L'Halloween della politica e la questione morale

di Nicola Facciolini

01 Novembre 2010   10:22  

"Morirete sepolti sotto ai vostri rifiuti"(Capo Seathl, Tribù Duwamish dei Nativi Americani, Usa 1855). La Maratona per la Democrazia è appena cominciata. Ci è stato insegnato di rispettare i governanti e le leggi, lasciando che il tempo compia la sua giusta opera. In Abruzzo facciamo così.

Il celebre discorso di Pericle agli Ateniesi (461 a.C.), immortalato da Tucidide, ricorda a chiunque occupi (o desideri) una carica politica e istituzionale (elettiva e non), di farsi un esame di coscienza per il Bene comune, al fine di non commettere illegalità nelle faccende pubbliche e private "dato che prestiamo obbedienza a coloro che di volta in volta sono al potere ed alle leggi". Chiunque violi questo patto-giuramento una volta eletto, non è degno di governare il popolo che lo ha scelto.

La «questione morale», dunque, deve trovare immediata soluzione a cominciare dalla nostra regione perché i cittadini Abruzzesi sono stanchi di 18 anni di faide familiari e corse ad avvitamento perpetuo verso l'ignoto, verso l'abisso del nulla e del trasformismo. La ragione, la speranza e la fiducia in un futuro migliore che veda nella Politica vera, il ritorno della prosperità per tutti (senza il debito pubblico), per i Giovani, per la Famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, per la Giustizia sociale, sono la stella polare dell'unica Politica degna e utile per il nostro Paese.

In primis dei governanti eletti dal popolo sovrano su base territoriale e, molto presto, federale.

Per questo dobbiamo, vogliamo e possiamo esprimere la nostra massima fiducia nella Magistratura e nelle Forze dell'ordine della Repubblica, senza timore e senza ipocrisia. Il traguardo del 42% dei consensi bisognerà meritarselo. In Abruzzo facciamo così. Perché qui le mafie di qualsiasi tipo non possono vincere. Perché le lobbies più o meno oscure non possono continuare a tenere sotto scacco la Politica. I popoli d'Abruzzo sono stanchi.

La Nazione Italia non ne può più. Dopo 150 anni, i cittadini sono stufi del sotto-sviluppo economico del Mezzogiorno, studiato a tavolino per produrre degrado, banditismo e mafie. Contemporaneamente c'è una forte protesta contro una politica trasversale illiberale e non riformista, nella quale il garantismo gattopardesco a corrente alternata viene scambiato per impunità. Una sotto-politica, espressione di una sotto-cultura, che tenta di allontanare la soluzione della questione morale e degli atavici problemi d'Italia. Peccati originali del 1861 che pesano come un buco nero sotto forma di: questione debito pubblico, questione sicurezza e legalità, questione lavoro e produttività, questione immigrazione, questione energia, questione sviluppo economico, questione industria dell'idrogeno, questione scientifica e tecnologica, questione cultura e religione, questione cinema senza politica, questione spazio e sfruttamento minerario, questione diplomazia e rapporti internazionali. Non si possono solo sbandierare parole come onestà, etica e meritocrazia. Occorrono i fatti. Non si può predicare "Famiglia!" e poi accettarne passivamente tutto il suo contrario, con la rete Internet intasata di ogni nefandezza planetaria. La si liberalizzi ma la si purifichi.

Se i Conservatori devono ancora sorgere nel Mezzogiorno d'Italia grazie alla Lega Nord, molto resta da fare per portare alla ragione tutti gli altri movimenti e partiti, espressione del desiderio di Giustizia e Federalismo solidale. Non di secessione abbiamo bisogno. Nessuna persona di buon senso può volere realmente la secessione per risolvere i problemi storici d'Italia.

Le contraddizioni nella politica di molti partiti (fintamente laburisti, riformatori e conservatori) non sono solo imbarazzanti sul piano strettamente politico e morale. Creare confusione fra ruoli istituzionali, professionali e privati, non è Politica né esprime il senso della giustizia sociale, della Famiglia, dello Stato e della Misura morale. Dirò di più. Il Tricolore Federale e la Stella Alpina sono perfettamente compatibili. Altri sono i pericoli che corriamo.

