L'avvocato Gionni: ecco il movente dell'omicidio di Melania Rea

05 Aprile 2012   10:51  

Le tracce di Dna trovate nell’arcata dentaria di Melania Rea, la giovane madre uccisa il 18 aprile 2011 con 32 coltellate nel Bosco delle Casermette a Ripe di Civitella, potrebbero diventare fondamentali nel processo a carico del marito, Salvatore Parolisi, accusato dell’omicidio. 

Secondo la ricostruzione della Procura e della parte civile l’assassino le ha tappato la bocca con una mano e ha cercato per due volte di scannarla da dietro, ma ha fallito entrambi i tentativi. Poi si è accanito sulla vittima.

"Noi pensiamo che il 18 aprile Melania potesse aver scoperto cose che prima non sapeva - dice l'avvocato Mauro Gionni al Corriere Adriatico -. Intanto gli sviluppi delle relazione tra Parolisi e l’amante, storia che la casalinga pensava fosse chiusa e che invece si era spinta fino al punto che Salvatore doveva presentarsi proprio in quei giorni ai genitori di Ludovica Perrone, nonostante la moglie lo avesse minacciato di rivelare tutto e di farlo cacciare dall’esercito. E c’erano anche altre relazioni che Parolisi ha ammesso di avere avuto, persino con donne soldato in Afghanistan, e ancora le chat coi trans. Segreti che se rivelati avrebbero potuto compromettere il lavoro a cui lui teneva tanto".

Il legale della famiglia Rea avvalendosi di un pool di esperti, tra i quali figura la psicologa e criminologa Roberta Bruzzone, ha dato via ad una vera e propria indagine parallela a quella della magistratura.

"È di certo una traccia genetica lasciata da Parolisi e lo considero un indizio molto importante" dice Gionni a proposito del Dna. "Nella perizia effettuata dal medico legale Adriano Tagliabracci si afferma che il Dna in bocca a una persona viva resiste poco tempo perché anche solo un movimento della lingua lo può rimuovere. Noi - dice l'avvocato al Corriere Adriatico - abbiamo fatto ulteriori prove che hanno dato un identico risultato: sia le tracce biologiche depositate da un bacio, sia quelle lasciate da una mano che tenta di tappare la bocca alla vittima restano per pochi minuti, ma quelle su Melania erano ancora lì dopo 48 ore. Quindi presumiamo che quel contatto tra Salvatore e la moglie sia avvenuto pochi minuti prima della morte della casalinga. Vedremo cosa diranno i periti nominati dal Gup Tommolini".

Ultimo bacio o mano sulla bocca?  "Secondo me la tesi prevalente è che si tratti delle tracce lasciate da una mano utilizzata per bloccare e tirare a sé la vittima cercando poi di colpirla alla gola con il coltello in due successivi tentativi di scannamento effettuato da un destrimane.Tentativi non andati a segno completamente forse per la reazione di Melania".

Sull'ipotesi che qualcuno abbia infierito sul cadavere tentando di depistare le indagini, l'avvocato della famiglia Rea spiega che "se è stato Parolisi potrebbe poi essersi lavato, disfatto degli abiti insanguinati e, prima di ripartire, aver inferto queste ferite. L’altra ipotesi che facciamo è quella che Salvatore sia tornato sul posto il giorno dopo. Va ricordato che il 19 aprile il caporalmaggiore raggiunse la caserma Clementi solo dopo un’ora e mezza dalla partenza da casa. Non volle essere accompagnato da alcun parente e fece una telefonata all’amante lunga circa 30 minuti. Resterebbe, quindi, il tempo sufficiente per tornare alla Cesermette. Il suo cellulare non lo può dire perché non era ancora sotto controllo visto che all’epoca l’ipotesi prevalente era quella di un rapimento. D’altra parte chi può essere interessato a depistare se non c’è nulla che lo colleghi alla vittima?

A Melania non è stato rubato un euro dalle tasche, non le sono state prese la fedina né l’anello d’oro, non è stata violentata, il corpo non presenta tracce di trascinamento o percosse, non ha pianto, non si è difesa, non c’è traccia di materiale biologico sotto le unghie tranne quelle normali da contatto. Non ha urlato. Tutti elementi che fanno pensare che chi l’ha uccisa fosse una persona che lei conosceva".

Il pool Gionni-Bruzzone sta facendo poi anche altri accertamenti. "Ad esempio stiamo cercando di tirare le somme delle varie perizie sulle celle telefoniche già esaminate da vari esperti della Procura - spiega Gionni -. Non ci vogliamo sovrapporre a lavoro degli investigatori, ma soltanto dare una mano".

E poi si stanno analizzando i contatti avuti dal caporalmaggiore con i trans. "Possiamo avere tranquillità nell’affidare la piccola Vittoria a un padre che chatta con i trans?".

E a fine mese, tra l'altro, si deciderà sulla revoca o meno della patria potestà.


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