23 Novembre 2010 12:47
Circa una settimana fa avevo scritto un articolo nel quale invitavo Saviano a concedere una replica al ministro Maroni, dopo il suo monologo sui rapporti tra 'ndrangheta e Lega. Pur essendo perfettamente in linea con le parole dello scrittore, mi sembrava dovuto concedere qualche minuto al Ministro per spegnere sul nascere le polemiche e garantire al programma di proseguire il suo percorso (in tempi di censura non si sa mai).
Maroni avrebbe dovuto adeguarsi allo stile della trasmissione leggendo un elenco delle azioni compiute dal governo per combattere le mafie. Ha fatto, però, di testa sua facendo un discorso di propaganda politica (già ripetuta in altri salottini tv). Dunque a cosa è servito farlo parlare? A dimostrare che tutti, anche chi dice cose che non ci piacciono, hanno diritto di esprimersi nelle reti che sono dello Stato, finanziate cioè dalla collettività.
Personalmente, poi, penso che le parole del ministro abbiano rafforzato la tesi di Saviano: "La 'ndrangheta è presente al nord da almeno tre decenni, non è una novità", ha detto, praticamente ribadendo quanto affermato dall'autore di "Gomorra" la scorsa settimana. Non è un mistero, altresì, che da quelle parti il partito in questione sia quello di maggioranza, e che la mafia, Maroni ne è convenuto, cerchi appoggi con il potere politico da sempre. L'assioma, quindi, è logico e difficile da smentire, anche perchè sostenuto da un'inchiesta della procura di Milano.
Se, allora, Maroni è intervenuto solo per difendere se stesso da "infamie" che non gli sono mai state rivolte (accusare la Lega non significa accusare lui) non solo ha sbagliato ma ha fatto un uso personale del mezzo pubblico televisivo, cosa che Berlusconi, a suo tempo, definì "criminosa". Per questo motivo, quindi, sono contento che sia andato a "Vieni via con me", perchè ha confermato che Saviano era nel giusto e lui, volendo, sarebbe anche potuto rimanere a casa.
Francesco Balzano
