Lavoro, italiani "straccioni" d'Europa: non è una sensazione, sono i dati ufficiali Eurostat

Stipendio medio italiano al 12° posto in Europa

27 Febbraio 2012   10:41  

La notizia non stupisce, semmai conferma le paure e la visione affatto rosea che gli italiano hanno della propria condizione.

Che i nostri salari fossero tra i più bassi d'Europa non è notizia che arriva come doccia fredda, ma sapere che sopra di noi c'è perfino la Grecia... “no non diventeremo mai com la Grecia” si affrettano a dire gli analisti economici quando qualcuno porta sul bano delle discussioni lo spauracchio greco.

Se non siamo la Grecia, e abbiamo un sistema economico finanziario più solido, forse è per la solidità del sistema famiglia, per la struttura sociale che fino ad oggi ha retto. Di fatto però gli italiani se la passano davvero male.

I dati diffusi da Eurostat, relativi ad un'analisi del 2009, mettono in chiaro la nostra situazione: stipendi da miseria quelli italiani, esattamente come sembrano a chi li percepisce. Non è sensazione, sono dati reali.

Secondo i dati del 2009, lo stipendio medio dei lavoratori italiani è al dodicesimo posto nella classifica dell'area euro. Nel dettaglio, in Italia, il valore dello stipendio annuo (in aziende con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100).

Chissà dove sono i paesi che come noi marcano il passo! Prima e meglio piazzati in classifica. Meglio di noi fanno anche Irlanda, Spagna, Cipro e persino la bistrattata Grecia (ma con i tagli agli stipendi dell'ultimo anno scenderà molto in classifica con le prossime rilevazioni).

L'analisi riguarda anche l'aumento delle retribuzioni durante gli anni. In Italia in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).

Sono diversi gli aspetti che ruotano attorno al tema delle retribuzioni. Vale la pena tornare a citare i dati contenuti nell'Employment Outlook 2007, pubblicato a giugno di questo anno, tra il 1995 e il 2005 in 18 dei 20 paesi dell’Ocse, le retribuzioni del dieci per cento dei lavoratori pagati più profumatamente sono cresciute così da aumentatare la distanza da quel dieci per cento che rimane nel fondo della scala degli stipendi. A rimetterci, in tutta l'Europa, sono quei lavoratori che stanno all’interno dell’arena globale del mercato del lavoro con meno strumenti di altri e che rischiano di avere posizioni sempre più deboli.

E' un problema evidentemente non solo italiano, ma ancora una volta chi sta peggio tra gli europei che stanno male, sono sempre gli italiani. Solo Giappone e Regno Unito hanno mostrato un andamento simile al nostro.

Da noi, dal 2001 al 2006, la proporzione tra le retribuzioni delle figure dirigenziali e quelle impiegatizie è cresciuta passando da un rapporto di tre a uno fino ad un rapporto di quattro a uno. Anche, o persino, l'Ocse ha raccomandato i governi nazionali "di fare di più per ridurre le diseguaglianze".

Sembrerebbe nel buio offerto dai nudi dati che emerga un dato positivo oltre che molto sorprendente: le differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", in Italia supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) e così il Bel Paese si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia.

Attenzione è una vera illusione. Il dato infatti si spiega collegato al basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Dal G20 arriva un affondo del governatore della Bce Mario Draghi: "'In alcuni paesi dell'Unione Europea" il modello sociale va rivisto "perché protegge il posto di lavoro e non i lavoratori" e questo ha provocato una massa di disoccupati.

Soprattutto è il ministro del lavoro Fornero “Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività, anche per questo sostiene il ministro è urgente trovare un accordo con il sindacato.” il Ministro si dice "fiduciosa" sulla possibilità di un'ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi".



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