La Commissione grandi rischi e lo sciame delle rassicurazioni disastrose

15 Febbraio 2012   10:13  

Un'analisi dell'antropologo Antonello Ciccozzi, consulente dell'accusa al processo alla commissione grandi rischi.

LA DIAGNOSI DI RISCHIO PRODOTTA DALLA COMMISSIONE GRANDI RISCHI

La ragione della convocazione d’urgenza della CGR nella città dell’Aquila il 31 marzo 2009 deriva dalla situazione di crescente inquietudine collettiva portata dalla sequenza sismica in atto, proprio sotto la città, da circa quattro mesi. Tale fenomeno si manifestò in una continua intensificazione che, fino ad allora, era culminata in una forte scossa il pomeriggio 30 marzo – di magnitudo Richter 4.1 – che aveva causato una serie di lesioni ad alcuni edifici (in particolare alla scuola elementare De Amicis, fortunatamente vuota a quell’ora, che risultò poi inagibile).

Il fatto cagionò la platealizzazione di un sentimento di atavica paura che da mesi già montava tra la gente, e che quel giorno iniziò ad esprimersi socialmente non più attraverso vaghi e sommessi timori, ma nei termini di un manifesto terrore riguardo la possibile imminenza di una scossa catastrofica che penetrò presto ovunque, fino a dominare l’immaginario collettivo.

Da quel pomeriggio la città era contagiata dallo spavento; e, in quest’epidemia che aveva infestato il senso comune aquilano, non si discuteva d’altro che di terremoto. L’origine di questo turbamento crescente è però da ricondurre – oltre che ad una reazione immediata alla sequenza pressoché quotidiana di scosse sfociata nel minaccioso scuotimento del 30 marzo – anche e necessariamente alla peculiare storia sismica dell’aquilano: un’area tormentata nei secoli da una serie considerevole di terremoti disastrosi.

Perciò è verosimile ritenere che l’evidente sensazione collettiva dell’imminenza di un’ecatombe fosse rafforzata dalla convergenza di un dato materiale con uno simbolico, dove l’esperienza presente di una sequenza di scosse sempre più energiche entrò in risonanza con la consapevolezza storica di un passato di distruzioni sismiche, conferendo sempre più consistenza all’interpretazione del fenomeno tellurico in atto come il preludio di una possibile catastrofe (anzi, di una nuova catastrofe). Proprio per fronteggiare questo sentimento di terrore collettivo fu richiesta la convocazione della CGR, che si riunì in città il 31 marzo 2009 con l’obiettivo dichiarato di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane».

La città, di fronte alla meraviglia suscitata da un evento inquietante e misterioso, reagiva nel modo più peculiare per l’uomo: con una richiesta di senso.

Le istituzioni locali accolgono il montante fremito della gente che voleva sapere cosa significassero quelle scosse, e lo fanno chiedendo all’ente più autorevole preposta ad informare le popolazioni sui rischi da eventi calamitosi che gli comunicasse il senso di quello che stava succedendo.

Fondata o meno che possa essere stata l’istanza, la città intera domandava a quella Commissione se ci sarebbe stato o meno un terremoto disastroso.

E la CGR in funzione del suo ruolo non poteva che rispondere; e poteva farlo essenzialmente in tre maniere: in modo deterministico (o affermativo o negativo, riconoscendosi implicitamente una capacità previsionale certa di informare sull’evento), oppure senza determinare alcunché (informando sull’impossibilità di prevedere l’evento), oppure ancora in modo probabilistico (definendo una probabilità di occorrenza, e quindi viceversa di non occorrenza di un terremoto disastroso).

Come vedremo la risposta fu una diagnosi sostanzialmente di tenore rassicurante, emergente da un insieme cacofonico di enunciazioni scoordinate e contraddittorie, in cui fu ribadita una valutazione deterministica, già espressa varie volte nei mesi precedenti dalle istituzioni sismologiche e di protezione civile nazionali, nella quale, mentre si asseriva che i terremoti non si possono prevedere, paradossalmente si prevedeva che non vi sarebbe stato un terremoto catastrofico

La convocazione consisté in una frettolosa riunione tardo-pomeridiana della durata complessiva di circa un’ora, tenuta alla presenza di altri esponenti locali della Protezione Civile, insieme al sindaco dell’Aquila e ad alcuni altri invitati. Va precisato che alla fine dell’incontro gli esperti della CGR non fornirono nessun documento ufficiale sotto forma di verbale scritto. Non sono risultate reperibili registrazioni audio-visive dell’intera conferenza stampa, tuttavia le emittenti televisive locali trasmetteranno le dichiarazioni rilasciate dal prof. Barberi, dal sindaco Cialente, dall’assessore Stati, più quella fornita dall’ing. De Bernardinis immediatamente prima di entrare in riunione con la CGR.

