loro sostenibilità economica.  

Perché non possiamo certo permetterci progetti pubblici solo “progettati”, e senza risorse per realizzarli e mantenerli. Tutto un discorso a parte meriterebbe Piazza d’Armi.   Il complesso delle risorse da impegnare poi, sia per i progetti unitari di iniziativa privata che per quelli strategici di iniziativa pubblica, è sostanzialmente a totale carico della legge 77/2009, salvo qualcosa frutto di donazioni, o da richiedere agli strumenti programmatori europei.

E questo a me pare un segno profondo di debolezza. Perché se la comunità e il Consiglio Comunale devono definire strategici interventi che coinvolgono interessi privati, a me pare giusto che si dia contezza almeno di quanto i soggetti privati intendono investire.  

In conclusione, a me sembra che, dopo aver atteso oltre due anni e mezzo questo atto, sia necessario sottoporlo ad ogni attenta valutazione ed osservazione possibile, e che non si debba, sia pure avendo sempre in mente l’assoluta necessità di dare risposta positiva e veloce,alle esigenze legittime dei cittadini e delle imprese, e di tutta la comunità cittadina, trasformare anche questa in una discussione “emergenziale”.

Che produca scelte “necessitate” dall’emergenza. Forse è opportuno che il Consiglio Comunale dia il via ad una campagna di ascolto della Città, che coinvolga gli interessi associati, le Categorie, i Comitati Cittadini, le Associazioni Professionali, Imprenditoriali e Sindacali, e che di questo ascolto faccia poi rapida sintesi.  

Io vorrei togliermi tutti i dubbi. 

E vorrei che il Consiglio Comunale, se deve essere coinvolto, lo sia per produrre un Atto inoppugnabile, onesto, e capace di dare futuro alla Città. Fermo restando che mi piacerebbe che un analogo esercizio di programmazione venisse effettuato per tutta la Città, e per tutte le sue Frazioni, e non solo per i Centri Storici.''


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