Un’avventura fasulla sul Monte Camicia lancia l’allarme grazie a voce sintetizzata: soccorsi mobilitati, indagini su telefonino hackerato, preoccupazione per abusi tecnologici emergenti.
Il grido «Mi butto giù» lanciato dal Monte Camicia ha fatto drizzare le antenne alle centrali d’emergenza: Vigili del fuoco, 118, Soccorso alpino e Carabinieri sono intervenuti immediatamente, convinti di fronte a un possibile tentativo di suicidio. Ma una volta rintracciata la fonte, la verità è emersa: nessuna richiesta reale d'aiuto era partita dalla ragazza che, ignara dell’allarme, si trovava in escursione con amici.
Secondo le prime verifiche, la chiamata è partita da un dispositivo presumibilmente craccato, forse manomesso da persone ignote. L’ipotesi è che sia stato usato un software di intelligenza artificiale in grado di clonare voci o generare messaggi credibili, utile per simulare la voce della giovane.
Le operazioni di soccorso sono state estese: il Soccorso Alpino, insieme agli altri enti coinvolti, ha battuto la zona impervia di monte Camicia, anche tramite sorvoli, alla ricerca di tracce della persona che avrebbe lanciato l’allarme. Quando il cellulare è stato localizzato, è risultato fosse effettivamente nella tasca della ragazza, che però ha negato qualsiasi coinvolgimento.
L’episodio ha riacceso i riflettori su un fenomeno che desta crescenti preoccupazioni: l’uso fraudolento delle nuove tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale, non solo per truffe ma anche per generare allarmi falsi che possono mettere a rischio vite, causare spreco di risorse e ostacolare interventi urgenti.
I Carabinieri hanno formalmente aperto un’indagine per chiarire la provenienza del segnale, se vi sia stato un vero hackeraggio o la violazione del dispositivo, e per identificare i responsabili.
Simili episodi, con voci clonate o messaggi falsi generati da strumenti digitali, sono stati segnalati anche in altre regioni del Paese. Questa vicenda sul Gran Sasso entra quindi a pieno titolo nel dibattito nazionale sul bisogno di normative più stringenti, sull’educazione digitale e su protocolli operativi chiari per evitare che falsi allarmi prosciughino risorse e creino rischi reali.
La ragazza coinvolta dichiara che non ha mai chiamato il numero di emergenza, né ha inviato richieste di soccorso; resta ora da definire se il suo dispositivo sia stato raggirato tecnicamente — la perizia informatica potrebbe fornire risposte decisive.