Le dichiarazioni fornite dal prof. Barberi alle emittenti locali furono incentrate sulla puntualizzazione che «non si possono prevedere i terremoti», precisazione fornita molto probabilmente in risposta alla crescente attenzione cittadina nei confronti di un ricercatore locale, Giampaolo Giuliani, balzato agli onori delle cronache di quei giorni per aver dichiarato di poter prevedere i terremoti attraverso il monitoraggio dell’attività del gas radon.

Va notato che Barberi durante l’intervista non nominò mai apertamente Giuliani ma avvertì che «chiunque dica che ha lo strumento per prevedere la scossa, dice una fesseria, millanta cose non esistenti, imbroglia e crea spavento nelle persone».

Il professore entra poi nello specifico della natura del fenomeno in corso con la seguente considerazione: «questi che nel gergo della sismologia si chiamano ‘sciami sismici’ – molte scosse ravvicinate più o meno di magnitudo simile – sono abbastanza frequenti, molto raramente evolvono in situazioni più critiche, nella maggior parte dei casi si esauriscono senza produrre nulla di più pericoloso. Questo però non ci consente di dire che non è matematicamente possibile che ci sia una scossa più forte.

Se lo potessimo dire avremmo questa capacità di previsione che, come ho già detto, purtroppo non abbiamo». Si deve osservare che tale dichiarazione rappresenta l’unica rassicurazione di tenore non deterministico comunicata dalla CGR alla popolazione: un terremoto catastrofico viene considerato come un’eventualità molto rara, ossia viene rappresentata una situazione rassicurante, in cui l’evenienza calamitosa è lapidariamente marginalizzata come occasione del tutto remota; ma, almeno in linea di principio, non è del tutto esclusa (quando invece la maggior parte della comunicazione riguardo il rischio ha assunto un carattere di raassicurazione deterministica).

Va subito rilevato che tale valutazione contrasta con i molti studi accreditati sull’appropriatezza della definizione del fenomeno in termini di “sciame sismico”, sulla pericolosità storica della zona e della situazione specifica; ricerche autorevoli che non avrebbero consentito minimamente di vagliare nella circostanza del “qui ed ora” aquilano l’eventualità di un disastro come “molto rara”, ma avrebbero quantomeno suggerito l’assunzione di uno forte stato di allerta.

Un’altra intervista trasmessa dai media aquilani è quella a Massimo Cialente, che proprio in quanto sindaco dell’Aquila riveste la carica di responsabile locale della Protezione Civile, e che quindi, a partire da tale funzione, si assume il compito di riferire mediaticamente agli aquilani quanto emerso dalla riunione. Il primo cittadino, premettendo di avere appreso dalla CGR che «non è possibile prevedere i terremoti», conclude affermando di aver acquisito dalla riunione che si era di fronte a uno «sciame sismico, caratterizzato soprattutto per avere un’alta frequenza, ma una scarsa ampiezza» dove «non ci dovrebbero essere rischi sulle strutture»

Come vedremo a breve, si tratta di una valutazione già comunicata più volte nei mesi passati attraverso i media da diversi esperti della Protezione Civile e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (d’ora in avanti INGV). Simili affermazioni implicano una conclusione paradossale che caratterizza in modo più o meno esplicito gran parte della comunicazione attuata dalle istituzioni scientifiche riguardo la sequenza sismica in atto nell’area aquilana, in base alla quale, in sostanza, “i terremoti non si possono prevedere, ma quello che sta avvenendo all’Aquila non porterà un terremoto disastroso”; ovvero – riducendo all’osso l’informazione comunicata – che “i terremoti non si possono prevedere, ma prevediamo un non-terremoto”.

Il tenore ampiamente rassicurante della diagnosi della situazione aquilana espressa dagli esperti durante la riunione della CGR può essere confermato dalle testimonianze di alcuni invitati alla stessa 10 . L’assessore regionale alla Protezione Civile Daniela Stati ha confermato che «il messaggio forte, il messaggio principale che la Commissione dette fu che il terremoto non si può prevedere e non bisognava fare inutili allarmismi» in quanto «le continue scosse rappresentavano un segnale favorevole perché c’era un continuo scarico di energia che allontanava il pericolo di forti scosse e che lo sciame sismico in corso era normale per la zona dell’Aquila».

