Legge bavaglio ai giornalisti: il governo contrario all'emendamento ''salva direttori''

22 Novembre 2012   11:40  

Il ddl diffamazione torna nell'aula del Senato dove tiene banco l'emendamento del relatore Filippo Berselli, il cosiddetto 'salva direttori', perche', in caso di condanna, punisce costoro solo con la multa e non, in alternativa, con il carcere, come invece avviene per il giornalista condannato.

Il Governo, con il sottosegretario Antonino Gullo, ha espresso "per motivi tecnici" parere contrario al testo che il Pd, con Vincenzo Vita, ha bocciato come "incostituzionale"

Si introduce un "vistoso strappo" alla norma generale che disciplina il concorso nel reato, previsto dal codice penale, ha sottolineato Luigi Li Gotti, responsabile giustizia Idv.

Poiche', ha spiegato, si introducono pene diverse per soggetti diversi per la medesima condotta, in caso di diffamazione aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato, mentre questo non accade per la diffamazione a mezzo stampa tout court, disciplinata dall'artiocolo 595. C'e' un "profondo contrasto"

Berselli deve risolvere queste due anomalie contenute in un unico articolo e dare una risposta "se non giuridica, dia una risposta politica", ha chiosato Li Gotti.

Non c'e' contrasto con la Costituzione, ha detto Berselli spiegando che fra direttore e cronista ci sono "ruoli diversi" cui corrisponde una sanzione diversa.

"Se non approviamo questa legge resta la normativa in vigore che per questa fattispecie prevede obbligatoriamente la reclusione con una pena che va da uno a sei anni e la multa".

Il ddl all'esame del Senato "prevede una pena alternativa. Sono il primo a dire che non si doveva introdurre la norma" sul carcere fino ad un anno per il giornalista "ma e' normativa piu' favorevole" di quella attuale.

L’aula del Senato ha respinto l'emendamento firmato da Francesco Rutelli e Franco Bruno (Api) mirante a inserire nel ddl sulla diffamazione l’obbligo per le testate di conservare un registro delle pubblicazioni anonime o firmate con pseudonimo.

A seguire  alcuni passaggi di un articolo esemplare a firma di Chiara Baldi per www.dirittodicritica.com

DDL DIFFAMAZIONE: COSI' LA POLITICA IMBAVAGLIA L'INFORMAZIONE

Tra i primi ad essere colpiti, 24mila cronisti precari senza tutele. E i giornali avranno una scusa in più per non assumere

''l giornalista reo di diffamazione finirà in galera. A deciderlo, i 131 senatori che ieri hanno votato il sì all’emendamento del leghista Sandro Mazzatorta: carcere fino ad un anno in alternativa a multe da 5mila a 50mila euro.

In 94, invece, hanno detto no, mentre ben 20 senatori hanno preferito astenersi. (...)

È vergognoso, in effetti, che 131 senatori della Repubblica tentino, segretamente, di far finire in carcere oltre 24mila giornalisti precari (e non solo) iscritti all’Albo, giornalisti che per definizione sono senza tutele, senza coperture, senza nemmeno uno stipendio adeguato per pagarsi un avvocato difensore o l’eventuale multa.

È vergognoso perché se è vero che il “sì” è stato votato per provocazione, come ha ammesso il Segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, allora si deve anche ammettere che in Senato in 131 abbiano poca considerazione del giornalismo e di chi lo svolge, che per i senatori i giornalisti sono lavoratori a cui ci si può rivolgere “provocatoriamente”, ché di più non meritano. 

Ma sarebbe ancora più vergognoso se fosse un voto davvero voluto, un voto “puro”, perché allora significherebbe che in Senato ci sono 131 persone che vogliono mandare in carcere giornalisti che ogni giorno lottano contro una condizione di precarietà che sfianca, affatica e uccide.

Se questa legge verrà approvata (...) avremo molte meno inchieste e assisteremo sempre più di frequente a interviste in ginocchio.

La speranza di risalire la classifica della libertà di stampa che ora ci vede inchiodati al 61° posto sarà sempre più flebile, così come sempre più debole sarà il diritto del cittadino a essere informato.

Perché ogni volta che un giornalista si troverà a scegliere tra un’inchiesta e un articolo semplice, aumenteranno le possibilità che scelga il secondo, così da evitare rogne.

Allo stesso modo, il potere contrattuale dei giornalisti scenderà sempre di più, in rapporto diretto alle querele per diffamazione che potrebbero vedersi recapitare, e la minaccia del carcere diventerà la scusa grazie alla quale gli editori si sentiranno LEGALMENTE AUTORIZZATI a non fare più neanche un contratto a tempo indeterminato.

I giornalisti saranno ancora, e all’ennesima potenza, precari. E anche il nostro diritto a essere informati.''

 


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