Poiché conosciamo il libro “Muri in camicia nera”, non abbiamo voluto criticare a nome dell'ANPI dell'Aquila né il volume, né il suo autore, né qualsiasi forma di ricerca storiografica.
La conoscenza seria, critica e rigorosa della nostra storia, infatti, è il miglior antidoto all'ignoranza e al revisionismo.
Quanto ad una nostra immaginaria volontà di “censura” – ipotizzata giorni fa da Pierluigi Biondi – bisognerebbe evitare di fare battute: più che citare “Fahrenheit 451” (che è un libro di fantascienza), si dovrebbe ricordare la storia realmente accaduta: gli assalti delle camicie nere ai giornali, la fine della libertà di pensiero e di stampa durante il fascismo, la tragedia oscurantista del Terzo Reich che con Goebbels organizzò tra il 10 maggio e il 23 giugno 1933 spaventosi roghi di libri in trenta città universitarie tedesche.
E' stato il nazifascismo il vero nemico mortale della libertà e della cultura.
Il problema, dunque, non è il folklore di qualche scritta sbiadita del Ventennio che resiste su vecchi muri di paese. Ma il tentativo di nobilitarle e di riabilitarle.
Questo può essere grave: perché durante il Fascismo, quelle scritte - che oggi a malapena si leggono ancora – erano minacce, istigazioni all'odio razziale, simboli di ubbidienza al Regime, segni di un clima di omologazione e di oppressione tipico di un regime violento e totalitario, stupide esaltazioni di un imperialismo fallimentare.
Se Casapound riconosce questo, allora può dichiarare di non aver fatto apologia.
Ma se esprime nostalgia verso una ideologia atroce e violenta, allora la nostra critica non solo è legittima, ma sarà sempre più netta e intransigente.
Coordinamento provinciale ANPI