Legge-bavaglio e ricostruzione: un via libera a mafie e cricche

Ddl intercettazioni

01 Giugno 2010   12:17  

Mentre nel governo esplodono la polemiche al vertice istituzionale tra Fini e Schifani, e il contestatissimo ddl intercettazioni torna in commissione, c'è un aspetto di questo provvedimento che meriterebbe una riflessione più approfondita proprio nel cratere sismico aquilano, che diventerà il cantiere più grande d'Europa.

Riflessione che può prendere avvio da ciò che scrive molto bene Michele Polo su Lavoce.info:

'' Il disegno di legge sulle intercettazioni mina senz'altro il diritto di cronaca. Ma il vero effetto dirompente del provvedimento è rendere meno efficace lo strumento investigativo più utile nelle inchieste giudiziarie. Non vorremmo quindi che nella discussione di questi giorni la giusta reazione dei media spostasse l'attenzione della discussione dal problema cruciale: le intercettazioni sono uno strumento di indagine e reperimento delle prove essenziale per la magistratura. E' prima di tutto su queste limitazioni che va condotta una battaglia civile.''

Il rischio immenso insito nel ddl intercettazioni, se sarà approvato senza sostanziali modifiche, non è in prima istanza, cioè il limite posto nell'informare i cittadini delle indagini in corso, e di evidente interesse pubblico, quanto l'impossibilità da parte dei magistrati di avviare e portare a buon fine le stesse indagini.

Ed anche a L'Aquila sarà dunque più difficile, se non impossibile contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nei cantieri della ricostruzione, perseguire e stroncare alla nascita casi di corruzione e le truffe, di predisporre un deterrente efficace al malaffare dilagante delle cricche politico-economiche.

Il magistrato Olga Capasso, della Direzione nazionale antimafia, a gennaio aveva spiegato:

"Nella zona del terremoto dell'Aquila e' sempre molto forte il pericolo di infiltrazioni di 'ndrangheta, cosa nostra e, soprattutto, camorra. La cosa difficile e' che queste imprese non appaiono in prima persona, cercano di inserirsi in società' in buona salute, o prestanomi, cercano di mimetizzarsi. Hanno tutte il certificato antimafia regolare, andando a scovare, pero', si trova che le quote sociali sono possedute magari da camorristi, o sono in Associazione temporanea di impresa con aziende calabresi legate alla 'ndrangheta.''

Di episodi inquietanti a L'Aquila se ne sono già verificati, ma il peggio deve ancora venire, possiamo purtroppo esserne certi, perché gli interessi delle mafie e delle cricche sono direttamente proporzionali ai soldi che girano, e all'Aquila il grosso dei soldi deve ancora arrivare.

Non solo: molti cittadini terremotati già meditano di svendere la loro casa del centro storico, e di riscattare magari l'appartamento dl progetto CASE, perché le aspettative di rientro sono troppo lunghe, si pensi ad un pensionato, oppure per una già compiuta rimozione dell'abitare pre-sismico, o perché non si ha la possibilità di pagare il mutuo su un rudere. E allora si aprono spettacolari opportunità di una gigantesca speculazione immobiliare, per chi ha tanti sodi da investire, e le mafie appunto hanno miliardi e miliardi di euro da ripulire e far fruttare nel circuito dell'economia legale. Esono permettersi di fare un investimento a medio lungo termine sula ricostruzione di una città medievale comprata a oggi a buon mercato.

Non dimentichiamo poi che le aziende a cui sono stati già revocati gli appalti qui a L'Aquila, sono state giudicate in odor di criminalità organizzata, grazie a inchieste e condanne rese possibili proprio dallo strumento delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, partite da altre ipotesi di reato.

Certo il ddl ammette binari preferenziali per i delitti di mafia e terrorismo, per i quali si può intercettare senza limiti di tempo. Ma Bruno Tinti, ex-magistrato, docente di diritto penale, ex-presidente della Commissione Interministeriale per la riforma del diritto penale tributario, spiega:

''E' un'ipocrisia vergognosa, perché nessun delitto ha un'etichetta che dica "mafia". Un omicidio, un incendio, possono avere mille moventi; solo con le intercettazioni si scoprirà se, a monte, vi era la mafia oppure altro. Così, per l'incendio del negozio, della macchina, della casa ci sarà sempre bisogno della richiesta della parte offesa per intercettare. E questa sarà sempre meno probabile quanto più gli autori dell'incendio siano mafiosi. Il divieto di microspie, salvo che non vi siano prove che lì, in quel momento, si stanno commettendo reati. Che è ridicolo solo a dirlo, visto che, a quel punto, le microspie non si fa più in tempo a piazzarle''

