Omicidio Rigante: i rom fuggono da Pescara, si stringe il cerchio sui complici di Ciarelli

Parla il Questore

07 Maggio 2012   13:03  

La famiglia di Massimo Ciarelli, il presunto assassino di Domenico Rigante, avrebbero lasciato la loro casa in via Aterno nel quartiere Rancitelli, per paura di rappresaglie e aggressioni.

E molte altre famiglie pescaresi di origine rom conosciute alle forze dell'ordine e con non pochi pregiudicati avrebbero preso la stessa decisione, trasferendosi da parenti e amici fuori città.

Il capo della squadra mobile Pierfrancesco Muriana, sono rimasti soltanto quelli agli arresti domiciliari. Dei capi, qualcuno è andato via, qualcuno è rimasto.''

Ha aggiunto Muriana: ''Sono stati giorni difficili e di forte tensioni. Ringrazio il padre di Domenico per aver più volte stemperato gli animi e abbassato i toni''.

Ha ribadito il questore Passamonti: ''Faremo più controlli nei quartieri a rischio, per tenere sotto controllo l’ordine pubblico, ma vorrei ricordare che i rom sono cittadini italiani a tutti gli effetti, stanziali dagli anni Quaranta e che non tutti sono dei delinquenti''.

Il prefetto Vincenzo D’Antuono ha ribadito che ora la priorità è evitare che si scateni una faida tra tifosi e rom, attraverso il presidio permanente di forze dell'ordine nei quartieri a rischio e maggiori controlli anche a Pescara Vecchia.

Anche per questa ragione i venti poliziotti del reparto Mobile di Senigallia arrivati ieri a dare man forte in occasione della manifestazione, rimarrà in città, fino a data da destinarsi.

In parallelo, ovviamente proseguono serrate le ricerche degli altri partecipanti del raid culminato con l'omicidio.

Ha spiegato ieri il capo della squadra mobile Pierfrancesco Muriana:

''Abbiamo completato la prima fase. Resta da attribuire le responsabilità agli altri sei rom che hanno partecipato alla spedizione punitiva. Sappiamo chi sono, ma servono le prove per collocare ognuno di loro sulla scena del crimine, per poter attribuire con esattezza le singole responsabilità. Ognuno dei presenti ha raccontato solo un frammento, ma c’è bisogno dell’apporto di tutti: tutte le tracce e le testimonianze utili per incastrare i responsabili di quell’agguato sono dentro quella casa.''

Il cerchio potrebbe dunque chiudersi nelle prossime ore. La Scientifica sta analizzando l’auto utilizzata dal commando. Secondo una testimonainza al vaglio degli inquirenti, al raid avrebbero partecipato anche due gemelli. In ogni caso sarebbero tutti riconducibili al clan familiare di Massimo Ciarelli, come i cugini residenti in via Caduti per Servizio a cui è risultata in uso l’auto utilizzata per l’agguato e ritrovata dopo il raid proprio tra le case popolari di Fontanelle.

Terzo giorno in cella intanto per Massimo Ciarelli, da sabato pomeriggio rinchiuso Vasto con l’accusa di omicidio, tentato omicidio, porto abusivo d’armi e violazione di domicilio.

Nel primo interrogatorio, domenica mattina, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Si confida però nella sua colaborazione. ''Quando l'abbiamo arrestato era spaventatissimo - ha raccontato il capo della squadra mobile - ed era cosciente di averla fatta grossa.''. Ciarelli come unico effetto personale ha portato una foto di una donna che ha incontrato la sera dopo l'omicidio di cui è accusato in un locale notturno di Silvi. E agli agenti che lo hanno arrestato ha detto.


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