Monongah, al Liceo classico di Pescara presentati il video di Consol

30 Novembre 2007   11:58  
Il video “Monongah, la Marcinelle americana” e il libro “Monongah: dal fatto al simbolo” sono stati presentati insieme ieri al Liceo classico “D’Annunzio” di Pescara, rispettivamente dal regista Silvano Console e da uno dei due autori, Claudio Palma, che a quattro mani con Dina Cianci ha pubblicato da pochi giorni (Edizione Tracce per Associazione Tholos), il prezioso volume commemorativo sulla più grande strage mineraria della storia, libro voluto dal presidente del Cram Regione Abruzzo, Donato Di Matteo. Davanti alla nutrita platea di studenti a docenti, nella sala intitolata al giudice “Emilio Alessandrini”, Console e Palma sono stati affiancati dall’assessore comunale alla Cultura, Adelchi De Collibus e dall’onorevole Luigi Sandirocco, presidente della Filef, che ha prodotto due anni fa il documentario patrocinato dal Crei (ex Cram quando la Consulta dell´Emigrazione e Immigrazione era una sola, in Regione, prima della scissione). Padrona di casa, che ha introdotto gli ospiti, la preside Luciana Vecchi, succeduta alla guida del liceo proprio a Palma (nell´intervista video)che, con grande sorpresa di tutti (sua per prima) è stato accolto con un lungo e caloroso applauso dai suoi ex studenti. “Si vede che ha lasciato traccia”, ha detto l’attuale Preside, che nel discorso introduttivo ha avuto parole d’elogio anche per De Collibus: “A fare l’assessore alla Cultura a Pescara c’è un uomo di vera cultura”. Console ha ricordato di aver realizzato il video due anni fa dopo la scoperta della strage, di cui l’opinione pubblica e le istituzioni italiane si sono accorte grazie a un servizio del quotidiano all’estero “Gente d’Italia”. “Solo da poco si sta tentando il recupero della memoria”, ha detto il regista, dopo il silenzio assoluto su una strage avvenuta un secolo fa, in cui morirono quasi mille minatori emigrati, in gran parte italiani e, fra questi, diversi abruzzesi. In un primo momento i morti ufficiali furono un terzo, ha proseguito Console, furono censiti solo i minatori registrati ma non anche i clandestini che lavoravano in miniera, quasi tutti minorenni, figli e parenti. I minatori venivano, infatti, pagati a cottimo e ci si poteva far aiutare da amici e familiari. “Sono state ritrovate fosse comuni – ha ricordato il regista - I bambini erano molto adatti al lavoro in miniera, sia perché potevano introdursi più facilmente nei cunicoli sia perché venivano impiegati al duro e veloce lavoro della separazione del carbone dall’ardesia”. Il racconto del video, della durata di 27 minuti, è sulla storia di Gabriele Basile, abruzzese emigrato a Monongah con moglie e tre figli, scomparsi nella strage. Una storia tipo della sofferta decisione di molte famiglie costrette e emigrare “all’America” perché nei piccoli paesi agricoli dell’Abruzzo e del sud Italia col poco lavoro nei campi non ci si riusciva a sfamare, a uscire da una miseria congenita, ereditata dagli avi”. Interessante e vivo il dibattito che è seguito alla proiezione, dove gli studenti del Classico hanno fatto molte domande agli ospiti. Fra le curiosità, quella del perché questa strage è stata dimenticata per così tanto tempo ed è stata raccontata rispetto a tante stragi dei nostri giorni: “Per catturare un’emozione – ha detto De Collibus – doveroso riconoscimento a un fatto accaduto in un’epoca in cui non c’era nemmeno la diginità della notizia di cronaca, come nei nostri giorni. Il tema dell’immigrazione è straordinariamente attuale: nella sola città di Pescara vivono 4.500 extracomunitari di 81 nazioni diverse. Da noi l’accoglienza e la convivenza sono tranquille, altrove meno”, riferendosi ai drammatici fatti di questi tempi che vede protagonista soprattutto la criminalità rumena. Abbiamo istituito la Consulta degli immigrati che ha eletto la consigliere comunale aggiunta, la marocchina Latifa Belkacem, ma da noi non chiedono moschee bensì un cimitero, che abbiamo deliberato, visto che la comunità islamica ha l´esigenza religiosa di essere seppellita con i piedi verso la Mecca”. Solo dopo la visita a Monongah dell’ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi nel 2003, la stampa ha, infatti, cominciato a occuparsi della strage del 6 dicembre 1907, volutamente tenuta nascosta sia dalla società mineraria sia dal governo statunitense. Gli immigrati stranieri in Usa, italiani soprattutto ma anche irlandesi e turchi, servivano come manovalanza a basso costo per miniere e fabbriche. Erano tenpi in cui non c’erano diritti sindacali e le imprese non rispettavano la sicurezza: “Era più facile sostituire i lavoratori che proteggerli da incidenti e di stragi come Monongah - ha detto l´ex Preside del Classico oggi scrittore - Il mondo è pieno di tragedie simili ancora oggi, figuriamoci allora”. Il video ha documentato il viaggio in nave dei nostri emigrati. All’arrivo in Usa venivano concentrati e controllati accuratamente a Ellis Island, l’isola di fronte a New York dove si passava al severo controllo sanitario e politico, come ha descritto il video, dove malati, insani di mente, anarchici e socialisti "scoperti" venivano rimbarcati e rispediti in patria. I severi controlli, hanno rivelato Console e Palma, erano dovuti al pregiudizio che gli americani d’inzio secolo avevano nei confronti degli italiani, trattati e giudicati sulla stampa alla stregua di bestie e negri: “Abbiamo esportato in Usa uomini di successo, come il chietino Pierluigi Zappacosta, che ha fondato la Logitech e inventato il mouse ma abbiamo anche esportato lì la mafia e uomini come Al Capone”. Sandirocco ha chiuso l’incontro elogiando il “bellissimo” libro di Palma ma ha rispedito ai mittenti il pregiudizio verso gli immigrati in Italia dei nostro giorni: “Sono stato prigioniero di guerra in Russia fino al 1946 – ha raccontato l’ex deputato del Pci – insieme a 50 giovani rumeni. Un’esperienza decisiva per la mia formazione umana. Noi abbiamo bisogno degli immigrati: senza di loro, badanti od operai, i nostri anziani e le nostre fabbriche, per stessa ammissione degli industriali, non andrebbero avanti”. Il problema rumeno è la distinzione fra chi viene onestamente con voglia di lavorare (che sono i più) e chi, invece, per delinquere, che sono di meno ma fanno più notizia. L´errore è stato fatto dall´Italia prima che la Romania entrasse nell´Ue: non è mai stato siglato un protocollo bilaterale per le quote flussi, con un paese povero e alle porte dell´Italia, facile da raggiungere. Oggi che Bucarest è nell´Ue il problema rumeni è, quindi esploso: non solo tanti delinquenti rom, di cui la Romania si sta liberando perchè vengono tutti nella facile Italia, ma anche quello della prostituzione: le strade italiane sono piene di nuove, giovani e belle ragazze venute dall´Est "comunitario". (Nella foto Claudia Palma e il nostro direttore Pierluigi Spiezia)

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