Palma:''Riforma Gelmini: una batosta per le famiglie abruzzesi''

Intervista a Paolo Palma, Cgil Scuola

14 Ottobre 2008   12:01  
Otto miliardi di spese da tagliare in tre anni. Più di 130 mila i posti a rischio tra insegnanti, bidelli, segretari e presidi. E' il piano di  ridimensionamento della scuola voluto da Tremonti e realizzato da Mariastella Gelmini. Un colpo al cuore dell' istruzione pubblica italiana, che arriva immediatamente all'attenzione di media e addetti ai di lavori nonostante la confezione fuorviante: impacchettato assieme al decreto legge 154 sul contenimento della spesa sanitaria, l'articolo 3 sullo smembramento degli istituti sottodimensionati sta già popolando gli incubi dei precari di tutt' Italia, vittime sacrificali di un mercato del lavoro che non accenna a migliorare,e che anzi sembra involvere di nuovo.
In Italia le istituzioni scolastiche sono 10.760, organizzate sul territorio in 41.862 scuole(tra sedi centrali e distaccate, succursali, plessi etc..). La forma attuale del decreto legge Gelmini  punta allo smembramento degli istituti considerati "sottodimensionati" ai sensi di una norma del 98. Si tratta delle scuole situate nei centri urbani con con meno di 500 alunni, e di quelle appartenenti alle Comunità montane che contano meno di 300 studenti. La drasticità dell'operazione governativa diventa palese se si considera che la somma degli istituti appartenenti ad entrambe le tipologie ammonta a circa 3200 plessi educativi.
La situazione abruzzese, caratterizzata da un territorio montano che conquista il 76% della superficie complessiva della Regione, presenta scenari in proporzione ancora più gravi.
L'intervista a Paolo Palma, impegnato nel direttivo pescarese della Cgil Scuola, illustra il preoccupante scenario che caratterizzerà la scuola abruzzese il prossimo anno, qualora passi definitivamente il progetto della Gelmini.

Il prossimo 30 ottobre la Cgil scuola scenderà nelle piazze italiane assieme a Cisl e Uil per protestare contro la riforma Gelmini. La nostra Regione, già oltremodo provata da Sanitopoli e dallo stato generale di recessione economica del Paese, rischia di toccare il fondo.

"Non parlerei di Riforma quanto di mera razionalizzazione. Non voglio usare toni apocalittici ma i dati nazionali parlano chiaro: si tratta di 87.000 posti in meno per i docenti e 40.000 in seno al personale Ata nel prossimo triennio. Secondo le proiezioni della Cgil relative al prossimo anno, gli effetti della riforma nella Regione Abruzzo saranno a dir poco catastrofici. Iniziamo dalle supplenze, e ossia dalla situazione di centinaia di giovani che hanno investito anni di studio, di spostamenti e di precarietà nella carriera scolastica: la riduzione prevede un taglio netto di 283 docenze alle elementari, 318 alle medie, 139 alle superiori ,e 232 posti complessivi in relazione al personale Ata. Anche i docenti di ruolo, o perlomeno i nuovi arrivati, rischiano di veder compromessa la propria titolarità. I "soprannumerari" abruzzesi previsti per l'anno prossimo sarebbero infatti ben 314. Per non parlare degli stessi istituti scolastici che in alcune località del nostro territorio rischiano la decimazione: sono 34 le scuole con meno di 300 studenti, e 49 quelle da 300 a 500 alunni. Si tratta di 83 istituzioni a rischio in una Regione, che dopo lo scandalo Sanità e l'eccessiva tassazione degli ultimi anni, avrà serie difficoltà nella gestione dei disagi che la riforma provocherà se applicata.

Le forze sindacali e le associazioni dei genitori italiane protestano all'unisono contro il reinserimento del maestro unico nella scuola italiana. Il mondo intellettuale che affianca la politica sembra essersi diviso, in vista di un cambiamento nel modello didattico nazionale che nessuno si aspettava.

"Trovo ipocrita chi afferma la validità di questo tipo d'insegnamento. Nel passato il maestro unico ha salvato i minori dall'analfabetismo che imperversava nel Paese. Ma oggi, nel mondo competitivo, globalizzato e superinformatizzato nel quale viviamo, riproporre tale figura significa regredire brutalmente nel passato, e privare i bambini, i giovani e le rispettive famiglie del modello educativo che tutti ci invidiano, in Europa come nel resto del mondo. L'offerta formativa oggi ricca, diversificata e pluralista verrebbe oltremodo mortificata da una simile modifica. Valori come la collegialità nella valutazione dei rendimenti individuali, l'insegnamento della lingua inglese, dei linguaggi digitali, della musica e dello sport, per non parlare delle stesse discipline umanistiche e scientifiche da trasmettere secondo specifiche competenze, andrebbero schiacciati e perduti in un'offerta formativa generalista e inadeguata al bambino attuale".

In che misura i tagli previsti dalla Riforma si rifletteranno sulle famiglie, gli studenti e i docenti abruzzesi?

"Facile. Le scuole primarie che vorranno prolungare sistematicamente il tempo oltre le 24 ore, dovranno accedere ai fondi d'istituto. Insufficienti a coprire tutte le ore in più necessarie all'offerta formativa per soddisfare le esigenze di bambini e genitori. Saranno come al solito i contribuenti, le famiglie, a doversi accollare la spesa. Per non toccare il tasto del diritto al lavoro di tante giovani madri che dovranno fare i salti mortali per conciliare i nuovi orari con l'uscita di scuola dei bambini.
Con l'accorpamento delle classi derivante dallo smembramento degli istituti invece troveremo aule sovraffollate con più di 30 alunni, con docenti impossibilitati a seguire individualmente gli studenti in difficoltà, o che semplicemente hanno tempi di apprendimento diversi. Se a tutto questo aggiungiamo che nella regione gli studenti stranieri ammontano a 8.500 unità, lo scenario è completo: il carico di lavoro che gli insegnanti devono assumersi per colmare i deficit linguistici e culturali di alcune situazioni, va oltre la loro possibilità.
La razionalizzazione voluta da Tremonti non può essere definita una riforma. Si pretende di riformare un sistema funzionante -lo ripeto- ammirato da tutta Europa, al solo fine di recuperare denaro vista la drammaticità del debito pubblico e della crisi che il Paese sta affrontando".

In effetti ci si chiede per quale ragione non vengano tagliate le spese della Casta o si appronti un piano per contrastare seriamente l'evasione fiscale, piuttosto che sottrarre fondi all'istruzione pubblica che tutela gli interessi della parte più importante della nostra società: i minori, il futuro, l'innocenza del Paese.

GDC

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