Lo stato dell'arte e degli artisti a L'Aquila

di Sergio Nannicola

16 Luglio 2010   17:00  

Sin dai primi istanti dalla tragica data che ha segnato per sempre la storia, le persone e il territorio aquilano, gli artisti, anch'essi coinvolti in prima persona nei crolli delle loro case e dei loro studi, si sono chiesti nonostante le difficoltà personali del momento come potevano offrire il loro contributo alla causa collettiva. La risposta semplice e immediata è stata quella di continuare a fare ciò che di fatto stavamo già facendo. Alcuni, con la propria rete di collegamenti hanno cercato, come hanno potuto, di reperire beni di prima necessità, tempestivamente arrivati da ogni luogo d'Italia, altri invece hanno sostenuto e organizzato con grande determinazione iniziative di vario genere.

Da subito è comunque apparso chiaro a tutti che dalla situazione in cui si era caduti nessuno ne sarebbe uscito in tempi ragionevolmente brevi, vista l'entità dei danni subita dalle abitazioni private e dal patrimonio storico/artistico millenario stuprato da una interminabile scossa durata circa trenta secondi (6.3 gradi Richter come dichiarato dai sismologi di tutto il mondo e non 5.8 come invece fatto risultare dall'Ingv italiano), e un tessuto economico e sociale oggi letteralmente da rifondare.

Un territorio martoriato, smembrato da un eccezionale evento naturale, ma anche dall'uomo con le sue discutibili scelte, sono ora le questioni da considerare a futura memoria, quanto meno per non ricadere negli stessi errori.

I cittadini aquilani, quelli che conservando nel tempo una capacità di analisi lucida e obiettiva degli accadimenti, sanno che la ripresa della loro esistenza e del loro territorio dipende dalla riconquista dei luoghi della vita sociale e culturale, dal ripristino del patrimonio artistico devastato dal sisma al rilancio di una economia attualmente frantumata e pressoché inesistente.

I danni ingentissimi inferti al patrimonio storico della città (l'80% del patrimonio artistico è stato distrutto o gravemente danneggiato), estesi su tutto il territorio comunale e buona parte di quello provinciale, lasciano aperti molti dubbi e frantumano le facili illusioni sul come potrà essere "l'Aquila" del domani (raro, e forse unico esempio in Europa di città medioevale interamente pianificata e con quella griglia urbana tuttora presente). In tale clima di incertezza, alcuni artisti nati in questa area geografica ma anche di provenienza diversa insieme alle giovani presenze creative che affiorano in diverso modo nel ‘cratere', agiscono sul territorio sin dall'inizio della tragedia, sperimentando modelli creativi e comunicativi che danno vita a spaccati culturali prodotti nella gran parte dei casi per necessità, con semplici mezzi di fortuna o con nuove tecnologie e strumenti informatici avanzati, all'insegna di una partecipazione popolare attiva rivolta alla soluzione del problema comune, aprendosi ad un confronto interpersonale e intergenerazionale mai visto prima da queste parti.

Salvare i monumenti e i palazzi storici, il tessuto urbano e quello socio-economico della città insieme ai borghi che la circondano, sono gli obiettivi dei residenti e le priorità chieste più volte a gran voce al governo nazionale e alle istituzioni locali e regionali che gestiscono o gestiranno nel tempo la questione. A questo però è necessario che segua la conservazione della memoria collettiva e al tempo stesso l'apertura al nuovo, affidando tali compiti non solo agli architetti o ingegneri, ma anche agli artisti. Quegli artisti che con cognizione di sorta possono oggi farsi carico di traghettare con la loro esperienza, la loro visione e le loro opere, la città e l'intero comprensorio aquilano verso una rinascita non solo edificata ma anche implicitamente creativa.

Coinvolgere gli artisti e le forze attive di questo e di altri territori nell'immane progetto di rinascita non deve essere un'elemosina concessa dal governo centrale o dalle amministrazioni locali, provinciali o regionali, ma un fattore di lungimiranza politica, sociale e culturale, consci del ruolo e delle potenzialità che esprimono tali energie.