La deriva etica è prossima a dispiegare nella politica italiana tutti i suoi tentacoli. Anticamera della xenofobia dei fondamentalismi estremi. Allo stesso tempo da questa "emergenza morale" nasce l'esigenza, anzi l'urgenza, come laici e cattolici liberali, di far crescere un autentico Partito Conservatore di Centrodestra su larga base federale e territoriale, capace di proporre una piattaforma programmatica efficace per tutto il Paese. Chiaramente alternativa alle sinistre illiberali, ovunque esse siano innestate e trovino accoglienza. Gli Industriali per davvero, che ne pensano?

Gli Abruzzesi sono stanchi di leggere sui giornali notizie negative sulla non-politica e sull'imprenditoria che fallisce nel nostro territorio, su progetti che stentano a decollare, su iniziative zoppe e ridotte ai minimi termini in estenuanti mediazioni, con annessi e connessi attacchi, senza soluzione di continuità, alle Forze dell'ordine, alla Magistratura, ai Giudici che costituzionalmente rispondono solo alla Legge: ossia contro cittadini italiani che fanno vivere le nostre Istituzioni della Repubblica, facendo solo il loro dovere. Meritano il rispetto di tutti. In verità sappiamo che la furbizia non paga.

La "non-politica" degli ultimi 18 anni, ha miseramente prodotto in Abruzzo solo finzioni sceniche fallendo tutti gli obiettivi prefissati. In primis quello di condurre la Regione in Europa e tra gli Stati di diritto autenticamente democratici e liberali. Gli esempi positivi non sono certamente mancati ma il popolo è stato tenuto a bada alla vecchia maniera, con la disinformazione, i giochi, la pagnotta e i sogni di gloria.

La Politica sul territorio ha però dimenticato la società civile che produce ricchezza e ormai viaggia su altri binari! Per essere in sintonia con la società, nei confronti di comportamenti che sono scarsamente in linea con l'etica pubblica e privata, con il rispetto delle regole della convivenza civile, la Politica deve essere intransigente. Un Politico deve sapere che la sua vita privata è di pubblico interesse, intercettazioni spaziali o meno. E che la spazzatura mediatica finisce inevitabilmente nell'indifferenziata prima di giungere nel termovalorizzatore dell'amnesia.

La "guerra" tra garantismo e legalità non ha e non ha più motivo di esistere in uno Stato di diritto. La finta democrazia del politichese clientelare ci ha lasciato in eredità un pesante fardello mentre la sovranità popolare, sollecitata in consultazioni elettorali sempre più estenuanti, scricchiola vistosamente, tra i vari trasformismi camaleontici di facciata di molti politici, forse per salvare il salvabile dei propri interessi personali. Mentre l'astensionismo dilaga. Gli Abruzzesi ne sanno qualcosa. Nonostante i timidi segnali di rinnovamento e ripresa, grazie al Governo Berlusconi ed alla riforma dello Statuto Regionale, le Istituzioni appaiono "stanche" e inadeguate ad affrontare queste grandi emergenze e la sfida del Federalismo.

La tragedia aquilana del terremoto del 6 aprile 2009 (Mw=6.3; 309 morti) paradossalmente avrebbe dovuto insegnare qualcosa ma sotto il tappeto abbiamo scoperto altra polvere! Per applicare il Federalismo, è giusto invocare e chiedere il Commissariamento quale giusta medicina all'inadeguatezza del compito? Per evitarlo, occorre un sano "lavacro" purificatore (le elezioni anticipate) che allontani dalla delega di sovranità tutti i mestieranti della vecchia politica che si sono finora presentati "candidamente" al cospetto del popolo, senza risolvere i mille problemi che assillano le loro vite. L'Abruzzo, oggi, è chiamato a fare la sua parte nel Mediterraneo e in Europa, per non subire ulteriori torti. Il multiculturalismo ha fallito ma i suoi problemi dominano il nostro territorio. C'è un esercito di disoccupati italiani e di occupati extracomunitari, che la Politica farebbe bene a studiare con molta attenzione per evitare futuri conflitti sociali.

La questione morale diventi allora il tema centrale di ogni programma, progetto e campagna politico-elettorale. La scelta del giusto cambiamento non può che essere fissata dall'articolo Uno del futuro Programma elettorale per l'Abruzzo che cambia. Necessariamente da sottoscrivere sulla base della Tavola dei Valori di Libertà e Giustizia, condivisi da tutte le forze democratiche federali schierate per offrire un'azione di buongoverno del territorio e delle piccole realtà locali, radicalmente innovativa rispetto alle esperienze finora celebrate. Programma e Tavola, alla cui base sarebbe auspicabile innestare, come una radice profonda che non gela mai, la morale, l'etica e il senso dello Stato del Politico buon padre di famiglia che antepone l'interesse pubblico a quello privato.