La Stati si dice sicura che tale valutazione fu riferita da uno degli scienziati della CGR nel corso della riunione, e che anch’ella si sentì talmente rassicurata da non prendere nessuna precauzione per sé e per la sua famiglia, pur avvertendo le scosse nella sua casa ad Avezzano. Alla fine della riunione la Stati chiede ai componenti della CGR cosa avrebbe dovuto riferire in conferenza stampa, e ricorda che gli scienziati le dissero ancora una volta che «i terremoti non si possono prevedere, che il fenomeno in atto non era preoccupante e che quindi non bisognava diffondere nessun allarme».

Un altro testimone che ha assistito alla riunione in prima persona come uditore è Gianluca Braga, all’epoca Vice Prefetto dell’Aquila, il quale conferma che si accennò appena alla bassa probabilità di una scossa distruttiva, trattandola come un’eventualità del tutto remota (menzionata quindi solo in linea di principio poiché non si poteva escludere in maniera assoluta ma non approfondita); e precisa che si sentì complessivamente rassicurato dalla riunione in quanto le spiegazioni fornite dagli scienziati «non prefiguravano necessariamente eventi distruttivi “a breve”, stante anche il riferito contenuto, graduale rilascio di energia in atto nella zona».

Nella testimonianza resa al dibattimento, Braga aggiunge che durante la riunione della CGR «sia il tono che i contenuti degli interventi erano in senso non allarmistico, questo sicuramente, anzi, l’evento fu definito improbabile»; viceversa veniva prospettato un «possibile scenario di evento» in cui fu sostanzialmente formulata una previsione dove, in seguito a possibili scosse future, ci si sarebbe potuto attendere, al più, delle cadute di cornicioni. Anche il Vice Prefetto conferma che, durante la riunione, gli esperti precisarono chiaramente che «un rilascio graduale di energia diminuiva le possibilità di un evento catastrofico». L’unico tecnico esterno alla CGR presente alla riunione è Christian Del Pinto, geofisico sismologo della Protezione Civile della regione Molise, che partecipò per interesse scientifico in qualità di uditore, grazie a un invito ottenuto tramite l’intercessione dell’assessore del comune di Teramo Giovanni Luzi. Del Pinto, che riferisce di avere avuto dalla riunione l’impressione di una «grottesca pantomima» senza effettivi contenuti scientifici, conferma che la discussione fu incentrata su due argomenti fondamentali: la non prevedibilità dei terremoti e la normalità dello sciame sismico in corso. Il tecnico menziona che i componenti della CGR asserirono che «tutt’al più avrebbero potuto verificarsi altre scosse di magnitudo prossime al 4.0 Ml (o poco superiori o poco inferiori) come quella del 30 marzo», e sottolinea che a suo giudizio definire “normale” la sequenza sismica in corso era «un azzardo ed un errore concettuale», specificando che «la parola ‘normale’ in sismologia indica solo un certo tipo di faglia; con riferimento alla sismicità la parola da utilizzarsi non è ‘normale’ ma ‘ordinario’».

In merito Del Pinto ricorda che in cuor suo aveva escluso «che il fenomeno in atto all’Aquila potesse definirsi “ordinario” perché era un fenomeno che si caratterizzava da alcuni mesi, con scosse via via crescenti, sia come numero che come intensità, e tutte concentrate in una medesima area. Non era un fenomeno né “normale” né “ordinario”».

Ciò a parere del testimone, in quanto, mentre i cosiddetti ‘sciami sismici’ indicano sequenze di lievi scosse simili tra loro per intensità, all’Aquila si era di fronte a un significativo incremento di magnitudo, per cui «se da magnitudo 2.8 si era passati a magnitudo 4.0 non si poteva escludere che, nei giorni a venire, si sarebbe potuto passare a valori di magnitudo maggiori». Del Pinto sottolinea anche che aveva subito notato la contraddizione logica insita nell’affermare che i terremoti non si possono prevedere sostenendo al contempo che non ci saranno terremoti più forti.

