Il museo del cielo di Aielli: lo spettacolo della torre delle stelle

29 Febbraio 2012   11:20  

Tanti secoli fa sulla sua sommità gli scherani del Conte Roggero da Celano si allarmavano se vedevano brillare un lontano punto luminoso, che non era una stella, ma un falò acceso da altri soldati in segno di pericolo. Oggi sulla torre di Aielli, convertita in Osservatorio astronomico e Museo del cielo si può stare pacificamente con il naso all’insù, perchè non sono imminenti scorribande di eserciti nemici.

Fiore all’occhiello del Parco Regionale Sirente-Velino, la Torre delle stelle è gestita dall’Unione Astrofili “Filippo Angelitti” e si è affermata come meta di turisti in cerca di stelle ben diverse da quelle che si sposano nei castelli romani o prendono il sole a Porto Cervo.

“Qui si incontrano persone tra loro sconosciute - racconta Carlo Maccallini che ci fa da guida – e dopo una notte passata ad osservare il cielo con il telescopio MEADE LX200, ci ritroviamo quasi sempre attorno a un tavolo a discutere del senso della vita”. Le conversazioni notturne arrivano anche sotto i cieli di Dante. Filippo Angelitti, nativo di Aielli, fu infatti un grande astronomo dantesco: cieco ad un occhio scrutava il cielo per capire a cosa si riferiva il sommo poeta quando così cantava nel Purgatorio: “Lo bel pianeto che d'amar conforta, faceva tutto rider l'oriente, velando i Pesci ch'erano in sua scorta. I' mi volsi a man destra, e puosi mente a l'altro polo, e vidi quattro stelle non viste mai fuor ch'a la prima gente.”

Il cielo in una stanza: anche questo si può trovare nella torre. Dentro una cupola di sei metri un sofisticato proiettore riproduce la volta celeste. Ecco apparire lo Scorpione e il Cigno, brilla Cassiopea che si vantò d'essere più bella di tutte le figlie di Poseidone che irato scagliò un serpente a devastare l'Etiopia. E poi il cacciatore Orione, re dei cieli d’inverno, con Betelgeuse e Bellatrix a disegnarne le spalle e le ginocchia, Alnitak, Alnilam e Mintaka che ne cingono i fianchi.

Il cosmo può apparire come uno scolapasta di aria cristallizzata che racchiude un disco di terra e di acqua, e da cui filtra la luce del fuoco di cui è fatto l’universo, attraverso forellini che noi chiamano stelle. “La volta celeste – confuta questa teoria Carlo - non è altro che la superficie immaginaria sulla quale vediamo proiettarsi le stelle del cielo notturno, lontanissime, quindi tutte apparentemente alla stessa distanza dall’osservatore.” Qualcuno chiede a Carlo il segno zodiacale: “Sono nato il 15 settembre, quindi appartengo al segno della Vergine. In realtà, per un fenomeno chiamato precessione degli equinozi, i riferimenti celesti cambiano nel tempo e quando sono nato il sole era proiettato sulla costellazione del Leone”. Tipica convinzione della Vergine e del Leone.

Astronomi ed astrologhi condividono però una battaglia: quella contro l’inquinamento luminoso. Ciò che fa rabbia è che il 40% dell'energia utilizzata per l'illuminazione pubblica va sprecata, perché i lampioni non sono schermati e proiettano luce anche verso l’alto, dove serve solo a spegnere le stelle. “Basta recarsi di notte – spiega Carlo - in un posto completamente buio e guardare il cielo: sarà subito chiaro quale delitto stiamo commettendo contro noi stessi.”