Lo ricorda Enrico Berlinguer nel lontano 1981. Solo in pochi, all'epoca, avrebbero potuto immaginare quanto profetiche si sarebbero rivelate le sue parole nella Politica abruzzese. "I partiti sono diventati macchine di potere, i partiti non fanno più politica – diceva e scriveva Berlinguer – i partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire.

E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti. Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni.

 

Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi".

Poi, è arrivata la cosiddetta Prima Repubblica e Mezzo dei processi in diretta Tv (solo per alcuni e non per altri!) dei politici della Prima Repubblica in un'Italia senza una riforma organica della Costituzione repubblicana! Poi è arrivata non la fine della persecuzione giudiziaria a fini politici di alcuni (e non di altri), ma la deriva dell'impunità che in politica sembra inarrestabile oltre che palese. Perché vidimata dalle emozioni, dai sorrisi di solidale compiacenza. E non dal salutare voto rigeneratore del popolo sovrano. Le oscure frange, le lobbies familiari e le elites socio-economico-culturali, senza alcun controllo né parlamentare né costituzionale, è giusto che continuino a determinare il destino della gente e della Politica in Abruzzo?

La Giustizia deve fare presto il suo corso. Chi ha sbagliato paghi e restituisca allo Stato quanto illegittimamente maltolto, ma la Politica si riappropri delle sue prerogative costituzionali.

Si ricominci dall'Abruzzo, dal Modello Federale Politico della Lega Nord, di coesione e virtuosa dinamicità territoriale. I partiti, oggi, facciano due passi indietro. Non serve una legge elettorale nuova. Serve la riforma costituzionale che ammetta al massimo tre Partiti in Parlamento. Approvino, in primis, il proprio Codice Etico, allontanino gli affaristi senza scrupoli dalle segreterie; allontanino i personaggi pronti ad "offrirsi" al supermercato dell'ambizione personale e dell'effimero. Si facciano avanti i giovani (intellettuali, cattolici, imprenditori, ricercatori, lavoratori) onesti e candidi come la neve. Alcune elites purtroppo credono, ancora oggi, che si possa tranquillamente continuare a dedicarsi ai propri affari delegando a qualcun altro il lavoro di gestire la regione, il paese e le sue irrisolte contraddizioni. Ma a quale prezzo! L'esenzione dei professionisti della politica dal dovere di rispettare le leggi che essi stessi approvano, non poteva che condurre alla crisi generale. Nascondere la polvere sotto il tappeto, ecco a che punto ci ha condotto! All'autocommiserazione.

Da questo mercimonio non potrà mai venire la rinascita della Regione e della Repubblica Federale che oggi tutti gli Abruzzesi, non a parole ma nei cuori, invocano per un'Italia Federale più unita, più forte, più coesa che mai. Nell'Europa dei Popoli e delle Nazioni, nel Mediterraneo delle culture e nel mondo della Pace. Lo chiedono i giovani disoccupati, gli scienziati, i contadini, gli operai, gli imprenditori, i lavoratori e i disoccupati tutti. Per questo torneremo presto al voto democratico. Altrimenti, come non dare ragione alla più dignitosa intenzione di "sana astensione democratica dal diritto di voto", magari per riflettere sul suo significato anche senza stracciare la tessera elettorale? Ma così non deve e non può essere.

Per questo vogliamo costruire un grande Movimento della Lega Nord Abruzzo. E il Presidente Silvio Berlusconi, lo sa benissimo che può contare su forze fresche e dinamiche capaci di rivoluzionare la politica d'Abruzzo.

Già soffia un vento gentile e forte sullo scudo della Lega Nord, gonfio di forza, criterio, logica, vasto consenso popolare ancora inespresso, con una grande voglia di cambiare l'Abruzzo per davvero. Non a chiacchiere, ma nei fatti. Sì, noi tutti possiamo e vogliamo cambiare le cose, per ricominciare a sperare in un mondo migliore da lasciare un giorno ai nostri figli, per restituire dignità alla nostra terra. Chi ha governato l'Abruzzo ha però sbagliato. Non ha fatto i conti con l'oste! Non possiamo permetterci di perdere ulteriore tempo prezioso.

