L'oncologo: «Fumo, alcol e cibo: ecco come prevenire i tumori»

di Roberto Gervaso

19 Gennaio 2009   07:35  

Sapere, sapere, sapere. Prevenire, prevenire, prevenire. Oggi molti tumori si debellano con la diagnosi precoce, che tanti pusillanimi stolidamente temono. Al primo sintomo, subito dal medico o dallo specialista, subito i controlli.

Parola mia, che ci sono passato, e dell’oncologo del San Raffaele di Milano, e demiurgo dei convegni oncologici di Erice, professor Eugenio Villa, Cassazione assoluta in questo campo insidiosamente minato.

Cos’è biologicamente il cancro?
È la proliferazione incontrollata di cellule che tendono a diffondersi. Cioè, a metastatizzare in altri organi o strutture attraverso i vasi venosi o linfatici.

E clinicamente?
È un ammasso di cellule che progressivamente, aumentando in modo più o meno veloce, formano un nodulo in genere di consistenza diversa rispetto a quella dell’organo d’insorgenza. Questo nodulo è reso visibile, palpabile o evidenziabile con accertamenti ecografici, radiologici convenzionali, Tac, risonanza magnetica nucleare, scintigrafia o PET.

Lo sviluppo del tumore è sempre accompagnato da sintomi?
Non sempre. Se la diagnosi è tardiva, c’è una maggiore probabilità di presenza di metastasi a distanza.

Le diagnosi sono sempre difficili?
Fortunatamente, no. Grazie alla tecnologia di cui oggi disponiamo.

Le neoplasie più docili?
Se per docili s’intendono neoplasie che possono dare una lunga sopravvivenza: alcune varietà di linfomi non Hodgkin, cosiddetti “indolenti”, alcune forme di leucemia linfatica cronica, alcune varietà di carcinoma della mammella e della prostata. Tumori, anche se metastatici, sensibili ai trattamenti ormonali. Trattamenti che possono garantire la sopravvivenza anche di decenni.

Le neoplasie più severe?
Il carcinoma del pancreas e del polmone che, purtroppo, ancora oggi, viene diagnosticato in oltre il 70 per cento dei casi in stadio avanzato e, di conseguenza, non guaribile.

Esistono tumori ereditari?
Se si parla di eridetarietà in senso stretto, dal punto di vista genico, no.

C’è una predisposizione ereditaria?
Sì. Conseguente a una o più mutazioni geniche che, insieme a cofattori non completamente noti, incide sulla maggiore tendenza allo sviluppo di tumori. Il 10-15 per cento di alcune neoplasie - seno, ovaio, colon retto, melanomi - possono essere ricondotti a una predisposizione genetica.

Il cancro è mai contagioso?
No. Si possono trasmettere infezioni che espongono ad un maggior rischio di svilupparlo.

Ad esempio?
I virus dell’epatite predispongono al rischio dell’epatocarcinoma, l’helicobacter pilori a quello del linfoma gastrico, il papilloma virus a quello della cervice uterina, il virus dell’Aids a vari tipi di neoplasie.

Quali tumori hanno sicuramente un’origine virale?
Nessuno ha un’origine esclusivamente virale. Il virus può essere una concausa.

Esistono vaccini?
Finora, solo in via di sperimentazione.

C’è una campagna di vaccinazione delle ragazze contro l’infezione da papilloma virus (HPV).
Non è una vaccinoterapia contro il tumore, ma contro il virus che ne favorisce lo sviluppo.

Ci sono organi portatori alla nascita di tumore?
Ci sono tumori dovuti a un’alterazione dello sviluppo delle cellule embrionali.

Negli uomini esistono cellule tumorali latenti che non diventeranno mai clinicamente tumori?
Sì. Ad esempio, il carcinoma della prostata. Da casistiche di autopsie di uomini deceduti per cause varie oltre gli ottant’anni, circa il 60 per cento risultava affetto da un carcinoma della prostata, senza che questo avesse dato segni clinici.

Sono molte le sostanze cancerogene identificate?
Sì, anche se moltissime ancora non lo sono.

Perché?
Per i lunghi periodi di latenza, a volte sono necessari molti anni di esposizione e di osservazione per identificarne completamente la pericolosità.

