Dopo un lungo iter giudiziario durato 15 anni, l'ex presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, e l'ex assessore alla sanità, Lanfranco Venturoni, sono stati assolti con formula piena dal Tribunale di Pescara nel processo relativo ai tetti di spesa delle cliniche private. Le accuse, che includevano falso, violenza privata e abuso d'ufficio, sono state ritenute infondate, portando alla sentenza di assoluzione perché "il fatto non sussiste".
La vicenda risale al 2010, quando, nell'ambito del piano di rientro dai disavanzi della sanità regionale, l'allora commissario ad acta Gianni Chiodi avrebbe imposto una riduzione dei tetti di spesa alle cliniche private. Secondo l'accusa, ciò sarebbe avvenuto esercitando pressioni indebite sulle strutture sanitarie per far loro sottoscrivere contratti di prestazione di assistenza ospedaliera, collegando la firma al pagamento dei crediti vantati nei confronti della Regione.
In risposta alla sentenza, Gianni Chiodi ha espresso la sua soddisfazione attraverso i social media, sottolineando come questo fosse il quarto processo affrontato, con dieci reati contestati e tutte assoluzioni perché il fatto non sussiste. Ha evidenziato di essere stato l'unico politico in Italia, e forse nel mondo, ad essere processato per aver imposto alle cliniche private la firma di contratti con tetti di spesa più bassi, al fine di salvaguardare la sanità pubblica e gli equilibri finanziari regionali.
Anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Paolo Gatti, ha commentato la vicenda, esprimendo soddisfazione per l'assoluzione e sottolineando l'odissea giudiziaria che per 15 anni ha coinvolto Chiodi e Venturoni. Ha evidenziato come entrambi abbiano rinunciato alla prescrizione per ottenere una giustizia piena e definitiva.
Il presidente della commissione vigilanza in Consiglio regionale, Sandro Mariani, ha dichiarato: "Esprimo soddisfazione per la piena assoluzione dopo una lunga e annosa vicenda giudiziaria, nata in un contesto complesso di gestione della sanità abruzzese".
Questa sentenza pone fine a una lunga vicenda giudiziaria, restituendo piena dignità a Gianni Chiodi e Lanfranco Venturoni, e solleva interrogativi sulle dinamiche che hanno portato a un processo durato 15 anni.