Il Bel Paese sta diventando sempre di più un'anomalia, con l'Abruzzo che vive da quasi due decenni una tragedia mediatica senza precedenti. L'opera di pulizia chirurgica dalle metastasi della cattiva politica, sarà completata o non avrà mai fine? L'opinione pubblica non sembra prestare grande attenzione? Perché preoccuparsene, dal momento che "tanto a destra quanto al centro che a sinistra, sono tutti uguali"? No, non è così. Il qualunquismo genera i soliti "mostri" della Storia.

La classe dirigente, è vero, merita chi l'ha eletta e viceversa. Ma chi ci ha "donato" venti anni di processi su scala planetaria, meritava il potere e l'esercizio della Funzione pubblica? A leggere i giornali e ad ascoltare televisione, Internet e la radio si ha l'impressione della totale incapacità a trovare un responsabile della deriva politica regionale d'Abruzzo. Per la serie "vattelappesca", ciascuno ha vinto e perso in egual misura la "partita"! E così l'Abruzzo si è magicamente trasformato (siamo ad Halloween!) in un girone dantesco senza fondo dove chi governa è sempre qualcun altro, tra ragnatele, pipistrelli, tombe scoperte, fantasmi, vampiri e il solito lezzo pestilenziale. Davvero le cose stanno in questo modo? Vi siete mai chiesti perché la politica è sincronizzata con i tempi della giustizia e non con la realizzazione delle grandi opere pubbliche per far ripartire l'economia regionale? E' normale che ciò accada in un Paese civile come l'Italia?

La Magistratura faccia il suo dovere fino in fondo perché ha il consenso popolare. Ma lo faccia presto, perché la grande tradizione democratica in questa nostra Italia merita molto ma molto di più di quanto finora dato da certi signori, padroni di un bel nulla. La Costituzione Americana docet.

"Da Machiavelli in poi – ricorda il prof. Sartori – la politica è diversa dalla morale. Secoli dopo si è stabilito che anche l'economia è diversa dalla morale. Ma la distinzione tra etica, politica ed economia distingue tra sfere di azione, tra campi di attività. In concreto, e a monte di queste differenziazioni, esiste la singola persona umana che non è trina ma soltanto una, e che può variamente essere una persona morale, amorale o immorale". Quando si dibatte la «questione morale» è di questo che si dibatte. "È da qui che si deve partire. Le persone morali sono tali in tutto: anche in politica. Soprattutto in economia. Le persone amorali non promuovono il bene ma nemmeno si dedicano al male, anche perché sono fermate, nel malfare, da freni interiorizzati. Invece le persone immorali ridono dei cretini che credono nei valori e non sono fermate da nulla (o soltanto dal pericolo di finire in prigione). Per i primi non è vero che il fine giustifica i mezzi. Per i secondi il fine può giustificare qualche mezzo scorretto, ma non tutti. Per le persone immorali il fine di fare soldi o di conquistare potere giustifica qualsiasi mezzo: non c'è scrupolo, non c'è «coscienza» che li fermi".

Che stia sempre più dilagando un intreccio perverso tra malaffare e politica anche in Abruzzo, è noto da tempo. E la questione morale è solo la coraggiosa denunzia di questo andazzo.
Ma perché il fenomeno scoppiato 18 anni fa, non finisce mai? Perché la questione morale è più grave in Italia e in Abruzzo che altrove?

Abbiamo ragione di credere – parafrasando Sartori – che continua a scoppiare ora, perché tardi è meglio che mai; e scoppia ora perché i "neo-pescecani d'assalto" del capitalismo speculativo sono finalmente stati scoperchiati. Le sinistre (avete capito cosa intendo) hanno capito che addossare le colpe sul Berlusconismo, è stato il loro più grave errore tattico e strategico. Allo stesso tempo hanno paura che il lavoro della Giustizia li investa in pieno, prima o poi. Non c'è più scandalo che riesca a scandalizzare, dilagato in un profondo disincanto anche in Abruzzo, che l'aver compreso di avere le mani della marmellata sempre più amara ed ammuffita.

E' finita, insomma, la convinzione che le sinistre e le destre siano a priori pure, immacolate e vergini; è finita la convinzione che "tutto è lecito, basta non farsi scoprire". Senza contare l'evasione fiscale, il ricorso alle relazioni informali ed amicali. In ogni campo, in ogni occasione, la democrazia, la giustizia e la libertà, corrono oggi in Abruzzo un "brutto quarto d'ora" nell'orologio della storia costituzionale repubblicana italiana.