Quali fattori individuali influenzano l’insorgenza di una neoplasia?
Il consumo di alcool, il fumo, il tipo di alimentazione ed eventuali predisposizioni ereditarie.

E gli idrocarburi?
Quelli policiclici presenti nel petrolio, nell’asfalto, nel fumo di sigaretta, si generano per riscaldamento nel carbone, nella benzina, nella nafta e si formano nella cottura ad alta temperatura con parziale carbonizzazione del cibo (alimenti fatti alla brace, fritti, sostanze tostate).

In quale percentuale l’ambiente favorisce lo sviluppo di un tumore?
Abitare in una grande città di un Paese industrializzato farebbe aumentare di almeno il 50 per cento il rischio di tumore polmonare.

Di quali tipi di tumore il fumo è responsabile?
Il fumo di sigaretta si stima che provochi il 50-80 per cento di tutti i tumori polmonari. In associazione con l’alcool, è la causa principale dei tumori del cavo orale, laringe, faringe, esofago. Non solo: aumenta considerevolmente il rischio dei tumori del pancreas, del rene e della vescica. Complessivamente la quota dei tumori dovuti al tabacco è di circa il trenta per cento del totale.

E l’alcool?
L’alcool viene chiamato in causa come elemento cancerogeno per il tumore del fegato, favorendo la cirrosi e la sua degenerazione neoplastica.

E la carne?
Nel mondo occidentale il carcinoma del colon è il secondo tumore per incidenza nell’uomo, dopo il tumore del polmone e, nella donna, dopo quello della mammella. È stato anche associato al maggior consumo di carne rossa.

Una dieta povera di fibre aumenta il rischio di tumore all’intestino?
Sì. Ma non è chiaro se il maggiore rischio sia legato a un problema di alimentazione, di modo di cottura dei cibi o allo sviluppo di sostanze cancerogene nel processo di degradazione della carne.

E la sovralimentazione?
L’obesità favorirebbe l’insorgenza dei tumori del colon, della mammella, dell’utero, del rene, dell’esofago e, forse, del pancreas, dell’ovaio e della colecisti. Avrebbe invece un ruolo protettivo il consumo di verdura, frutta e pesce.

Gli organi maschili più esposti al cancro?
La prostata è il più frequente tumore nella terza età, mentre, nell’età compresa tra i 18 e 30 anni, il più ricorrente nel maschio è quello del testicolo.

E gli organi femminili?
La mammella. L’incidenza di una neoplasia del seno aumenta progressivamente fino a raggiungere un picco nella sesta decade. Ci sono poi i tumori dell’ovaio e dell’utero.

A che cosa è dovuto il cancro della mammella?
Le cause dirette non sono note. Sono conosciuti i fattori che espongono la donna a un maggior rischio.

Quali?
La prima gravidanza in età tardiva o la nulliparità. La figlia di una donna che ha avuto un carcinoma della mammella ha il 50 per cento in più di rischio di tumore rispetto a una coetanea.

È vero che i tumori del seno sono più diffusi nelle civiltà avanzate e fra le classi abbienti?
L’incidenza è superiore sette-otto volte nei paesi industrializzati. Non tanto per il consumo di grassi quanto per lo stile complessivo di alimentazione.

Il cancro più frequente nei bambini?
Le leucemie sono le forme neoplastiche più frequenti nei bambini con circa cinquanta casi anno per milione di bambini. Complessivamente rappresentano il 50-60 per cento delle neoplasie dell’infanzia.

Seguono?
I tumori cerebrali (25 per cento, con un’incidenza di trentacinque casi anno per milione di bambini).

Le neoplasie in aumento?
Complessivamente, del 20-30 per cento. Ma questo potrebbe in parte essere imputabile al notevole aumento dell’età media della popolazione.

E quali in diminuzione?
I tumori dello stomaco e della cervice uterina, quelli legati agli abusi di alcool e tabacco tipici del passato, soprattutto nei ceti rurali: orofaringe, faringe, laringe, esofago.

Quanti italiani si ammalano ogni anno di cancro?
Circa 300.000

E quanti ne muoiono?

Circa 150.000

Percentualmente, rispetto ad altre malattie?
I tumori rappresentano il 33-40 per cento delle cause di decesso.

