L'Abruzzo delle troppe cave e delle poche regole

Urgente un piano cave

28 Ottobre 2008   19:39  

Presentato ieri a Pescara, il rapporto Ecosistema a rischio di Legambiente mostra uno scenario preoccupante della Regione, indicativo di quanto ci sia ancora da fare per sanare il conflitto storico che divide l' economia abruzzese dalla salvaguardia del territorio, della natura, delle persone. Ben 178 i Comuni abruzzesi a rischio idrogeologico, quasi il 60% del totale, ma non sono soltanto costruzioni illegali e arginazioni irrazionali a mettere a repentaglio la stabilità territoriale della Regione. A rendere vulnerabile il paesaggio nostrano sono soprattutto le cave abusive. L' elevata qualità degli inerti estratti, e la completa assenza di un piano regionale in grado di regolamentare e limitare la proliferazione di cave, attira nel nostro territorio avvoltoi del mercato edilizio di altre realtà regionali, più rigide in materia di attività estrattive come ad esempio le Marche.
Secondo i dati di Legambiente sul fenomeno cave in Italia, l' Abruzzo conterebbe ad oggi 300 aree estrattive perfettamente operative. Anche se non si conoscono i numeri relativi alle discariche dismesse e alle quantità di materiali estratti, la posizione occupata dalla Regione nella classifica che misura l' illegalità dei cicli del cemento in Italia, parla chiaro: siamo all' undicesimo posto (240 le infrazioni accertate dalle forze dell' ordine nel 2007, 28 in più rispetto all' anno precedente).

I casi emblematici

Febbraio 2008. La Forestale procede al sequestro di due cave abusive di tre ettari ciascuna, a Picciano e a Rosciano. l' accusa: scavi ricavati in zone sottoposte a vincolo paesaggistico. Nel caso di Rosciano, la cava era stata realizzata a ridosso di un nucleo abitativo arrivando a comprometterne la stabilità.
Giugno 2008. Il sindaco di Mozzagrogna, Giuseppe Bussolo, espone al Centro la propria preoccupazione per la serie crescente di scavi abusivi nei territori del Sangro-Aventino. Milioni di metri cubi di ghiaia e breccia prelevati con una frequenza insostenibile per l' ambiente, tanto da portare Comune e sindaco a minacciare la denuncia per disastro ambientale. Se l' appello di Bussolo non viene preso in grande considerazione dai sindaci delle località limitrofe, Walter Caporale, capogruppo dei Verdi si schiera in suo favore, chiedendo alla Regione di dotarsi almeno di un disciplinare provvisorio in materia di attività estrattive, al fine di scongiurare la concessione di ulteriori scavi illegali,ritenuti da geologi e forestale i principali artefici della compromissione delle falde acquifere. Con lo scoppio di Sanitopoli tuttavia l' argomento ambiente viene velocemente accantonato, mentre gli scavi selvaggi continuano ad impoverire ed indebolire la superficie della Regione.
Agosto 2008. L' operazione Caterpillar della Forestale sul controllo di una quarantina di siti estrattivi, produce 29 verbali amministrativi per un totale di oltre 51 mila euro. Abusivismo edilizio, discarica di materiali pericolosi, danneggiamento aggravato ed esercizio di cava e di discarica abusiva. Gli inquirenti scoprono che diversi "cavatori" autorizzati a prelevare dalle nostre terre provengono da altre Regioni e persino da altri Stati. Oltre al danno, la beffa.

La situazione italiana

Il dossier Legambiente 2008 sulle fenomeno cave disegna una quadro poco rassicurante del Bel Paese: oltre 10 mila le cave abbandonate, 5.725 quelle in funzione. A regolarne le gestione nazionale un regio decreto del 27, che, in linea con i tempi che furono, esprime una visione dell' attività estrattiva per forza di cose anacronistica, al di là di qualsiasi riferimento ambientale, territoriale e paesaggistico. In realtà a legiferare sulle cave dovrebbero essere le Regioni, autonome in materia già dal 77. Ma qualcosa dev’ essere andato storto perchè da allora soltanto la metà degli ordinamenti regionali presenta piani cave adeguati. Tra le inadempienti a far compagnia all' Abruzzo troviamo Veneto, Friuli, Lazio, Molise, Campania, Sicilia, Sardegna e Basilicata, seguite dalla Calabria che tuttavia sembra costituire un caso unico: senza piano nè legge in Regione non si conosce nemmeno il numero di cave attive. Una situazione allarmante date le conseguenze che l' assenza di una regolamentazione precisa in materia comporta: tutto il potere decisionale si concentra nelle mani di chi rilascia le autorizzazioni. Quando sono i Comuni a decidere, come avviene per le Regioni sopraelencate, le entrate provenienti dalle zone estrattive concesse possono diventare fondi essenziali nei periodi di riduzione degli aiuti statali: Il giro d'affari stimato in riferimento al settore degli inerti ammonta a circa 5 miliardi di euro l'anno. A fronte di tali importi e dei guadagni certi delle imprese scavatrici, risulta incredibile e soprattutto insensata l' esiguità dei canoni di concessione praticati in Italia. In Abruzzo ad esempio, per 1 metro cubo di sabbia o ghiaia viene corrisposto in media un importo pari a 2,10 euro, che sale a 3,27 in caso di attività abusiva. In Sicilia, Sardegna, Puglia e Basilicata "cavare" è addirittura gratuito. Se si considera il ruolo delle ecomafie nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo delle aree cava il quadro è completo, e una certezza emerge in tutta la sua urgenza: l'attività estrattiva deve essere regolamentata. Persone, ambiente e paesaggio necessitano di azioni concrete, di provvedimenti firmati con la certezza di realizzarli. Altrimenti il collasso dell’ Abruzzo non sarà più soltanto figurato.

Giovanna Di Carlo


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