Dov'è finito il senso civico dell'aiuto reciproco, dello scambio dei veri autentici valori, lavori e saperi, tra buoni vicini di casa? Dov'è finita l'assistenza italiana agli anziani in famiglia?

I potenti di turno ci hanno lasciato una Regione Abruzzo soffocata dal sottobosco delle tribù dei più furbetti del quartierino. Davvero il nostro è ormai un paese sporco senza speranza? Crediamo di no, perché vogliamo sperare nel futuro, nei giovani, vogliamo credere alle persone perbene che finora hanno ignorato la Politica.

Ma come scrive Moisés Naím, direttore della rivista "Foreign Policy", la questione morale può essere anche a doppio taglio. "Da quando ha cominciato a soffiare, il vento della democrazia ha portato alla luce gli oscuri maneggi di inaffidabili dittatori e burocrati. Ai tempi della guerra fredda, dittature cleptomani si sono spesso trovate a barattare la fedeltà accordata a una delle due superpotenze in campo, con l'assenso ai loro atti criminali.

Consuetudine che, una volta archiviata la spartizione del mondo in sfere di influenza, si è estinta. Parimenti, grazie alla rivoluzione del settore dell'informazione, la minima traccia di corruzione ai vertici del potere diventava rapidamente una notizia d'interesse globale. Da quando la società civile si è resa conto del coinvolgimento di un così elevato numero di politici — spesso in combutta con il mondo degli affari, la chiamata pubblica alla guerra alla corruzione è diventata un fatto naturale.

Gli stati hanno iniziato a formulare ordinamenti legislativi anti-corruzione, le corporazioni ad adottare rigidi codici di condotta e le organizzazioni non governative come transparency international ad abbracciare la missione di individuare e condannare i paesi coinvolti. Ovunque, un pullulare di agenzie internazionali di monitoraggio, con tanto di zar anti-corruzione. Dalla Germania al Perù alla Corea del Sud, una serie di scandali ha coinvolto ex capi di Stato apparentemente intoccabili, mentre in tutto il mondo uomini di governo e d'affari erano silurati o imprigionati. Sfidare alle elezioni un forte rivale già in carica, significava prevalentemente portare avanti una campagna alla "mani pulite", e additare l'avversario come un corrotto esponente della vecchia guardia".

Per quanti hanno combattuto in trincea, l'evento fondamentale di questa guerra resta la Convenzione contro la Corruzione delle Nazioni Unite, sottoscritta nel 2003 da oltre cento Paesi. "Purtroppo i rapporti dalla prima linea sono tutt'altro che incoraggianti. Gli ultimi dieci anni sono stati assai deludenti — commenta Daniel Kaufmann, uno dei maggiori esperti delle dinamiche anti-corruzione —. Molto è stato fatto, non altrettanto è stato ottenuto. Stiamo perdendo del tempo".

Oggi la guerra alla corruzione mina le istituzioni democratiche, sostiene i leader sbagliati nella corsa al potere, distoglie l'attenzione della società dai problemi più urgenti. "Troppo facilmente, la corruzione fornisce una diagnosi universale per i mali delle nazioni. Se solo potessimo arginare la cultura dell'accaparramento e dell'avidità, ci dicono, riusciremmo senza fatica a risolvere altri problemi difficili da affrontare. Per quanto sia vero che la corruzione corrode i sistemi politici, porre un freno a tangenti e finanziamenti illeciti non risolverà automaticamente i problemi più spinosi che affliggono la comunità. Questa infondata convinzione rischia di rendere più arduo, se non impossibile, ottenere il sostegno pubblico ad altri indispensabili interventi.

Diventa impossibile, ad esempio, far passare le necessarie riforme al sistema tributario, a fronte di un'opinione diffusa, che vede qualsiasi nuovo contributo pubblico inevitabilmente destinato a svanire in mani corrotte". L'ossessione della corruzione inficia il dibattito anche su altri problemi cruciali. Sistemi di pubblica istruzione allo sbando, episodi di malasanità o economie stagnanti, non possono competere con i titoli dei giornali dedicati agli scandali. "Problemi, questi, che possono essere inaspriti dalla corruzione, ma che traggono origine da condizioni spesso indipendenti dalle pratiche di governanti disonesti. Persino nel caso in cui gravi mali sociali abbiano conquistato i primi posti nell'agenda nazionale, la battaglia contro la corruzione tende a monopolizzare il dibattito pubblico. Inevitabilmente, la percezione collettiva delle misure necessarie ad affrontare altre priorità nazionali è dominata dall'ossessione della corruzione.