Una città, un territorio, sono l'espressione stessa della forza intellettuale e artistica che in essi si realizza, ce lo insegna la storia e il nostro recente passato. Dare fiducia ai giovani significa quindi costruire un futuro migliore per tutti, in cui si può trovare anche la mera ragione di restare a vivere in luoghi disastrati come questi.

Se questa parte d'Italia si avvia a diventare il più grande cantiere d'Europa, per esserlo veramente deve partire dai diritti dei suoi abitanti, senza costringerli a subire direttive governative o commissariali che si traducono sistematicamente in ordinanze inefficaci e poco praticabili, il cui unico scopo sembra essere quello di dilatare i tempi e ritardare i lavori di (Ri)costruzione per mancanza di liquidità economica. Il governo e le istituzioni locali devono rendersi conto che c'è bisogno di un cambio di rotta e di una volontà politica nazionale che a monte scelga la vita e non la morte definitiva di questo territorio.

Territorio nel quale da tempo si chiede un confronto vero tra le parti in causa, che porti certezza dei fondi (oggi erogati solo teoricamente), pianificazione degli interventi, rispetto dei tempi stimati per la ricostruzione, trasparenza, sostenibilità e partecipazione nelle scelte, come chiedono da mesi gli abitanti di questa parte d'Abruzzo, uomini e donne di cultura e i professionisti di tutte le categorie, impegnati nelle decine di convegni organizzati in città e come manifestano i vari comitati (primo tra tutti i giovani del 3e32) e gli enti di salvaguardia, tutti con una buona ragione da rivendicare. Se non si fa questo il rischio di rimanere impantanati è più che certo (di fatto lo siamo già per via delle contorte lungaggini burocratiche innescate ad hoc). Solo crescendo attraverso un dibattito serio, serrato, aspro ma alla fine condiviso, forse riusciremo a risalire la china.

Provarci è sacrosanto, sperimentando nuovi modelli politici che alla fine potrebbero davvero fare la differenza, come ci prova sul versante culturale la fantasia creativa prodotta da queste parti, il cui unico scopo al momento è quello di riflettere (a volte anche ironicamente) sui problemi che affliggono il territorio, agendo da catalizzatore tra le persone e costruendo giorno dopo giorno una cassa di risonanza in grado di contrastare lo strapotere dei media governativi. Una creatività spontanea e necessaria, per certi versi stimolante e inaspettata che si manifesta nelle forme e nei modi più diversi.

Una creatività contaminata e contaminante, una sorta di arte terapia popolare e trasversale che nonostante le difficoltà oggettive del momento e le continue delusioni derivanti da un confronto alterato e iniquo con i mass media nazionali, trova la forza di riuscire in qualche modo a risvegliare le coscienze immerse da tempo nel torpore più profondo, come dimostrano il crescente numero di partecipanti alle manifestazioni (in ventimila hanno manifestato il 16 giugno scorso a l'aquila per il repentino ripristino delle tasse a quattordici mesi dal sisma, occupando anche l'autostrada A24 - Roma/L'Aquila/Teramo in entrambe le direzioni di marcia. Quanti in Italia ne sono venuti a conoscenza?) e alle assemblee cittadine che si tengono sotto l'oramai indispensabile tendone di Piazza del Duomo in piena zona rossa nel cuore del centro storico cittadino, comprese le decine di altri interventi realizzati trasversalmente in ruoli che difficilmente avremmo potuto immaginare prima, tutti con un obiettivo comune da raggiungere: ‘riprenderci la nostra esistenza e la nostra città'.

L'arte sconfina nel sociale e torna ad essere ‘espressione concreta della creatività' riconquistando (almeno in questo pezzo d'Italia) un compito inatteso, vista l'appartenenza di questa specie legata a luoghi e funzioni che ci rimandano al clima rivoluzionario degli anni venti del novecento, in una realtà sud americana in cui David Alfaro Siqueiros, Rivera e Orozco, istruivano il popolo messicano attraverso i murales.

