Ma ti piace il PIL? Riflessioni sulla qualità della vita per il dossier del Sole 24 ore

di Filippo Tronca

28 Maggio 2012   09:47  

''Qualità della vita è mangiare cose semplici e squisite a poco prezzo, che ci sia il mare e il vento che pulisce l'aria, il caffè, la cortesia, la musica per strada , l'allegria, la storia che affiora in una città da ogni luogo, l'ironia diffusa''.

Queste le parole dello scrittore napoletano Erri De Luca riferite alla sua città. Ed anche a tutte le città, comprese quelle invisibili e interiori che ci servono per sopportare quelle reali e immaginarne di migliori per i nostri figli.

Qualità della vita: ovvero una definizione friendly di quell'anelito alla felicità che dovrebbe essere, e un tempo forse lo è stato, l'alfa e l'omega dell'agire politico, della costruzione di un mondo nuovo, di una città ideale. O della loro ricostruzione, come nel caso dell'Aquila e dei centri emiliani devastati dai terremoti.

Ma definirle, la qualità della vita e la felicità, la città ideale è al di sopra delle nostre possibilità, forse perché una verità, come ricordava Robert Musil, non è un cristallo che si può mettere in tasca, bensì un liquido sconfinato in cui ci si casca dentro.

Accontentiamoci dunque del dossier del Sole 24 ore, che senza pretese e con numeretti facili da capire, ogni anno ci dice qualcosa di concreto sulla qualità della vita, stilando una classifica che misura le performance delle 107 province italiane, considerando sei ambiti, dalla ricchezza al tessuto produttivo, dai servizi alla struttura anagrafica, dalla criminalità alle occasioni di svago e cultura. Ciascuna area, a sua volta, è costruita sulla base di sei indicatori significativi.

Vero è, come sono giunti a conclusione i filosofi dopo tremila anni di fitte riflessioni, che ''non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace''.

Ma gli statistici del giornale di Confindustria sono riusciti a trasformare in numeri anche questo aspetto soggettivo, attraverso la misurazione del ''sentiment'', un indice di gradimento che condensa gli esiti di un sondaggio di opinione che ha coinvolto 77mila persone di varia età estrazione sociale e anagrafe in tutte le province.

Da tutto ciò ecco dunque la classifica generale del buon vivir nella nostra penisola: paradiso della qualità della vita è la provincia di Bologna, seconda Bolzano, terza Belluno, a seguire Trieste, Ravenna e Trento.

In generale trionfano le città del centro nord, mentre tutte le città del sud ed isole, esclusa Olbia Tempio, meta del turismo dei vip, occupano la parte bassa della classifica, al cui fondo troviamo Agrigento, Palermo, Trapani, Caserta, Napoli, Caltanissetta e Foggia.

Per la cronaca e relativamente all'Abruzzo, la provincia di Chieti è al 64 posto, la provincia di Teramo è al 69 posto, la provincia dell'Aquila al 70, Pescara al 73 posto.

La classifica, va subito detto, prende in considerazioni alcuni parametri ineccepibili, in termini di livello della qualità della vita, come quelli relativi alle aree verdi, allo smog e al traffico, alla raccolta differenziata e al ciclo dei rifiuti, alla qualità ed efficenza della sanità, delle scuole e dei servizi sociali, all'occupazione femminile e giovanile, al costo delle abitazioni, alla velocità della giustizia. Infine il tasso di micro-criminalità perchè - le anime belle possono pensare quello che vogliono - in una città dove quando parcheggi l'auto, non sei mai sicuro se ce la ritrovi, la qualità della vita non è molto alta.

Sono altri però i parametri che pesantemente condizionano la classifica. E sui quali vale lo sforzo di esercitare il pensiero critico, ed anche un pò terrone, mossi da un sentimento - pardon un ''sentiment'' - di perplessità ed estraneità davanti ad una visione del mondo, ad un'ideologia, che traspare nella filigrana del metodo adottato dagli statistici del Sole 24 ore.

Qualità della vita, ci dice infatti la classifica, è per prima cosa il denaro. Togliamoci subito dalla testa le elucubrazioni dei critici del Pil e dei profeti della decrescita, e le prediche degli ultimi parroci di campagna che lodano le virtù della povertà che è cosa ben diversa dalla miseria.

Punteggi massimi infatti alla provincia di Milano, dove i redditi sono in media di 36.362 euro procapite, a seguire Bolzano con 35.250 pro capite e Trieste 25.840 euro. Ultime Caserta, 15.000 euro e Crotone, 14.000.