La torre domina la conca del Fucino spesso coperta di nebbia bassa che sembra un lago spumeggiante. Da nord in quel lago affluisce il torrente La Foce, che nei millenni ha scavato uno straordinario canyon che separa il massiccio della Serra di Celano da quello del Sirente. Alzando lo sguardo, nel canyon il cielo è una strisciolina azzurra incastonata tra stretti orizzonti di pietra e se si è fortunati si può incontrare il silenzioso planare delle aquile che qui nidificano. Per secoli, cullati dal gorgogliare della Fonte degli innamorati, trovavano la pace i monaci celestiniani che dimoravano in un convento abbarbicato sulle rocce. Questo itinerario è però possibile solo da giugno ad ottobre. In compenso si può restare ad Aielli davanti a fumanti maccheroni alla carrettiera: pasta fatta in casa, pomodoro fresco, aglio e peperoncino. La bontà è una cosa semplice.

Un itinerario da percorrere, tra i tanti posssibili è quello che attraversa le gole di Aielli, altro luogo incantato del Parco Sirente –Velino. Il canyon è stato creato dal lavorio millenario del torrente La Foce che nel tempo ha separato il massiccio della Serra di celano da quello del Sirente, Ma bisonga aspettare prmavera inoltrata percchè. Si può accontentare con un piatto di maccheroni alla carrettiera. spaghetti fatti in casa, pomodoro fresco. Le gole Le attuali Gole erano in antico denominate Fauces e, nel medioevo, davano il nome ad un abitato Foce, ad un bosco (silva de Foce) e ad un torrente (il Rio La Foce).

L’ingresso delle Gole in territorio di Aielli (detto in passato “Bocca di Castelluccio”) è suggestivo, ma lo è ancora quando ci si inoltra nello stupendo e spettacolare canyon facilmente percorribile da giugno ad ottobre (vista la pericolosità per i periodi primaverili ed invernali), dato il modesto dislivello di appena 250 metri su 4,5 chilometri di percorso dall’imbocco fino alla Fonte degli Innamorati.
Il canyon è stato creato dal lavorio.

Al bivio per “Le Fosse di S. Marco” si passa il torrente sulla sinistra ed a un centinaio di metri, sulla sinistra, si può osservare la caduta della “Fonte degli Innamorati” a quota 1029, detta in passato “Spogna di S. Marco” data la sua vicinanza al monastero celestino rupestre. Ritornati al bivio precedentemente descritto, lungo salita per la “Fosse di S. Marco” della Valle d’Arano di Ovindoli, su creato nel 1328 dai monaci del Casareni di S. Marco di Aielli accanto alla vecchio chiesa di Sanctae Mariae intra Fauces grazie all’intervento del Conte di Celano Pietro Ruggeri.

Il monastero, che si estende per una lunghezza di 50 metri sul gradone roccioso, fu abbandonato nel 1396 quando i Celestini si trasferirono a Celano nella nuova sede del Palazzo comitale (S. Michele Arcangelo) messo a disposizione nel 1392 dal Conte di Celano Pietro II.

Nei secoli successivi il monastero rupestre continuò ad essere proprietà del Celestini fino al suo abbandono nel corso del seicento: e della fine del secolo XVII l’ultima notizia della utilizzazione della piccola chiesa semi-rupestre (“Cappella di S. Marco”) utilizzata per processioni penitenziali dagli abitanti di Rovere (Grossi 1998, 101-102).
A questo abitato appartenevano ben sei chiese: S. Barbara, S.Donato, S. Marta, S. Pietro, S. Nicola e S. Maria posta nell'interno delle Gole sopra la Fonte degli Innamorati. Nel corso del trecento il paese divenuto proprietà dei monaci Celestini di Celano fu abbandonato a favore del vicino Aielli, ecco perchè l'imbocco delle Gole, la selva del Cimitero e parte dell'abitato di Celano sono ora in territorio di Aielli. che esce dal laghetto di Arano sull'altopiano diOvindoli, si addentra nella valle di Arano e si apre la via fra le pareti della Serra di Celano a ovest e dei Monti della Revecena, della Savina, Etra e della Deferenza a est, gettandosi infine nell'alveo del Fucino.

Fillippo Tronca


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore