L'informazione ai tempi dei predatori e dei terremoti

Giornata Mondiale libertà di stampa

03 Maggio 2010   13:56  

Nel corso della conferenza stampa in piazza Duomo della sezione italiana di Reporters sans Frontières, si è parlato anche del rapporto tra informazione e post-terremoto aquilano. Un argomento affrontato anche nele interviste con il vice presidente di Reporters sans Frontières Italia Domenico Affinito, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, e l'esponente dei comitato 3e32 Alessio Di Giannantonio.

In particolare Affinito si dice in disaccordo con il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, infastidito da quei giornalisti che raccontano ciò che non funziona e non può essere considerato certo un miracolo nel contesto della ricostruzione aquilana.

Rapporto annuale di Freedom House

In anticipo rispetto agli altri anni giunge il rapporto annuale sullo stato di salute della stampa mondiale edito da Freedom House. Lo studio mette in luce una sensibile diminuzione della libertà di stampa mondiale per l'ottavo anno consecutivo, producendo un quadro globale in cui solo una persona su sei vive in paesi con una stampa libera.
Se vi starete chiedendo "come ci siamo classificati?", sappiate che siamo settantaquattresimi nel mondo. L'unico Paese tra le grandi democrazie occidentali ad essere considerato "Partly Free" (parzialmente libero) è il nostro. L'unico paese dell'Europa che "conta" ad avere la libertà di stampa minacciata dall'attacco delle istituzioni è il nostro. Siamo in compagnia di Benin, Hong Kong e India. Se volessimo trovare un "cugino europeo" che stia peggio di noi dovremmo guardare ai paesi dell'Est o addirittura alla Russia.


Per Freedom House la concentrazione dei media nelle mani di un solo soggetto e la pesante interferenza del governo sull'operato dell'emittente pubblica, confermano lo stato dell'Italia come paese parzialmente libero. Scrive FH "In Italia, un paese già classificato l'anno scorso come Partly Free, le condizioni sono peggiorate quando la stampa si è scontrata con la sfera personale del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dando vita ad azioni legali contro le principali testate italiane e straniere e, soprattutto, introducendo la censura dei contenuti critici da parte dell'emittente pubblica."

"L'Italia rimase stabile nella categoria parzialmente libera - scrive Karin Karlekar, che ha curato il rapporto per l'organizzazione - registrando un lieve calo di punteggio a causa dei tentativi palesi delle autorità di interferire sulla politica editoriale delle varie testate".

I quaranta predatori della liberta' di stampa

Quaranta tra politici, gerarchi, leader religiosi, associazioni criminali e capi militari. Sono potenti, violenti e al di sopra della legge. E hanno una caratteristica che li accomuna: sono "predatori" della libertà di espressione.

I fantastici quaranta sono stati elencati da Reporters sans frontieres, che ogni anno stila questa particolare lista. Rispetto all'anno scorso non ci sono grosse differenze in America Latina, dove censori e violentatori di libertà sono principalmente legati a narco-trafficanti, dittatura cubana, Farc e gruppi paramilitari. Grosso modo invariata la situazione anche in Africa, dove però non c'è più il somalo Mohamed Warsame Darwish, organizzatore di torture e omicidi di giornalisti che nel dicembre del 2008 ha perso il suo incarico. La situazione è al contrario molto variabile in Asia e in Medio Oriente.

L'ELENCO DEI PREDONI

Ecco l'elenco completo: Abdallah ibn Al-Saud (re dell'Arabia Saudita); Alexander Lukashenko (presidente della Bielorussia); Ali Abdallah Saleh (presidente dello Yemen); Ali Khamenei (leader supremo della Repubblica islamica dell'Iran); Bashar Al-Assad (presidente della Siria); Choummaly Sayasone (presidente del Laos); Eta (organizzazione terroristica basca); Hamas (organizzazione palestinese); Farc (organizzazione guerrigliera della Colombia); Gotabhaya Rajapakse (ministro della difesa dello Sri Lanka e fratello minore del presidente); Gurbanguly Berdymukhamedov (presidente del Turkmenistan); Hu Jintao (presidente della Cina); Ilham Aliev (presdente dell'Azerbaijan); Islam Karimov (presidente dell'Uzbekistan); Militizie islamiche della Somalia; Esercito Israeliano; Issaias Afeworki (presidente dell'Eritrea); Kim Jong-il (presidente della Corea del Nord); Mahmoud Ahmadinejad (presidente dell'Iran); Mswati III (re dello Swaziland); Muammar Gheddafi (capo di sato della Libia); Mullah Mohammad Omar (capo dei talebani); Gruppi armati nepalesi; Nong Duc Manh (segretario generale del Partito comunista del Vietnam); Nursultan Nazarbayev (presidente del Kazakistan); Ogbonna Onovo (capo della polizia della Nigeria); Criminalità organizzata italiana; Paul Kagame (presidente del Ruanda); Milizie private delle Filippine; Ramzan Kadyrov (primo ministro reggente della Cecenia); Raúl Castro (presidente del Consiglio dei ministri di Cuba); Robert Mugabe (presidente dello Zimbabwe); Sinaloa, Gulf e Juárez (principali "cartelli" della droga messicana); Teodoro Obiang Nguema (presidente della Guinea equatoriale); Than Shwe (capo del governo militare della Birmania); forze di sicurezza palestinese; Vladimir Putin (primo ministro della Russia); Yahya Jammeh (presidente del Gambia); Zine el-Abidine Ben Ali (presidente della Tunisia); Águilas Negras (gruppo paramilitare colombiano).

 

 


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