La prima causa?
Secondo le rilevazioni statistiche, le malattie cardiovascolari.

Le neoplasie metastatizzate sono curabili?
Occorre dare un messaggio corretto su due termini, o concetti, profondamente diversi: curabilità e guaribilità. Ogni paziente con malattia in qualunque stadio è curabile e dev’essere curato, se non altro con la terapia del dolore.

E i progressi dei trattamenti oncologici?
Grazie a questi c’è un netto incremento della sopravvivenza media della popolazione di pazienti con malattia metastatica. Sempre più spesso la causa della morte non è il tumore.

Le terapie a disposizione oggi dell’oncologo?
La cura di un tumore non è più quasi mai di competenza di un singolo specialista, ma nasce dalla sempre più perfetta integrazione fra chirurgo, radioterapista ed oncologo medico. Ciò ha portato a un netto incremento delle medie di sopravvivenza e delle percentuali di guarigione.

Gli effetti collaterali?

Dipende da ogni singolo prodotto.

Gli effetti collaterali più comuni con i farmaci chemioterapici tradizionali?
La nausea, il vomito, la caduta dei capelli, l’abbassamento dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine.

I rischi?
Tutte le terapie a disposizione dei medici oggi per la cura dei tumori hanno potenziali rischi poiché, dovendo distruggere delle cellule, possono debellare cellule normali e, quindi, creare danni.

I rischi, dunque, vanno scrupolosamente valutati caso per caso.
Sì, tenendo conto del paziente, dell’obiettivo da raggiungere e degli effetti collaterali a breve, medio e lungo termine.

Compito dell’oncologo?
Scegliere la strategia terapeutica che minimizza i rischi e massimizza il risultato terapeutico.

I capisaldi della terapia antidolorifica?
Non soffrire è il diritto fondamentale del paziente che già vive un dramma fisico e psicologico.

Al malato va sempre detta la verità?
Il malato ha il diritto di sapere la verità, ma il modo di comunicarla è il compito più difficile del medico.

Perché?
Perché molti non hanno una preparazione psicologica adeguata. E spesso il medico non conosce abbastanza il paziente.

Nella sua esperienza?
Più il paziente conosce la verità, più, una volta superato lo shock iniziale, è combattivo nell’affrontare la malattia.

Gli stati d’animo del malato dopo una diagnosi di tumore?
All’inizio, è il dramma individuale e familiare. Poi prevale sempre di più l’interesse a conoscere la prognosi, la probabilità di guarigione con le varie possibilità di cura. Infine, si passa, nella maggioranza dei casi, alla volontà di combattere.

Sono più i malati che vogliono sapere o quelli che preferiscono ignorare?
Non credo che siano più del 20 per cento i pazienti che non vogliono sapere.

Come difenderci dal cancro?
Per prima cosa prevenendolo, ovvero cercando di evitare quei comportamenti, abitudini, esposizioni che fanno aumentare il rischio. Quindi, con la diagnosi precoce, il fattore che, ancora oggi, per molti tumori, garantisce la maggiore probabilità di guarigione. Infine, una corretta e avanzata strategia terapeutica.

La diagnosi precoce è sempre salvifica?
Sì, in una grandissima percentuale dei casi. La parola “sempre”, in medicina, non esiste.

Cosa si fa in Italia per la lotta contro il cancro?
L’Italia è uno dei Paesi leader a livello mondiale nella lotta e nella terapia dei tumori, nonostante la scarsità di risorse finanziarie.

Sconfiggeremo questo mostro?
Non è un mostro: è una malattia. Prima o poi, sarà sconfitta.

Se le dicessero: “Hai un cancro”?
Ho le stese probabilità del resto degli Italiani e non mi sono mai sentito immune da questo rischio per il fatto di essere medico e oncologo. Sicuramente avrei gli stessi problemi psicologici e pratici che hanno tutti. Sarei arrabbiatissimo con me stesso se la diagnosi fosse tardiva per aver sottovalutato sintomi e aver rinviato gli accertamenti necessari. Infine, mi rimboccherei le maniche e comincerei a combattere. Innanzitutto, per guarire.

(ilgazzettino.it)


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