Pagano: solidarietà e iniziative per le popolazioni venete

Veneto con l'acqua alla gola e abbandonato

08 Novembre 2010   19:11  

"Esprimo solidarieta', a nome personale e del Consiglio regionale dell'Abruzzo, alle popolazioni venete colpite nei giorni scorsi dalle alluvioni e dagli allagamenti. Come Regione siamo pronti a dare il nostro aiuto ai cittadini veneti che stanno vivendo momenti di angoscia e disagio a causa di questa improvvisa calamita' naturale".

Lo ha riferito il presidente del Consiglio regionale dell'Abruzzo, Nazario Pagano, che oggi pomeriggio ha telefonato al Presidente dell'Assemblea regionale veneta, Clodovaldo Ruffato, per esprimergli solidarieta' a seguito delle alluvioni e degli allegamenti registrati nei giorni scorsi.

"Tra le due regioni esiste una profonda amicizia gia' dimostrata ampiamente in occasione del sisma del 6 aprile 2009. Cio' rappresenta - prosegue Pagano - un segno tangibile ed una chiara testimonianza del forte spirito di unita' che unisce il nostro Paese.

Come Regione - conclude Pagano - sosterremo sui tavoli istituzionali nazionali qualsiasi iniziativa che miri a riportare la normalita' tra le popolazioni colpite dal maltempo".

 

dal Corriere del Veneto

Centinaia di aziende in ginocchio: «Rischiamo di non riaprire più»
Duecento nel Padovano. Vicenza, danni per 39 milioni. Confindustria: stop al fisco. Il caso Bovolenta: mancano le pompe. Fondi stanziati, Zaia: ne servono ancora.
 
PADOVA - Spuntano dall’acqua, come lapidi di un cimitero sommerso, carcasse di auto, barili d’olio, saracinesche spaccate, vetrine infrante. Mentre sul ciglio della strada uomini e donne piangono. Bovolenta, 3mila anime a sud di Padova, è l’immagine del Veneto del lavoro piegato dall’alluvione. In questa fossa naturale i rigurgiti dei fiumi hanno cancellato in un attimo almeno 40 piccole imprese, laboratori, officine, negozi; annullando senza pietà gli sforzi di una vita. Giuseppe Vicari, 60 anni, non riesce neanche a parlare: da qualche mese aveva aperto una concessionaria autorizzata Volkswagen, che ora è un ammasso di lamiere marcite. «Tutto perso - singhiozza disperato - per me è finita qua. Avevo investito centinaia di migliaia di euro; pagherò lo stipendio ai miei 20 dipendenti, poi basta». Antonio Magagna, invece, è il titolare di un’azienda di tende, anch’essa distrutta. «Ho fatto venire a mie spese un camion di sacchi di sabbia per salvare le case di tutti - dice - e ora ho chiamato a raccolta gli agricoltori della zona per succhiare via l’acqua. Perché se fosse stato per i soccorritori, saremmo ancora qui ad aspettare».

In questo paese dimenticato, infatti, gli imprenditori e gli artigiani hanno fatto tutto da soli: per cinque giorni nessuno è venuto a portare loro né la sabbia, né le pompe idrovore. Sono stati abbandonati, come cani. Bovolenta è solo l’acme del disastro per la piccola e media imprenditoria del Veneto. A Vicenza le associazioni di categoria stimano che le aziende coinvolte nell’alluvione siano almeno 150 sul fronte degli artigiani, metà delle quali nel capoluogo, e 20 fra gli industriali. Nel Padovano, invece, in tutto sarebbero 150-200 (con già una cinquantina di richieste di cassa integrazione ordinaria per eventi «oggettivamente non evitabili»). Ma poi ci sono anche le imprese del turismo e dei servizi. «Secondo una prima valutazione i danni subiti dalle attività del terziario di mercato - rende noto Confcommercio di Vicenza - ammonterebbero a circa 39 milioni di euro. Solo nel territorio comunale le attività interessate dall’alluvione sono state 273 tra negozi, bar, ristoranti, alberghi, distributori di carburante, tabaccai, agenzie immobiliari e di viaggio, agenti e rappresentanti di commercio (che hanno ad esempio visto danneggiata irreparabilmente la loro auto) e molte altre ancora».

