Mesi fa protagonisti di un nostro Magazine 99 sono stati i rappresentanti le pacifiche comunità indigene della Colombia, a L'Aquila per denunciare le grandi ingiustizie e discriminazioni di cui sono vittime, ma anche per far conoscer il loro pacifico percorso di lotta necessario a garantire la sopravvivenza e l'identità culturale. Ci hanno scritto questa lettera.
Minaccia
di genocidio per i popoli indigeni del Cauca e della Colombia
Il
Consiglio Regionale Indigeno del Cauca mette in allarme per la
minaccia arrivata via posta elettronica all'Associazione dei Capi del
Nord del Cauca, durante la notte dell'11 agosto. Il messaggio
annunciava il genocidio delle popolazioni indigene della Colombia, e
spiegava la strategia governativa per destabilizzare l'unità delle
popolazioni contadine, africane ed indigene di questo dipartimento.
Non è un segreto per nessuno che la presidenza della
repubblica abbia dichiarato guerra ai popoli indigeni che reclamano i
propri diritti. Un momento chiave è stato a marzo del 2008, quando
durante il consiglio comunitario della città di Popayán, Uribe ha
dato ordine di pagare una ricompensa a chi avesse rotto l'unità
delle comunità indigene. Insieme a questo i divulgatori
istituzionali si sono impegnati a divulgare messaggi nei quali si
specifica che gli indigeni sono i beneficiari delle garanzie dello
stato a danno dei diritti degli altri settori della società. Un
esempio ne è stato l'acquisto della fattoria Villa Carola,
realizzato dal ministero dell'interno per consegnarla agli sfollati.
In realtà questa proprietà era stata destinata sin dagli anni
ottanta agli indigeni Kokonuko de Poblazón.
Il testo della
minaccia, riproduce il discorso promulgato dal governo nelle sue
vesti istituzionali, con l'intento di dare la responsabilità agli
indigeni del fallimento della politica terriera e di considerarli la
causa dell'assenza di una riforma agraria in Colombia.
Avverte
che gli indigeni Paeces, facenti parte del CRIC, ai quali definisce
capetti e guerriglieri, saranno trovati morti e scompariranno. Chi
può volere Popayán, Cali e Bogotá liberi dagli indigeni se,
secondo loro, in Colombia non superiamo il numero di 1 milione.
Scoprendo chiaramente la loro essenza paramilitare, gli
autori del volantino informano che gli indigeni si troverebbero
circondati dai membri dell'intelligence, che contano su strumenti ed
organizzazioni efficienti. Dicendo questo, spingono per un processo
di occupazione militare e di sterminio contro i membri del CRIC e i
paeces del Cauca. Per giustificarsi fanno uso di accuse, come quella
mossa dal comandante della terza brigata dell'esercito, il quale cita
per la sua segnalazione dei nessi presunti tra i funzionari del
comune di Toribío ed il sesto fronte della guerriglia delle farc.
Più avanti, per nascondere la loro natura paramilitare, gli
autori del messaggio tornano a definrsi contadini anti-indios,
autodenominandosi contadini arrabbiati della Colombia.
Preoccupa
il fatto che un comunicato in difesa delle istituzioni, con un tono
di minaccia terroristica, che esprime il proprio odio attraverso
frasi istituzionali contro gli Indigeni del Cauca e che è
accompagnato da immagini che mostrano l'esercito nazista, non sia
stato ripudiato ne dalla presidenza della Repubblica, ne tanto meno
dagli organismi di controllo dello Stato.
La maggior parte
degli argomenti utilizzati per squalificare gli indigeni sono gli
stessi usati negli ultimi anni da alcune fazioni politiche. Essi
spingono verso la discriminazione raziale, la guerra contro le
comunità indigene e si oppongono a qualsiasi tentativo di riforma
agraria.
Con il pretesto di parlare a nome dei settori rurali
non indigeni, in realtà difendono l'inequità, la spoliazione e lo
sfollamento degli indigeni, contadini e afrocolombiani dai loro
territori. Gli stessi argomenti furono utilizzati dai proprietari
terrieri del nord del Cauca, alcuni giorni prima del massacro del
Nilo, nel dicembre del 1991, il quale è stato progettato nella
fattoria La Emperatríz, secondo la confessione del paramilitare
Hernando Villa Zapata. Fattoria che oggi la viceministra María
Isabel Nieto, dice di non poter consegnare alle vittime vista la sua
efficente amministrazione. Tutto ciò pone il diritto alla verità,
alla giustizia e al risarcimento al seguito degli interessi dei
grandi capitali.
Chiediamo ai settori sociali, a quelli
democratici, agli organismo in difesa dei diritti umani e alla
comunità internazionale, di bloccare questo genocidio già
annunciato, e che si sta preparando in questi ultimi anni.
Chiediamo
al governo nazionale di compiere i propri obblighi costituzionali e
di rispettare i trattati internazionali dei diritti umani e dei
diritti dei popoli.
CONSIGLIO MAGGIORE
CONSIGLIO
REGIONALE INDIGENO DEL CAUCA