Pacentro, cenni storici e turistici

05 Luglio 2012   11:28  

Ai piedi del monte Morrone, adagiato su una bella collina, troviamo Pacentro a 420 m. s.l.m. piccolo centro montano avente alle spalle la catena montuosa della Maiella.
Le notizie storiche riguardanti le sue origini sono scarse e frammentarie.
La prima menzione del paese si ha in un diploma dell’anno 816 dell’imperatore Ludovico II, da cui risulta che in tale periodo vi era un insediamento di monaci benedettini.
Questi costituirono diverse comunità diffuse in tutta la valle Peligna e la loro influenza fu determinante per lo sviluppo economico e sociale dell’area.
Fu rifugio e protezione per i coloni scacciati dalle loro sedi in seguito alle invasioni barbariche.
Dalla fine del sec. IX fino al secolo XVI la regione fu dominata dai conti di Valva. In questo periodo il paese è ricordato come “castrum”, cioè borgo fortificato.
Il paese, tipicamente medioevale, costruito intorno al suo castello, con viuzze strette e tortuose, è caratterizzato da un bellissimo centro storico dominato dal castello e dalla chiesa del sec. XIV.
Il castello di Pacentro risale forse al sec. XI, data in cui sorsero altri castelli per difendersi dalle continue incursioni dei popoli nemici.
Il primo nucleo venne edificato dai conti di Valva, venne poi ampliato dai Caldora e successivamente dai Cantelmo. È a pianta rettangolare, munito di bastioni, ha torri rotonde e all’interno torri merlate di forma quadrata del sec. XIV, due delle quali sono quasi intatte. Interessanti i particolari decorativi, come le arcatelle ribassate a conchiglia, le caditoie e i beccatelli d’angolo delle torri, definiti con figure antropomorfe scolpite a rilievo. Molto interessante è il portale con il bellissimo rosone.
Altro monumento da vedere è la chiesa di S. Marcello, del sec. XII, fondata da Adalberto, monaco eremita del monastero di S. Clemente a Casauria nel 1037: originariamente era dedicata alla S.S. Trinit à, andò distrutta in un incendio e fu ricostruita col nome attuale. È la chiesa più antica del paese dallo stile molto semplice, con begli affreschi interni ed esterni e con un pregevole portale in legno, a sinistra del quale, in una lunetta, è raffigurata la Vergine col Bambino fra S. Marcello e San Bernardino; a destra, appena leggibili, sono i resti di un affresco raffigurante S. Cristoforo.
Poco distante dal castello, nella piazza in cui troviamo la bellissima fontana seicentesca la cui vasca quasi certamente servì da urna sepolcrale (infatti presenta dei bassorilievi e alcune iscrizioni latine), troviamo la chiesa di S. Maria Maggiore (della Misericordia) risalente alla fine del sec. XVI. Nel complesso si notano le linee dell’arte rinascimentale, mentre la facciata in pietra è del tardo Cinquecento ma con riferimenti quattrocenteschi. I portali sono tre, ma quello mediano è il più bello, datato 1603.
La chiesa è a tre navate, con un altare alla fine di ciascuna cappella, e ai lati nicchie del Cinquecento e del Seicento. Notevole il pulpito ligneo intagliato del 1653. Dietro l’altare maggiore troviamo il coro, molto grande e finemente lavorato. Accanto alla chiesa troviamo il campanile, a base quadrata, della seconda metà del Cinquecento, è uno dei più belli della zona e costruito in modo che una diagonale del quadrato di base fosse parallela alla dorsale appenninica e perciò resistente a qualsiasi scossa di terremoto.
Ancora da vedere sono alcuni quadri custoditi nel convento dei frati minori osservanti: un affresco scoperto nella distrutta chiesa dell ’Annunziata, il palazzo comunale con una bella pavimentazione datata 1560, il palazzo Borsilli, il palazzo Avolio, il palazzo Angelilli, altri palazzi ubicati in via S. Marco, la fontana sita in piazza Umberto, in pietra viva, e quella di via Roma.
Parlando di Pacentro non possiamo non menzionare la tradizionale corsa degli scalzi detta “degli zingari”. Si ripete tutti gli anni ormai da secoli, l’otto Settembre, nel giorno della festa della Madonna di Loreto.
Fu introdotta dai Caldora, feudatari del luogo e consiste nel correre a piedi nudi dall’alto di uno sperone roccioso, disseminato di pietre e rovi, per un tracciato di circa due Km.: chi tocca per primo l’altare è il vincitore e viene coperto di regali e soprattutto di molta considerazione da parte della popolazione.


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