L'Italia non è un Paese per laureati

Indagine di Almalaurea sui nuovi ''dottori''

11 Marzo 2009   12:45  

L'Italia? Non è un Paese per giovani, tantomeno per laureati. Troppo qualificati, troppo colti, troppo preparati, impossibile accontentarli tutti e allora che si fa? Semplice: il posto da carrellista lo diamo all'ingegnere, quello dell'operatrice call center all'insegnante di lingue mentre agli sportelli della posta basta qualche laureato in Scienze della Comunicazione e il gioco e fatto. I diplomati? Ma a lavare le scale no? Le donne poi, con questa fissa del lavoro e dell'autonomia a tutti costi! Non potrebbero andare a cucinare e a lavare i piatti come fanno quelle sante femmine del Terzo mondo? Questo non è un Paese per gente qualificata. Non la vogliamo, che vada all'Estero a fare le sue richieste assurde. Qui è il breve termine, la media riuscita, il respiro corto e affannoso della burocrazia a dettare le regole. Il futuro è una terra straniera, il presente carta straccia, il passato? Se vi riferite al patto sociale che ha reso possibile il matrimonio tra laurea e lavoro qualificato potete scordarvelo. Basta dare un' occhiata ai numeri diffusi dall'ultimo rapporto di Almalaurea sulla condizione dei neolaureati italiani. Il corposo dossier, che verrà presentato a Bari il prossimo 12 marzo, presenta e discute i dati relativi alla condizione di 300 mila nuovi dottori provenienti da 47 Università italiane, dei quali circa 140 mila appena sfornati dal nuovo ordinamento: una situazione indecorosa, solo in parte riconducibile alla crisi.

L'INDAGINE ALMALAUREA

Il Consorzio universitario bolognese, tra i più attivi e innovativi del Paese, vanta la partecipazione di ben 52 Atenei e una banca dati contenente la bellezza di circa un milione e duecentomila curriculum vitae di laureati. Un tesoro di inestimabile valore intellettuale cui fino a qualche anno fa le imprese non esitavano ad attingere per trovare eccellenze da impiegare nei propri reparti. Soltanto nel 2008 sono stati 460 mila i profili freschi di laurea ceduti alle imprese italiane dal Consorzio, ma come per le altre sfere dell'economia nostrana anche tale trend sembra aver ceduto ai colpi inferti dalla crisi mostrando i segni di un inequivocabile ridimensionamento: nei primi due mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, le richieste inoltrate dai direttori del personale alla banca dati di Almalaurea sono scese del 23%. Un calo che questa volta non interessa solo quei comparti del tessuto socioeconomico ritenuti eccessivamente rigonfi o inflazionati, ma anche le cosiddette "lauree forti": i nuovi "dottori" del gruppo economico statistico hanno subito una flessione del 35%, mentre la domanda di ingeneri è scesa del 24%.

Persino nell'Apocalisse di Giovanni è scritto che quando l'ingegnere non lavora c'è da iniziare a preoccuparsi... ovviamente si scherza, ma vedendone uno che spinge il carrello a Fiumicino e un altro in cassa integrazione ad appena 30 anni, mi viene in mente che la fine del mondo, almeno di quello conosciuto, sia già bella che iniziata.

Battute a parte, in Italia la relazione tra laureati e occupazione stabile risulta sempre più logorata. Come dissero i bravi a Don Abbondio, pare proprio che "questo matrimonio tra la signorina Laurea e il signor Posto fisso non s' ha da fare". Ma se pensate che la crisi possa essere rappresentata da Don Rodrigo vi sbagliate. L'ostacolo al matrimonio tra laureato e lavoro qualificato non è stato compromesso dall'attuale crisi, ma da qualcosa di molto più ampio, oscuro e complesso di cui la crisi è soltanto un mero quanto doloroso effetto. Il quadro fornito da Almalaurea descrive gli ultimi 7 anni di mercato lavorativo italiano, e dai dati contenuti nel dossier la discesa dei laureati nel girone dei disoccupati sembra essere iniziata in tempi non sospetti, quando ancora produzione e consumi si mantenevano su livelli stabili. Secondo gli autori della ricerca, la percentuale di laureati(vecchio ordinamento) che ha trovato impiego ad un anno dal conseguimento dal titolo è passata dal 57,5% del 2001 al 51,4% del 2008. Non solo. Se si considera che nel 2008 il tasso di disoccupazione è schizzato di ben 3 punti percentuali rispetto all'anno precedente, il timore che il 2009 possa riservare un andamento addirittura peggiore si fa sempre più fondato.

CIAO, SONO UN ATIPICO E TU?

Crisi o non crisi il problema è lo stesso. Le assunzioni. La stabilità. Il patto sociale. La laurea sembra non sia più in grado di assicurare una strada facilitata o comunque lineare al lavoratore in cerca di occupazione. Anche il contratto che lega il laureato all'impresa di norma è atipico, dunque essere "dottori" non garantisce più quella stabilità economica e professionale offerta ai nostri genitori dopo il conseguimento del titolo. Anni fa la condizione di precarietà era, per la gran parte dei laureati, uno stato temporaneo, una sorta di limbo empirico nel quale rifugiarsi e mettersi alla prova, in attesa di svolgere la professione attinente al proprio percorso di studi. Ma ultimamente le cose sono cambiate: oltre un quarto dei laureati che lavorano da almeno 5 anni si trova stretto nella morsa del lavoro atipico, e se la percentuale tende a diminuire con il passare degli anni(ad un anno dalla cerimonia di laurea il dato si aggira intorno al 50% per poi ridimensionarsi), la proporzione di quanti subiscono il ricatto del contratto a scadenza dopo anni ed anni dal termine degli studi, risulta essere palesemente indecorosa per un sistema sociale che ancora vanta di essere fondato sulla famiglia e sul lavoro.  

LO STIPENDIO: SEMPRE PIU'LEGGERO

Secondo le stime del rapporto, negli ultimi 4 anni il guadagno mensile netto(rivalutato ai valori attuali) è sceso del 6%. Nel 2005 quanti si erano laureati nel 2000 guadagnavano decorosi 1.428 euro mensili, importo sceso a 1.343 euro dopo tre anni con una perdita del potere d'acquisto pari al 6%. Considerando il confronto territoriale tra le diverse aree dello Stivale, è lo stipendio del laureato che vive al Nord quello più alto: 1.392 euro mensili a fronte delle 1.118 euro percepite nel Sud Italia. Una disparità che però non deve ingannare: al netto del differente costo della vita presente nelle due macroaree, il divario si attesta intorno al 2%.

IL 3+2.  BELLO E INUTILE

Secondo le stime sono i più bravi(voto medio riportato 109/110). Si tratta dei circa 30 mila laureati del nuovo ordinamento coinvolti nel dossier di Almalaurea, ma nonostante le migliori performance di studio, soltanto il 28% del totale ha trovato un posto stabile, mentre il 49% continua a vedersela con contratti di natura atipica. Più complessa la lettura della situazione relativa ai laureati di primo livello( campione pari a 105 mila individui). Se si escludono quelli che continuano gli studi(molti), emerge che quasi il 70% di chi consegue il titolo triennale o di base trova lavoro entro un anno dal diploma di laurea. Il 47% del campione però mostra un contratto precario, e soltanto il 40% riesce a conquistare la stabilità, spesso al prezzo di uno status socio-professionale non adeguato al titolo di studio conseguito.







Giovanna Di Carlo

 

 


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