Qualità della vita, è deduttivo, è poi avere un bel conto in banca e la media dei depositi procapite a Treviso è di 2.396 euro e seguita da Verona con 1.755 euro. Ultima Carbonia Iglesias in Sardegna con la miseria di 650 euro procapite.

C'è poi la propensione ad investire, non importa in cosa, e con quale vantaggio o costo per la collettività. Prima è la provincia di Brescia, ultima quella Trieste, ma anche qui le province del sud sono quasi tutte nella parte bassa della classifica.

Qualità della vita è poi, vien da sè, spendere questi soldi, ovvero consumare, prendere d'assalto i centri commerciali, riempire i carrelli della spesa.

Misurando la quantità di acquisti per veicoli, elettrodomestici, mobili e computer, assevera la classifica del Sole 24 ore un autentico paradiso deve essere Aosta con 1.533 euro di spesa pro capite all'anno. Seguita da Biella con 1.382 euro , e Alessandria 1.352 euro.

In fondo alla classifica manco a dirlo città dell'estremo sud: Crotone, Agrigento ed Enna, dove si spende per l'acquisto di queste merci meno della metà.

''Mi piace u PIL!!!'', dovrebbe essere dunque il novello grido di battaglia delle province sottosviluppate dello Stivale. Nello specifico gli agrigentini farebbero bene a buttar giù il loro tempio greco e altri vecchi ed inutili ruderi per far posto all'Ikea, un contadino di Vibo Valentia dovrebbe subito dar fuoco a quella credenza tarlata che da generazioni la sua famiglia si tramanda... ed andare all'Ikea di Agrigento a comprarne una nuova!

Ma andiamo avanti. Altro indice che misura la qualità della vita è la percentuale dei prestiti non restituiti alle banche. Tutti dovrebbero dunque prendere esempio da Trieste, dove le sofferenze sui mutui sono minime. Qualità della vita par di capire è anche farsi mettere le ganasce da Equitalia, e vendersi alla bisogna un rene pur di estinguere un debito con la banca.

I soldi fanno la felicità, ma ovviamente, concede la classifica, oltre all'avere c'è l'essere. Importante, e ci mancherebbe è la cultura, il tempo libero, lo svago e il convivio, il mitico tessuto sociale.

Ed anche qui, tabulato canta, la vera capitale della cultura in Italia è Rimini e la sua brulicante riviera-divertimentificio, pullulante di turisti e bagnini, playboy e conigliette, animatori sgarzilli, ''eppiauar'', cantanti da pianobar, dj e special guest. Rimini e provincia sono infatti prime per numero di spettacoli pro-capite locali e sale cinematografiche ogni 100mila abitanti.

Si rassegnino i bohemien e polverosi intellettuali di provincia, che stanno lì a sfrucugliare sul fatto che uno schiuma party sul lugomare di Riccione non può essere equipollente ad un incontro con Camilleri in una libreria alla Vucciria a Palermo, e un'ospitata di Berty del Grande fratello alla discoteca Poroton non può meritare ai fini della quantificazione della qualità della vita, gli stessi punti di uno spettacolo teatrale all'arena di Verona. O sul fatto che in città relegate in fondo alla classifica non serve andare a teatro o al cinema, perché è la strada, la piazza e i luoghi non istituzionali e informali della cultura ad essere un palcoscenico di arte e talenti vari, con infinite repliche per pubblici non paganti.

Non poteva poi non la ristorazione come parametro della qualità della vita. A primeggiare la dorata Olbia Tempio, ma questo in virtù del numero di ristoranti e anche di bar. Ultima ancora una volta una città del sud, Catania, con la miseria di 329 locali.

La scelta di un dato quantitativo per misurare l'indice ''ristorazione'' non stupisca: come si fa a misurare la qualità del cibo da una provincia all'altro? Cosa vale di più, in termini numerici, gli arrosticini sull'altopiano di Fontevetica o le trenette al pesto in un localino delle Cinque terre? Pane e olio e pomodorini ad Altamura, o una bagnacauda a Pinerolo?

Si potrebbe obiettare però che la classifica non tiene però conto del rapporto qualità-prezzo e i teatri del convivio. A Catania, una delle città fanalino di coda, in una trattoria sul lungomare con vista Etna innevato con dieci euro si può mangiare un ben di dio annaffiato di vino paradisiaco.

Sono queste nel gioco linguistico e numerico della classifica, considerazioni folkloristiche e pre-scientifiche.

Lo stesso dicasi per il parametro dell'ospitalità.