Il sito: ‘www.3e32.com'; i ‘Comitati cittadini'; ‘Un Manifesto per l'Aquila' (I decalogo di regole per la rinascita); ‘Sangue e cemento' di M. Travaglio; 'Comando e controllo' di A. Puliafito; il ‘Movimento delle carriole'; il Progetto: ‘ARTE SOTTO LE TENDE - Laboratori creativi nelle tendopoli'; ‘Recomenza Domà - Artisti Uniti per L'Aquila'; ‘http://www.diceche.com/'; ‘Guardarsi dentro - Incontrarsi con le arti' di G. Gentilucci; ‘La Deriva' - Installazioni artistiche; ‘Re_Place' - Airò, Luci per l'Aquila; ‘Draquila' di S. Guzzant; ‘www.laquila99.tv' la prima wiki tv partecipata; 'J'Accuse!!!' di A. Gasbarrini; le ‘Analisi socio-antropologiche' di A. Ciccozzi; i ‘Moduli e containers' alternativi al progetto C.A.S.E del governo proposti da ‘Laboratorio P.l.u.s.' Politiche Locali Urbane Sostenibili; ‘l'Assemblea Cittadina' organismo vitale di confronto democratico; il ruolo della ‘Rete' e della ‘Grafica multimediale'; il contributo reso dai grafici nella comunicazione nel tradurre le parole in messaggi visuali immediati, attraverso ‘volantini, manifesti e mega cartelloni'; l'esperienza dell'Arte ambientale al servizio del popolo che la utilizza durante il G8 aquilano per (ri)scrivere ironicamente sulla collina di Roio il motto di Obama "Yes, we can!" (Si, noi possiamo), che qui diventa "Yes, we camp!" (Si, noi "campeggiamo"), come per "S.O.S." (Sostegno all'economia, Occupazione, Sospensione delle tasse); i "bambini (fantoccio) impiccati" da Cattelan a Milano che a l'Aquila diventano decine di manichini (penzolanti dai viadotti) suicidi, vittime delle Tasse; poi altri progetti da realizzare: ‘Un monumento alla carriola' inscindibile dai tre termini rivendicati: LAVORO, PARTECIPAZIONE, SOSTENIBILITA'; il ‘P.A.T. Parco Artistico Territoriale', e cento altre iniziative culturali e sociali nate in rete e fuori dalla rete, di cui avete sentito già parlare o forse no, sono oggi l'ossatura di una tesi che vede l'arte, gli artisti e la gente comune sotto un unico ombrello, quello del risveglio e della partecipazione alla realizzazione di un progetto unitario non più utopico ma a portata di mano, come può essere una rinascita collettiva auspicata più che legittima.

L'area del ‘cratere' (così definita dai media la zona geografica terremotata), è di fatto oggi un grande laboratorio sociale, dove si sperimenta tra l'altro una resistenza mediatica estenuante ma vitale, al momento unica in Italia, in nome e per conto del sacrosanto diritto di continuare ad esistere, diritto che viene sistematicamente negato alla popolazione attraverso una comunicazione governativa distorta e praticamente a senso unico e ora, dopo la manifestazione a Roma del 07 luglio 2010, osteggiata anche con la forza.

Se quindi perdura una certezza in queste latitudini, tale certezza risiede nella tenacia, nell'impegno e nell'azione di chi ha reagito fin dal primo istante dopo la tragedia e continua a reagire ora contrastando una ‘cultura mediatica al cloroformio', fatta respirare alla popolazione terremotata durante e dopo la lunga permanenza nei campi di accoglienza e contestualmente e costantemente anche al resto d'Italia attraverso i Tg, sia delle reti di stato che in quelle private, salvo qualche eccezione.

 

Sergio Nannicola è artista e docente presso l'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano

 


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