Un momento di particolare rilevanza, in questa fase cruciale di comunicazione alla popolazione di un’informazione così vitale, sarà interpretato dal vice capo del settore tecnico-operativo del Dipartimento di Protezione Civile, l’ingegner Bernardo De Bernardinis, durante l’intervista rilasciata all’emittente televisiva locale “TV Uno” immediatamente prima della riunione della CGR. Qui il tecnico esordisce riferendo che la sequenza di scosse in esame si sarebbe dovuta collocare «in una fenomenologia senz’altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questa tipologia di territori».

L’intervista prosegue in un clima di serena confidenzialità in cui l’ingegnere risponde al richiamo di sangue del cronista, che gli ricorda che è «delle nostre parti» (i nonni erano di Ofena un paese a una quarantina di chilometri dall’Aquila), confermando le sue origini abruzzesi; e arrivando perfino a un accenno a del tutto generici racconti di sapore tradizionale sulla sismicità dei luoghi, dove i terremoti i suoi avi «erano pronti ad affrontarli» e «si ricordavano quelli dei loro padri».

Qui l’esternazione di De Bernardinis continua, e, nell’inaspettata piega elegiacoidentitaria presa dall’intervista, il tecnico fornisce una diagnosi della situazione dal tenore inequivocabilmente rassicurante, affermando serenamente e senza mezzi termini che «non c’è un pericolo» in quanto «la comunità scientifica» gli avrebbe confermato «una situazione favorevole» data da «uno scarico di energia continuo», dove «sostanzialmente ci sono anche degli eventi piuttosto intensi» che comunque «non sono intensissimi».

A questo punto il cronista in chiusura dell’incontro, con cadenza sollevata, trasla il tenore delle rassicurazioni appena ricevute, annunciando a De Bernardinis, con un tono che è tra l’intenzione e la verifica, che «intanto ci facciamo un buon bicchiere di vino, di Ofena», ricevendo subito una conferma dal tecnico, che rilancia con queste parole conclusive di totale distensione che suonano alla stregua di una benedizione: «assolutamente, assolutamente un Montepulciano di quelli assolutamente doc diciamo…mi sembra…mi sembra importante questo». Il giorno dopo il quotidiano “Il Centro”, la testata più diffusa nei luoghi della socialità aquilana, riporterà in calce le dichiarazioni di De Bernardinis incentrate sulla sua inequivocabile diagnosi di normalità della situazione («non c’è pericolo, perché c’è uno scarico continuo di energia; la situazione è favorevole»).

Chi avesse letto “Il Messaggero” avrebbe appreso che De Bernardinis spiegava che «la comunità scientifica conferma che non c’è pericolo perché c’è uno scarico continuo di energia, la situazione è favorevole, ci sono eventi piuttosto intensi ma non intensissimi». Analogamente l’edizione abruzzese del quotidiano “Il Tempo” titolerà così in prima pagina: «Protezione civile: nuove scosse ma non c’è pericolo» specificando in fondo che «il vice capo del dipartimento della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, assicura: la comunità scientifica conferma che non c’è pericolo».

Le edicole esauriranno i quotidiani locali già dalle dieci di mattina; mentre, a partire da qualche minuto dopo la riunione, pressoché tutti i mediaweb e i telegiornali locali dedicano alla notizia della riunione della CGR ampio risalto, trascrivendo o trasmettendo per intero l’intervista a De Bernardinis come punto centrale della diagnosi data dagli esperti chiamati proprio per quello scopo. 11 Questa valutazione nitidamente rassicurante e deterministica viene così immediatamente diffusa, echeggiando anche sui media nazionali11 , su una popolazione estremamente ricettiva, che, nel tamtam dell’interazione quotidiana, la divulgherà come elemento prioritario e quasi sempre imprescindibile dei discorsi di senso comune praticati in città durante quei giorni da tutti gli strati sociali e per ogni classe di età.

Ragazzi, vecchi, adulti, operai, dottori, studenti, politici, commercianti, preti e chiunque altro: la maggior parte degli aquilani già da quella sera saprà che i grandi esperti di una commissione scientifica nazionale, venuti di persona in città, hanno sostanzialmente affermato che quelle scosse non porteranno a una catastrofe.

Chi è stato attento potrà aver appreso che quest’evenienza è al più assai remota; invece quelle scosse sono – al contrario dei cupi presagi suggeriti oltre che dal un primordiale senso di terrore indotto dalle scosse, dalle prescrizioni tradizionali locali tramandate dagli anziani – un segno positivo, indice che il terremoto si sta scaricando. 


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