Del resto sono nel ddl a rischio di limitazione investigativa reati come bancarotta fraudolenta, usura, attività organizzate di traffico di rifiuti, attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di beni, illecita concorrenza con minaccia o violenza, turbata libertà di incanti commessa da persone preposte a questo dalla legge o dall'Autorità, truffa aggravata ai danni dello Stato o di altro ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche della Comunità europea, che rientrano tutti nella prospettiva di un efficace contrasto alla criminalità organizzata, anche se non sono direttamente un reato di mafia.

Denuncia poi il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso:

''Anche se per la mafia non ci sono limitazioni con la legge sulle intercettazioni, un pm dovrebbe abbandonare un processo se un Riina o un Provenzano lo denunciano per una banale fuga di notizie".

Alcune norme contenute del testo, secondo Grasso, sembrano anzi fatte apposta per fermare e ritardare le inchieste in corso. E tenendo costo dell'alto numero di parlamentari sotto inchiesta e sotto processo, allora si capisce pure da dove provengano le pressioni ad approvare in fretta in furia il ddl intercettazioni.

Un esempio concreto: ''La necessità dell'ok di un tribunale collegiale per dare via agli ascolti certamente provocherà gravi disagi nell'organizzazione degli uffici, soprattutto in quelli di medie o piccole dimensioni dove l'incompatibilità dei magistrati a trattare più volte lo stesso fatto porterà a non avere più giudici per fare i processi. Senza contare che anche il sabato e la domenica dovrà esserci un tribunale sempre pronto ad autorizzare un ascolto. Peraltro, é assurdo dover inviare tutti gli atti compiuti fino a quel momento. Le cancellerie scoppieranno di faldoni, affastellati pure nei corridoi, e i rischi di fughe di notizie aumenteranno".

Spiega ancora Tinti a proposto del limite temporale di 75 giorni alle intercettazioni per reati non di mafia e terrorismo, che molti dubbi suggerisce anche alla terza carica dello stato Gianfranco Fini:

'' Come si fa a sapere quando un telefono comincerà a "parlare"? Si sa solo che, presto o tardi, qualcosa di utile dirà. Ma ora, dopo 75 giorni si dovrà smettere. Chi usa quel telefono sta progettando un omicidio; non si sa dove né a danno di chi né quando. Ma i 75 giorni scadono e si deve staccare la spina. E qualcuno, non si sa chi, non si sa dove, sarà ammazzato. Il divieto di usare il contenuto di un'intercettazione per chiedere altra intercettazione: e se solo questo hanno in mano gli investigatori? La persona intercettata parla con qualcuno di un omicidio: non si sa dove né a danno di chi né quando. Si potrebbe intercettare il nuovo telefono: ma non si può, l'unico elemento è la telefonata e la legge non consente di utilizzarla per una nuova intercettazione E qualcuno, non si sa chi, non si sa dove, sarà ammazzato.''

Un'accorata preoccupazione condivisa anche dal segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp) Enzo Letizi, che afferma:

'' Le intercettazioni rappresentano uno strumento indefettibile e indispensabile per le forze di polizia impegnate nella lotta alla criminalità e dunque il disegno di legge in discussione in Parlamento, se approvato, non farebbe altro che ostacolare le indagini. E' noto agli investigatori che oggi tutti i criminali usano più telefoni e cellulari, intestati a soggetti diversi o società. Ed inoltre le telefonate utili per le indagini sono una al mese se va bene, ma si hanno anche casi di utenze utilizzate ogni due mesi. Il che significa che 75 giorni al massimo per intercettare sono pochissimi anche per capire il modus operandi dei delinquenti.

L'ex-forcaiola Daniela Santanché, ora sottosegretario del Dipartimento per l'attuazione del Programma di governo, a Mattino 5, ha però idee molto diverse in proposito rispetto alle forze di Polizia, ed anche un po' confuse, che per un sottosegretario è cosa assai grave. Ha affermato infatti in un salotto mattutino delle reti mediaset:  "Che senso ha intercettare un mafioso mentre parla con la madre? E' un abuso!". Ignorando, o fingendo di ignorare, che per i mafiosi la famiglia è quasi sempre anche il cda della loro azienda criminale, eil canale attraverso cui comadare la cosca da dentro le patrtie galere.

Filippo Tronca


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