Il più grave danno collaterale provocato da tale ossessione è forse l'instabilità politica che essa rischia di generare". Gli elettori hanno già molti motivi per essere insoddisfatti della condotta dei loro leader. "La maledizione della corruzione anima le aspettative irrealistiche dei cittadini rispetto alle misure necessarie a migliorare la qualità della loro vita e ad avviare il Paese sulla strada della prosperità. L'impazienza popolare, esacerbata dalla convinzione che tutti i detentori del potere stiano badando esclusivamente al proprio portafoglio, abbrevia incredibilmente i tempi che i governanti hanno a disposizione per ottenere risultati.

Dal 1990, undici capi di Stato latinoamericani sono stati travolti da scandali o costretti a dimettersi prima del termine del loro mandato: tutti casi nei quali il fattore corruzione ha giocato un ruolo importante. Sebbene queste epurazioni fossero per lo più legittime, talvolta la corruzione si è rivelata un semplice pretesto per liberarsi di un presidente ormai debole; mentre l'arretratezza del Paese era spesso interpretata come l'ennesima conseguenza di una politica di governo corrotta.

Il meccanismo non ha fatto che rinfocolare la convinzione che se gli elettori fossero riusciti a sbarazzarsi della cricca dei loro avidi governanti ed a trovare un leader onesto, il progresso sarebbe stato una naturale conseguenza". Non v'è alcun dubbio che la corruzione sia un flagello da combattere. "Ma neanche possiamo ignorare che tanti Paesi che ne sono afflitti non stanno affatto affondando: Ungheria, Italia e Polonia, ad esempio, hanno saputo conciliare benessere e significativi livelli di corruzione; Cina, India e Thailandia non affondano, ma prosperano. Sarebbe di certo auspicabile che questi Paesi garantissero il rispetto della legge, facessero posto a magistrature oneste e indipendenti, e a sistemi di pubblica istruzione efficienti, ma si tratta di risultati, non di prescrizioni: progressi ottenuti a prezzo di duro lavoro, grazie a sforzi compiuti a tutti i livelli della società e che per lo più hanno richiesto decenni.

Meglio tacere che limitarsi a consigliare ai Paesi in questione di scuotersi di dosso i legacci della corruzione, come fanno spesso investitori stranieri, politici, istituzioni multilaterali e noti giornalisti". Se i grandi flussi finanziari sono diretti in Estremo Oriente dove tutto è possibile, capiamo bene la morale della storia.

La questione morale, dunque, è questione politica, ossia la stella polare nel dibattito per il buongoverno federale d'Italia. La Maratona per la Democrazia è appena cominciata grazie al Federalismo. Ma non siamo preparati al peggio. Perché le forze oscure del clientelismo e del malaffare sono sempre all'opera in Italia e nel mondo. Strani personaggi folcloristici all'orizzonte fanno rabbrividire davvero, spaccando le loro tombe per uscire di nuovo allo scoperto. Ma non basta turarsi il naso per non sentire!

C'è chi resta, chi fugge, chi gravita, chi orbita, chi si trasforma, chi passa la mano e l'eredità politica ai familiari, chi ha il coraggio di tornare indietro sui passi altrui, chi si pente, chi pretende e consolida militarmente il potere ad ogni costo ostentando una verginità politica irreale. Questi zombi e stregoni della Prima Repubblica e mezzo, che decidono chi deve lavorare e chi morire di fame, meritano un esorcismo speciale.

Altro che vanto e modello da asporto! I sepolcri nauseabondi vanno sigillati ermeticamente. Il paletto di frassino contro questi vampiri è il Federalismo da piazzare al cuore del grigio problema clientelare malavitoso che ha ucciso le imprese sane. Così facevano in Abruzzo ostentando zucche di ogni tipo. Oggi occorre aprire le finestre per far uscire l'aria viziata da ragni, non-morti, streghe e pipistrelli. Per far entrare l'ossigeno della Democrazia Federale alla luce del Sole delle Alpi e dell'Italia Unita. Occorre, però, una nuova candida classe dirigente indipendente da quei vampiri e un buon aspirapolvere elettorale per sbarazzarsi delle ragnatele. Felice festa di Halloween e di Ognissanti.

Nicola Facciolini


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