La trappola dell'identità chiusa e impagliata

23 Marzo 2010   10:52  

L’identità di queste Valli è un valore insostituibile non solo per la memoria collettiva, ma anche per il loro sviluppo: cresce sempre più la consapevolezza di turisti e visitatori da tutto il mondo che cercano oltre a luoghi di interesse paesaggistico e culturale, la presenza di una storia e di un vissuto collettivo. Ma non è con la logica dei musei che si conserva il territorio, si tramandano le tradizioni, gli usi, i dialetti e i modi di dire, ma nella vita quotidiana, nella capacità di ripensare e attualizzare anche le attività storiche. La conservazione non ha senso se diventa soltanto nostalgia: bisogna dare un futuro a questo passato.

Quanto più ci si chiude, tanto più si impedisce alla memoria e alle tradizioni di questi luoghi di vivere. Non molto tempo fa un’agenzia immobiliare inglese, interessata a promuovere case vacanza in Abruzzo, è stata costretta ad aprire un ufficio con personale proprio perché non trovava un partner del luogo con adeguate competenze linguistiche. Ma se vi fermate a parlare con gli anziani dei nostri paesi, che hanno fatto la guerra e sono finiti in Africa o in Germania, scoprirete che ricordano ancora un po’ di tedesco, di inglese, francese o magari arabo. Un fatto normale, in una cultura abituata ad accogliere il diverso senza perdere per questo la propria identità.

Oggi rischiamo esattamente il contrario: di creare recinti e chiusure che, anziché difendere il meglio delle nostre tradizioni, le fanno morire. Rifiutare l’inglese non serve, così come recintare le aree e chiuderle alle attività che da secoli le hanno caratterizzate, quando poi perdiamo l’uso dei dialetti locali e parliamo tutti una specie di versione imbastardita del romanesco, e i nostri figli sono costretti ad andare altrove a cercare lavoro.

La logica del sostegno pubblico deve finire: anche i più nobili intenti, come quello di conservare il territorio, rischiano di naufragare in pure realtà museali, se non sanno creare uno sviluppo che le faccia camminare con le loro gambe. 

E lo stesso vale per tutte quelle proposte, uguali da Nord a Sud, che illudono con i grandi numeri dell’occupazione e poi durano il tempo di un finanziamento pubblico per finire in cassa integrazione in pochi anni, svilendo le potenzialità di questo territorio: di esempi ne abbiamo fin troppi.
Ritroviamo la vocazione autonoma di sviluppo di questo territorio, la capacità di essere insieme autentico e accogliente, capace di parlare il dialetto (quello vero) ma anche l’inglese, capace di sedurre con la qualità del suo territorio e con le attività che da secoli vi si svolgono senza impoverirlo: cosa stiamo aspettando?

Elettra Rinaldi - Anversa degli Abruzzi


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