Omicidio Rea: Salvatore Parolisi in corto circuito per la sua doppia vita, così dice l'accusa

03 Agosto 2011   21:44  

"Un corto circuito generato dall'impellente esigenza di risolvere l'insostenibile conflitto creatosi tra le due sue vite parallele": è questo che ha indotto Salvatore Parolisi a uccidere il 18 aprile, con 35 coltellate, la giovane moglie Melania Rea, secondo il Gip di Teramo, Giovanni Cirillo.

Quelle "vite parallele", pur senza contenere specifiche argomentazioni, possono indicare sia la relazione extraconiugale sia "segreti" legati alla caserma del 235/o Reggimento Rav Piceno, nella quale Parolisi addestrava reclute donne. Segreti di cui parla Melania il 16 aprile alla sua amica Rosa che la trova "molto nervosa" e riferisce: "In un'occasione Melania mi disse di dovermi riferire qualcosa di molto brutto".

Cosa, non si sa, ma il 19 aprile, Parolisi le chiede se avesse sentito Melania: "Temeva forse che le avesse rivelato un segreto inconfessabile?", si domanda il Gip, ipotizzando che "la moglie - che lo seguiva e lo controllava - avesse scoperto qualcosa di assai più grave, o anche solo di torbido".

Il Gip ritiene che occorra "approfondire i rapporti interni alla caserma", "con l'eventuale esistenza di giri di droga" ai quali ha fatto riferimento lo stesso Parolisi. Inoltre, dopo avere evidenziato le tante dichiarazioni "dettate dalla volontà di sviare le indagini", il Gip avverte: "Deve essere ricordato, per avere il sapore di una excusatio non petita davvero sospetta, il commento dell'indagato che, nel negare di avere certezza di fatti compromettenti avvenuti in caserma (stupefacenti, prostituzione), non mancava però di buttare lì, senza che gli fosse richiesto, una sua 'preoccupazione': l'esistenza di storie sataniche ('tempo fa - disse Parolisi agli investigatori - una ragazza fu legata al letto e le accesero dei fuochi intornò)".

La premeditazione non viene contestata formalmente, anche se in diversi passaggi si fanno riferimenti tali da indurre a ritenere che Parolisi il delitto possa averlo concepito prima. Oltre alle tante contraddizioni che non giocano a favore di Parolisi, nell'argomentare le motivazioni dell'arresto il Gip evidenzia che questi si avvalse della facoltà di non rispondere al Gip di Ascoli Piceno.

Cosa che - secondo quanto annunciato ieri dai legali del caporalmaggiore - avverrà anche domattina, in occasione dell'interrogatorio di garanzia. "L'accusato - sostiene Cirillo - non può limitarsi a offrire possibili interpretazioni dei fatti, ma ha l'onere di proporre una plausibile ricostruzione alternativa se vuole evitare che il giudice compia la verifica di attendibilità degli indizi nella sola prospettiva dell'ipotesi formulata dall'accusa".

Eppure, nonostante ciò, per i difensori Biscotti e Gentile "l'accusa si smonta da sola: neanche il Gip di Teramo è riuscito a colmare il grave vulnus intorno al movente, rifugiandosi ancora in mere ipotesi, congetture arbitrarie prive di qualsiasi aderenza agli atti e ai fatti dell'indagine".

Ma non è dello stesso avviso Marco Gionni, che rappresenta la famiglia Rea: "La posizione di Parolisi - afferma - si aggrava ancora di più. Non una sola possibile ragione per uccidere la moglie, ma addirittura altre, tutte possibili, persino più gravi e premeditate".


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