Maltempo, Bovolenta in ginocchio

«Chiediamo una moratoria fiscale - propone il presidente di Confindustria Padova Francesco Peghin - è una cosa dovuta alle imprese del Veneto, per tutto quello che hanno fatto in questi anni per il Paese». Le scadenze fiscali angosciano le imprese squassate dagli allagamenti: entro il 30 novembre ci sono da pagare alla Regione la seconda rata dell’Irap e allo Stato l’Ires; mentre entro il 15 dicembre bisogna saldare l’Ici per i fabbricati produttivi. «Ci stiamo autogestendo con dignità - dice Fernando Zilio, coordinatore provinciale di Rete Imprese Padova - perché come sempre noi veneti dimostriamo una grande forza. Ma ora serve l’aiuto di tutti. Ho scritto al presidente nazionale Carlo Sangalli e gli ho detto che la situazione è drammatica». Fino a questo punto, tuttavia, le iniziative di solidarietà sono partite soltanto a livello locale. La Camera di commercio di Padova ha convocato una giunta straordinaria lunedì alle 17; mentre la Direzione lavoro della Provincia di Padova ha messo a disposizione per gli imprenditori colpiti dall’alluvione due numeri di telefono: lo 049.8201337 e lo 049.8201349.

«Abbiamo già ricevuto numerose telefonate - ha spiegato l’assessore provinciale al Lavoro Massimiliano Barison - da parte di imprenditori molto provati per quanto successo. Non sanno se avranno la forza di ripartire con l’attività e se riusciranno a pagare i dipendenti. Purtroppo la disperazione si sta allargando anche al lavoro, questi imprenditori hanno danni per diversi milioni di euro e per molte imprese ci vorranno tempi lunghi prima di poter riavviare l’attività. Ci sono famiglie colpite sia nella propria abitazione che nel posto di lavoro, un dramma nel dramma». La conta finale dei danni sarà possibile soltanto quando l’acqua sarà scesa del tutto. E dunque ci vorranno ancora alcuni giorni, o forse settimane. Come a Bovolenta, dove ieri la notte è calata su una gigantesca distesa di fango.

Sogno che i veneti facciano da soli
di Sergio Noto (in risposta ad un editoriale del Corriere del Veneto)

Caro Direttore, già il tuo editoriale «L’orgoglio e l’alibi » fin dal titolo è su questa strada, però vorrei aggiungere qualcosa, andare oltre, arrivare fino in fondo. Anch’io avevo un sogno. Molto più modesto di quello di Martin Luther King e perfino più limitato di quello di Walter Veltroni. Sognavo, speravo, desideravo intensamente che davanti a una disgrazia naturale, davanti a un evento eccezionale che stravolge il nostro territorio, che fa danni per miliardi a cose e persone, la nostra reazione - come veneti - fosse diversa dal solito. Dal ritornello delle richieste di interventi straordinari, di aiuti.

Dall’implorazione dello stato di emergenza, misto di accuse, preghiere e blandizie. Insomma da quello che già abbiamo visto e vediamo ogni volta per un’alluvione in Val di Sangro o per un terremoto da qualsiasi altra parte. Grande dignità nei comportamenti della gente, ma poi mano tesa dei politici, richieste, aiuti, perché «da soli non ce la possiamo fare». Ebbene - caro Direttore - ho sognato che qualcuno avesse la forza di dire a Bertolaso o ai vari ministri e sottopancia accorsi rapidamente in «aiuto» (l’elezioni sono alle porte!) che noi vogliamo farcela da soli, che gli aiuti sono graditi, non implorati.

Che il Veneto vuole cavarsela da solo e ha i mezzi, anche se il momento è bruttissimo per tutti. Che se il territorio è così martoriato ci prendiamo le nostre responsabilità e in ogni caso, noi abbiamo un altro stile. Non vogliamo piangere, vogliamo solo rimboccarci le maniche e ce la faremo da soli. Grazie, ma non vogliamo pesare sul bilancio dello stato, non vogliamo più rientrare nella carità pubblica, anche se con validissimi motivi. Questo, sono convinto è il pensiero di gran parte della nostra gente.

Sfortunatamente non è quello delle istituzioni pubbliche e dei politici, che con gli aiuti ci campano più della gente senza casa. Ho visto, ad esempio, le banche venete muoversi senza bisogno di essere sollecitate e come loro molti altri, sono certo, andrebbero su quella strada, che si chiama solidarietà e sussidiarietà, dove, mi sia permesso, abbiamo una bella tradizione.

C'è poi un'altra cosa sgradevole, ma vera che dobbiamo dirci e che aumenta l’orgoglio di fare da soli. Se il territorio è così devastato non è solo colpa delle autorità, dei controlli carenti, dell'incuria pubblica. Un po’ tutti abbiamo responsabilità precise nello sfruttamento e negli abusi su un territorio che ora ci ha presentato il conto.

Nessuno è senza colpe, anzi spesso la trascuratezza delle istituzioni pubbliche non è altro che la copia diminuita degli appetiti privati, ai quali nessuno si è sottratto. Non siamo tromboni (speriamo) se sogniamo un Veneto che abbia uno scatto d'orgoglio. Ma non nelle richieste, solo nell’assunzione delle sue responsabilità.


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