L'Aquila e le sue frazioni: San Vittorino

Visite pre sisma nelle frazioni di L'Aquila

29 Giugno 2012   12:55  

Amiternum San Vittorino -

Il paese di San Vittorino sorge nell'’area dell'’antico centro sabino di Amiternum, il cui nome si fa derivare dal fiume Aterno.
La prima notizia storica sul centro risale all'’epoca della terza guerra sannitica, più precisamente al 293 a.C. quando Amiternum fu occupata dai Romani. In seguito al definitivo assoggettamento della Sabina, la città entrò a far parte dell'’ordinamento romano come prefettura, governata da magistrati romani, gli octoviri, e da un prefetto con poteri giurisdizionali, inviato da Roma.
Nel I sec. a.C. divenne fiorente municipio, compreso nella tribù Quirina, mentre l’'insediamento più antico doveva essere situato sulla cima del colle di San Vittorino, all'’inizio dell’'età imperiale esso si spostò verso la valle dell’'Aterno, dove si conservano le più evidenti testimonianze archeologiche.

Nel 1254 prese parte alla fondazione dell'’Aquila nel quartiere di San Pietro.

A destra della S.S. 80, all’'altezza del Km. 9 circa, appaiono le vestigia del teatro, realizzato in opera reticolata e databile all'’età augustea. La cavea, ricavata in parte nelle pendici meridionali della collina e in parte costruita con muri di costruzione, era formata in origine da due ordini di gradini e poteva ospitare 2000 spettatori circa. La scena, di cui si vedono solo le strutture di base, era del tipo a esedre rettangolari.
L'anfiteatro sorgeva, a differenza del teatro, alla periferia della città, si raggiunge il monumento riprendendo la S.S. 80 fino al bivio per Preturo, si attraversa quindi il ponte sull’'Aterno.
Il perimetro dell’'edificio presentava due ordini di 48 arcate ciascuno, della cavea con circa 6000 posti, non rimane traccia.
La tecnica usata, l'’opera laterizia, consente di datare l’'anfiteatro al I sec. d.C. Un’'interessate iscrizione su bronzo, rinvenuta nei pressi dell'’anfiteatro, documenta l’'esistenza di un acquedotto, chiamato aqae Arentani, che serviva le terme della città.
Dalle necropoli di Amiternum provengono numerose epigrafi, cippi e rilievi funerari, attualmente esposti nelle sale del Museo Nazionale d’'Abruzzo, di L’'Aquila.
Meritano menzione anche i frammenti lapidei del calendario amiternino, in cui sono elencati i giorni feriali e festivi, i mercati e le principali ricorrenze.
Sia l’'edilizia civile che quella religiosa dell'’abitato di San Vittorino testimoniano il riutilizzo di materiale antico, di spoglio: iscrizioni, lastre ed elementi architettonici sono murati, ad esempio, nella torre campanaria e nella parrocchia di San Michele Arcangelo.
La chiesa, consacrata nel XII secolo, come ricorda l'’iscrizione affissa nella parete destra della navata, e realizzata probabilmente sui resti di una basilica precedente, presenta una struttura complessa, a causa dei rimaneggiamenti e dei restauri che si sono susseguiti nel corso dei secoli e che hanno modificato l'’aspetto della costruzione romanica. Si riconoscono, infatti, tracce nell'’abside e nella parete est, costituita dalla muratora a grossi blocchi di pietra.
L’'edificio è a pianta latina, a una sola navata, con transetto sporgente ed abside semicircolare. È diviso, all'’interno, da un muro moderno, che distingue la cosiddetta “chiesa vecchia”, dall'’edificio di culto ancora officiato.
In questa parete divisoria sono inglobati due interessanti bassorilievi con scene di martirio.
Dalla “chiesa vecchia”, ove sono raccolti materiali romani medioevali, si accede ad una catacomba, costituita da gallerie e ambienti di varia epoca, alcuni in muratura ed altri ricavati nella roccia, i quali si svilupparono intorno al sepolcro del martire San Vittorino.
La tomba posta nell’'angolo nordest dell’'ambiente A utilizzava le pareti dell'ambiente stesso su due lati e due bassi muri completavano la cassa.
Più imponente fu la sistemazione del sepolcro voluta, nel V sec. dal vescovo Quodvultdeus, che fece erigere un monumento in memoria del martire.
Il monumento in questione, forse un altare, presenta una lastra, con la dedica del vescovo, sorretta da quattro pilastrini alternati a blocchi decorati con motivi a “squame”  floreali.


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