In Sudafrica una parola molto simile è ubuntu, che così la spiega il premio Nobel Nelson Mandela: ''Una persona che viaggia attraverso il nostro paese e si ferma in un villaggio non ha bisogno di chiedere cibo o acqua: subito la gente le offre del cibo, la intrattiene. Ecco, questo è un aspetto di Ubuntu, ma ce ne sono altri. Ubuntu non significa non pensare a se stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno?''

In Africa, appunto. Ospitalità, per gli scienziati del Sole 24ore invece è solo il numero di alberghi e strutture ricettive. Prima risulta Belluno con quasi 5mila strutture ogni centomila abitanti, a seguire Venezia, terza Bolzano. Le città più ''inospitali'' sono Milano, Lodi e Caserta.

Continuando a scorrere la classifica pressochè dominata dalle città del nord si scopre finalmente un'eccellenza meridionale: trattasi di Siracusa. Per i suoi tesori archeologici, per gli splendori barocchi del Val di Noto, per il profumo dei capperi e il sapore dei veri pomodori pachino, per il mare cristallino e africano di Capo passero?

Ma per cortesia: il parametro dove primeggia per qualità della vita la provincia di Siracusa è la quota di esportazioni del petrolio raffinato nel gigantesco polo petrolchimico di Augusta e Priolo, che vanta un volume di affari di 1.8 miliardi di euro. Seconda Arezzo, e in questo caso ad aver influito è fiorente mercato dell'oro, favorito dalla volata da record del prezzo del metallo giallo a causa della crisi dell'euro.

Certo, sembrerebbe a dir poco ideologico stare qui ad osservare che il polo petrolchimico siracusano ha devastato chilometri di costa e l'inquinamento ha causato secondo i dati dell'Oms malformazioni genitali a 214 neonati su mille, quando la media nazionale è di 100 per mille. E che l'incidenza di tumori su residenti e lavoratori arriva al 20% in più rispetto alla media regionale. Per una classifica sarebbe del resto indelicato registrare questi effetti collaterali sulla qualità della vita.

Terza per export è Chieti in Abruzzo, grazie soprattutto al polo industriale degli autoveicoli, ma anche per l'ottimo vino venduto in tutto il mondo. Dovessero però andare in porto i progetti di estrazione di gas e petrolio, fortemente osteggiati dalle popolazioni locali, la provincia di Chieti potrebbe ambire al top della qualità della vita.

Altro parametro pesante nel dossier è quello delle infrastrutture. La classifica fa riferimento all'Indice Tagliacarne, che per infrastrutture intende rete ferroviaria, aeroporti, impianti e reti energetiche, strutture e reti per la telefonia e la telematica. Ma anche reti bancarie e di servizi alle imprese, strutture culturali e ricreative, strutture per l’'istruzione e sanitarie. Ma è chiaro che a fare la differenza sono le prime voci, le infrastrutture pesanti, quelle sinonimo di grandi opere, cemento e acciaio.

Stranamente non ci sono i porti, ''in ragione della distorsione - si spiega nell'ultimo rapporto Tagliacarne, - che questa categoria può portare nelle valutazioni essendo legata alla connotazione geografica del territorio''. Con buona pace delle autostrade del mare che potrebbero essere una valida alternativa al trasporto delle merci su gomma, e una delle possibili occasioni di riscatto del meridione. Ed anche, ci si perdonino le continue cadute nel romanticismo, della commuovente bellezza e funzionalità dei porti di Gallipoli e di Procida, che non meritano il blasone di infrastruttura.

Da questo punto di vista la massima qualità della vita è a Trieste, a seguire Varese e Roma. Qualità della vita direttamente proporzionale al numero e imponenza di viadotti, stazioni, ferrovie della Tav, complanari, svincoli, circunvallazioni, piste di atterraggio, inceneritori, tralicci, antenne, metanodotti, possibilmente a pochi metri da casa.

La peggiore qualità della vita si ha invece nelle province di Oristano, Nuoro e Ogliastra.

Quest'ultima in particolare è una terra di incantevole bellezza, situata lungo il versante orientale della Sardegna tra le cime del Gennargentu e il Mar Tirreno.

Buona parte del territorio è area protetta, dunque per i volenterosi amministratori sarebbe ben difficile aumentare la qualità della vita dei loro concittadini costruendo un autostrada tra Lanusei e le spiagge di Cala Luna, o una centrale a turbogas tra i nuraghi delle campagne di Serbissi. In realtà l'Ogliastra vanta come infrastruttura un trenino a vapore che porta in gita i turisti. Ma è un pò poco per scalare le classifiche della qualità della vita. Ma è una ragione in più per salirci a bordo, spinti da un frizzante ''sentiment'' di dissenso e liberazione. (Filippo Tronca)


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